STORY TITLE: Una notte al club privè a esibire il cuck vestito da cane 
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Una notte al club privè a esibire il cuck vestito da cane

by Queencuckdog
Viewed: 129 times Comments 0 Date: 24-06-2025 Language: Language




L’ingresso del club era dietro una cancello grigio, protetta da un vigilante dall’aria complice. Una volta dentro, le luci soffuse, la musica elettronica lenta e i sussurri creavano un’atmosfera sospesa, quasi mistica. Una serata fetish.

Lei — la Queen — dominava la scena con un completo in latex nero, aderente come una seconda pelle, con aperture studiate a mostrare le sue tette e la sua figa tutta depilata, in modo che tutti potessero ammirare. Una maschera da gatto le copriva parte del volto, ma i suoi occhi erano nitidi, decisi, predatori. ( vedi foto del profilo)

Io, il suo compagno sottomesso, indossavo una maschera da cane, pantaloni fetish aperti e una coda scenica fissata nel culo. Petto nudo, collare alto con inciso “cuckold”, guinzaglio al collo. Il tutto completato da anfbi lucidi e un’imbracatura nera. E naturalmente il cazzo ingabbiato bene in vista. Ogni passo che facevo dietro di lei era parte di un copione già scritto.

Al nostro ingresso, alcuni sguardi si volsero. Non di sorpresa, ma di riconoscimento. In quel contesto, il nostro look non passo inosservato, ma era un'affermazione chiara di ruoli, potere e consenso.

La Queen prese posto su un divano vellutato a lato della sala. Io mi inginocchiai di fronte a lei, guinzaglio tra le mani. Un altro sottomesso, più giovane, si avvicinò in silenzio e, con un cenno del capo, chiese il permesso di massaggiarle i piedi. Lei acconsentì con eleganza, allungando una gamba.

Restai immobile, osservando. Non potevo toccarla, solo contemplarla. La mia gabbia intima mi ricordava costantemente il mio ruolo.

Poco dopo, un uomo che conoscevamo — un Dominante carismatico in kilt scozzese — si avvicinò con passo sicuro. Parlò con la Queen con fare diretto, e mentre le sussurrava qualcosa nel suo occhio le infilava 2 dita dentro la figa lasciando intendere un desiderio di gioco più fisico. Lei, dopo un istante di esitazione teatrale, accettò. Mi disse alzati che andiamo di sopra ho da fare una cosa nuova con questo ragazzo, tu guarda e zitto.

Salimmo con discrezione nella sala superiore, più appartata. Lì, tra specchi e luci rosse, lei fu invitata a posizionarsi in una gogna in legno scuro. Le sue mani e il capo furono assicurati con cura, le gambe lasciate libere ma divaricate.

Io mi sistemai a terra, in un angolo. In silenzio.

Il Dom iniziò con una carezza lenta sulle sue natiche, poi con colpi calibrati, crescendo in intensità. La Queen gemeva e urlava, tra piacere e tensione. Quando il suo corpo cominciò a fremere, lui si avvicinò di più, giocando con il confine tra il dolore e il desiderio. Le dita, la voce, gli sguardi... Tutto era parte di un rituale.
Passava da schiaffi forti sulle natiche a inserirle le dita dentro la figa con un ritmo veloce da farla colare, poi tornava a picchiare sulle natiche sempre più forte.
Fu un momento carico di energia, di connessione, di superamento dei limiti. Al termine, lei mostrava la sofferenza del gioco, ma negli occhi brillava qualcosa di più profondo. Una consapevolezza nuova.

( il giorno dopo era piena di lividi così ha deciso di non fare più questo gioco)

Ritornammo nella sala principale e, come spesso accade in quei luoghi, l’atmosfera si rimescolò. Il nostro trio si sciolse tra altri giochi e conversazioni, fino a quando trovammo una stanza libera al piano superiore: pareti rosse, letto circolare, candele elettroniche e buchi ovunque sui muri.

La Queen si stese al centro del letto. Io la raggiunsi con timore e desiderio, e dopo avermi liberato dalla gabbietta ho iniziato a scoparla. Ma non eravamo soli per molto. Altri uomini, singoli e Dom, si avvicinarono con naturalezza. Lei li osservava, li selezionava, li guidava.

Uno di loro, imponente e silenzioso, si presentò senza parlare. Lei lo accolse senza esitazione, iniziò a segare e ha pompare quel bel cazzo in erezione fino a farlo sborrare. Io... Restavo al e del letto, testimone silenzioso e parte integrante di quel teatro.

Alla fine, quando tutto si placò e il respiro tornò lento, la Queen si rivolse a me. Mi porse la mano. «Hai visto bene? Hai capito chi comanda?»
Io annuii. E il guinzaglio fu di nuovo tra le sue dita.

Uscimmo poco dopo, ancora vestiti dei nostri ruoli. Non avevamo bisogno di parlare. Quella notte aveva detto tutto.


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