La Stanza 206
by Gianbull360
Mi chiamo Giulia, ho 28 anni, e sì, sono sposata. Con un uomo meraviglioso, che mi ama profondamente e che, soprattutto, mi lascia essere davvero me stessa. Lui sa che ho desideri forti, fantasie che vanno oltre il “normale”. Non mi giudica. Anzi… lo eccita.
Non è un matrimonio convenzionale il nostro. È qualcosa di più sincero, più nudo. Lui è un cuckold, e io sono la sua regina disinibita.
Quella sera me la ricorderò per sempre. La sera in cui Davide, il mio vicino sposato, ha finalmente fatto quello che avevamo solo immaginato. Dopo mesi di messaggi, mani rapide in macchina, sguardi troppo lunghi sulle scale, finalmente avevamo preso una stanza. La 206, hotel discreto alla periferia, parcheggio nascosto ed un receptionist che non fa domande.
Avevo scelto con cura come vestirmi. Un trench nero, sotto solo un completino in pizzo trasparente, autoreggenti nere e i miei tacchi preferiti. Quando sono uscita di casa, mio marito era seduto sul divano. Mi ha guardata in silenzio, gli occhi incollati alle mie gambe.
«Lo stai facendo davvero, eh?», mi ha detto con la voce roca.
Io gli ho sorriso. «Resta sveglio. Ti mando le foto.»
E poi ho chiuso la porta.
Davide era già lì, al bar dell’hotel. Era bello, vestito in modo casual ma curato, e aveva quell’aria da uomo che sa cosa vuole. Appena mi ha vista, si è alzato. Mi ha guardata come se volesse spogliarmi lì, davanti a tutti. E io… io mi sono sentita viva.
In ascensore ha cominciato subito. Le mani sulle mie cosce, ha sollevato il trench, scoprendo il pizzo delle autoreggenti. «Sei una dannata tentazione, Giulia.»
Gli ho preso la mano e gliel’ho guidata sotto il mio perizoma. Ero già bagnata. Molto. Il pensiero che mio marito sapesse tutto mi accendeva ancora di più.
Appena entrati in camera, mi ha sbattuta contro la parete e mi ha baciata con una fame animale. Mi ha slacciato il trench con gesti rapidi, facendolo cadere a terra. Mi è rimasto solo quel pizzo addosso. Io gli ho sollevato la maglietta, l’ho aiutato con i jeans. Il suo cazzo era già duro sotto i boxer.
Mi sono inginocchiata, lo volevo sentire in bocca. Lento, profondo. Le mani di lui nei miei capelli, i gemiti trattenuti. Lo stavo facendo godere, e sapevo che lì da qualche parte, mio marito stava leggendo il messaggio con la foto del mio rossetto sul cazzo di Davide.
L’ho sentito fremere, ma l’ho fermato. «No, voglio sentirti dentro.»
Mi ha sollevata, mi ha sbattuta sul letto e mi ha aperto le gambe senza troppi complimenti. Il suo viso tra le mie cosce, la lingua calda e ruvida che mi faceva impazzire. Avevo i fianchi che tremavano, e ho urlato senza freni quando mi ha succhiato il clitoride fino a farmi venire. Il letto bagnato, le lenzuola tirate, il mio corpo in fiamme.
Quando è entrato in me, è stato come un’esplosione. Movimenti profondi, decisi, lenti e poi più rapidi, mentre io gli graffiavo la schiena. Gli dicevo tutto. Gli raccontavo che mio marito ci stava immaginando da casa, che si stava toccando pensando a me scopata da un altro. E Davide, cazzo, era ancora più duro.
Mi girava, mi prendeva da dietro, poi di nuovo sopra, mentre mi mordeva i capezzoli e mi tirava i capelli. Io gemevo il suo nome e ridevo, ridevo per il potere, per la libertà, per la bellezza del piacere senza vergogna.
Alla fine, quando lui è venuto dentro di me, l’ho stretto forte. Mi sono goduta ogni secondo. Sentivo il suo respiro caldo sul collo, il suo seme colarmi tra le cosce. Poi siamo rimasti lì, stesi, esausti.
Ho preso il telefono. Ho scattato una foto. Io, spettinata, con le cosce aperte e il suo sperma ben visibile.
L’ho mandata a mio marito.
Pochi secondi dopo, la notifica:
Sei perfetta. Sto venendo anch’io adesso. Ti amo.
E io… io ho sorriso come una donna che non si nasconde più.
Quando ho lasciato la stanza 206, ero ancora calda. La pelle umida, le cosce appiccicose, il profumo del sesso che mi restava addosso come un marchio.
Non mi sono neanche pulita troppo. Volevo che si sentisse tutto. Che mio marito potesse annusare, toccare, immaginare... vivere attraverso di me quello che aveva solo guardato da lontano.
In macchina ho riletto il suo ultimo messaggio:
“Sto venendo anch’io adesso. Ti amo.”
Mi sono morsa il labbro, e il sorriso non riuscivo più a togliermelo dalla faccia.
Quando ho aperto la porta di casa, lui era in piedi nel corridoio, nudo. Solo con la sua erezione ancora evidente, gli occhi lucidi e il respiro pesante. Non ha detto una parola. Mi ha solo guardata come se fossi tornata da un mondo proibito.
Mi sono avvicinata, piano. Ho aperto il trench lentamente, lasciandolo scivolare a terra. Davanti a lui ero ancora sporca di un altro uomo, il perizoma spostato, il pizzo delle autoreggenti ancora umido.
«Vuoi sapere com’è stato?»
Ha annuito.
Mi sono seduta sul divano, allargando le gambe. «Vieni qui.»
Si è inginocchiato davanti a me. Ha guardato la mia figa come si guarda un tempio sacro, arrossata, gonfia, lucida del piacere che un altro mi aveva dato.
«Sei così bagnata…» ha sussurrato, ma non era la mia eccitazione. Era lo sperma di Davide che colava ancora piano.
Lui l’ha annusato. Poi ha tirato fuori la lingua, timido all’inizio. Ma sapevo che non avrebbe resistito. Mi ha leccata. Tutto. Ogni traccia. Ogni goccia.
«Brava, amore,» gli dicevo, accarezzandogli i capelli. «Pulisci bene. È anche per te.»
L’ho fatto inginocchiare più comodo, mentre io mi lasciavo andare indietro, godendomi la lingua di mio marito che raccoglieva i resti di un altro maschio dentro di me.
Gemiti soffocati, occhi chiusi, una devozione che mi faceva tremare le cosce.
Quando ho cominciato a venirgli sulla bocca, ho urlato. Forte. Come se Davide mi stesse scopando ancora.
Poi l’ho tirato su e l’ho baciato con foga. Ho assaggiato anche io quel sapore misto di me e dell’altro. Era sporco, proibito, dannatamente eccitante.
«Hai goduto mentre mi immaginavi con lui?» gli ho chiesto piano.
«Tantissimo…» ha risposto con la voce spezzata. «Quando ho visto la tua foto con il suo sperma addosso, sono impazzito.»
Mi ha preso le mani e se le è portate sul suo cazzo. Duro, gonfio. L’ho accarezzato, piano, ma non l’ho fatto venire subito. No.
Quella sera doveva durare.
Mi sono messa a cavalcioni su di lui. L’ho guardato negli occhi mentre lo facevo entrare in me.
E ho iniziato a muovermi.
Piano.
Poi più veloce.
Mi sentivo ancora spalancata da Davide, e anche mio marito lo sentiva. Lo vedevo nei suoi occhi.
«Ti piace sentirti il secondo?» gli sussurravo. «Ti piace sentire com’è stato riempito da un altro prima di te?»
«Sì… sì… tanto…» gemeva.
E io lo cavalcavo come una padrona, come una donna che aveva vissuto un sogno e ora lo riviveva nel corpo dell’uomo che amava.
Abbiamo goduto insieme. Fortissimo. Sudati, attaccati, confusi.
E poi siamo rimasti lì, abbracciati sul divano, nudi, scomposti, completamente veri.
Mi ha accarezzato il viso. «Sei felice?»
«Molto. Tu?»
«Da impazzire.»
Ecco cosa siamo. Una coppia strana per il mondo, ma perfetta per noi.
Io, la moglie senza filtri.
Lui, il marito che mi guarda volare… e gode quando lo faccio.