La Cantina
by Gianbull360
Massimo
L'ordine di Gemma era perentorio, una lama affilata che mi tagliava ogni residuo di resistenza. Ormai avevo perso ogni velleità di ribellione, ed ero ben motivato a obbedire. Entrai in camera e cominciai a togliermi i pantaloni, li piegai con cura sulla sedia, il mio sguardo si posò sul mobile. Il lubrificante era lì in bella mostra, Gemma l'aveva preparato apposta per me. Sospirai, un misto di rassegnazione e un'eccitazione crescente, e tolsi anche i boxer. Adesso il mio compito era lubrificarmi il buchetto posteriore. Cominciai con attenzione, ma anche in fretta, perché lei poteva arrivare da un momento all'altro. Da poco non ero più vergine analmente, ma la giornata si annunciava comunque impegnativa, quasi un rito di passaggio, e in effetti, lo sarebbe stata. La mia mente era un turbine di paura e desiderio, un'accettazione profonda del mio ruolo.
Gemma entrò e mi distrasse da ogni pensiero, la sua presenza riempì la stanza. La guardai e la trovai come sempre molto bella, attraente e sexy, un'incarnazione del mio desiderio. Lei, la mia bella mora, occhi color smeraldo e curve pericolose, aveva uno strano sorriso sulle labbra, un incrocio tra divertimento e perfidia che mi fece fremere. Mi guardò nudo dalla cintola in giù ed esclamò:
Forza, in posizione, che aspetti? Aron sta arrivando!
Un brivido mi corse lungo la schiena.
Sì, padrona,
risposi, e a quelle parole mi affrettai a sdraiarmi sul letto a pancia in su, offrendomi completamente. Lei aprì il cassetto e tirò fuori dai vari giocattoli che ormai erano parte integrante della nostra vita il plug anale. Lo guardai con un misto di timore e attesa. Era un regalo di Aron, un dono per me, un simbolo della mia sottomissione. Gemma guardò quel marito cornuto con soddisfazione, i suoi occhi brillavano. Obbedivo come un cagnolino, e lei era felice ed appagata dal suo potere. Puntò il plug verso il mio buchetto in bella vista e spinse con decisione. Tirai un urlo di dolore, acuto, cominciando a lamentarmi. Per tutta risposta lei mi diede una sculacciata secca sulla natica, esclamando:
Quante scene e che sarà mai! Vestiti veloce che dobbiamo scendere in cantina!
Mi alzai dolorante, l'entrata al volo era sempre tosta, e Gemma lo faceva apposta quando voleva anche umiliarmi.
Avviati all'ascensore, che intanto prendo alcune cose,
disse lei, mentre io, di nuovo vestito ma con il culetto pieno e sempre dolorante, ero già vicino alla porta, ansioso di compiacere. Scendemmo velocemente e arrivati alla cantina, una volta entrati, mi accorsi che lei aveva preso i lacci per legarmi polsi e caviglie assieme a un foglio di carta bianco. Gemma mi intimò di spogliarmi e mentre io lo facevo, lei ridacchiava e scriveva qualcosa su quel foglio. Una volta che fui nudo, ma con il plug sempre ben piantato nel sedere, lei usò i quattro lacci per legarmi agli scaffali di metallo che a loro volta erano ancorati al muro. Cominciò dalle caviglie, stringendo, poi arrivò alle mani. Ebbe cura di sfilarmi l'orologio dicendo:
Se ti lascio questo, dopo il tempo non ti passerà mai, preferisco che tu non abbia idea del tempo che passa… Goditi l'attesa.
Mi legò anche i polsi e mi guardò negli occhi. Era eccitata e trionfante. Mi aveva finalmente sottomesso del tutto, corpo e anima. Mi disse:
Aron arriverà a momenti, goditi l'ambiente!
E mi passò la lingua sulle labbra mentre con la mano dava un colpetto al sedere, ridacchiando. Infine, si voltò e disse:
Ti lascio un promemoria, almeno hai qualcosa su cui riflettere mentre il tempo passa…
Detto questo mise il foglio in bella vista davanti ai miei occhi. Sul foglio era scritto:
Caro maritino cornuto, goditi il plug dietro mentre io faccio godere il mio uomo!
Gemma uscì e chiuse a chiave la porta, il rumore metallico un colpo al cuore. Sospirai, ero sconfitto e dolorante ma anche tremendamente eccitato, perché in fondo, quella era la mia natura, il mio destino.
Ripensai ai giorni precedenti. Un link a un articolo di giornale, inviatomi da Gemma, mi aveva fatto sobbalzare sulla sedia in ufficio. Riportava una storia di provincia, dove una donna era stata denunciata dal marito perché lei lo chiudeva a chiave in cantina per potersi incontrare indisturbata con l'amante nella casa coniugale. Il pover'uomo non aveva più resistito e alla fine si era rivolto alla polizia. Gemma commentava sarcastica il link, dicendomi che lei era molto più fortunata e che quindi a breve anche io avrei provato quell'esperienza… Tanto non correva il rischio di una denuncia! Una delle serate successive, infatti, una volta messi a letto i bambini, lei mi aveva spiegato quello che sarebbe successo, mentre io, in ginocchio, provvedevo al solito massaggio benessere e all’ orgasmo della buonanotte con la mia lingua. Lei ormai mi aveva educato così: ogni volta che doveva spiegarmi una nuova avventura.
Gemma
Mentre Massimo si preparava in camera, sentivo l'emozione salire, quel mix inebriante di potere e anticipazione. Lo guardai mentre si lubrificava, un cagnolino obbediente, e un sorriso di divertimento e perfidia mi increspò le labbra. Il plug nero che avevo scelto, un regalo di Aron, era il tocco perfetto per la sua umiliazione. Lo inserii con decisione, godendomi il suo urlo di dolore e il mio schiaffo rassicurante. In cantina, mentre lo legavo agli scaffali, sentivo la mia vittoria completa. La scritta sul foglio,
Caro maritino cornuto, goditi il plug dietro mentre io faccio godere il mio uomo!
, era il sigillo del mio dominio. Lo lasciai lì, nella sua attesa, e mi godetti il suono della chiave che girava.
Mentre Massimo meditava in cantina, io, Gemma, entrai in casa al settimo cielo. La mia eccitazione era palpabile. Mi spogliai con movimenti lenti, assaporando la libertà, e presi il completino ultrà sexy che avevo preparato per l'occasione: pizzo nero e seta, un invito esplicito. Avevo giusto appena terminato gli ultimi ritocchi che suonò il campanello. Era Aron, il mio uomo. Pronto per farmi godere. L'emozione era alle stelle, i nostri baci caldi e appassionati trasmettevano tutta la nostra voglia repressa. Le mani di Aron si insinuarono dappertutto, accarezzando le mie gambe, risalendo fino ai glutei, stringendomi stretta a sé, facendomi sentire tutto il suo desiderio impetuoso.
Giusto il tempo di entrare in camera, e restammo nudi. Lui mi prese in braccio per portarmi vicino al letto, mi baciò, la sua bocca calda sul mio seno, succhiò avidamente i capezzoli, facendomi gemere di piacere, un suono che mi riempiva di soddisfazione. Mi spinse dolcemente sul letto e con la bocca scese lentamente fino alle cosce, mordicchiandone l'interno. Io ero un fiume in piena dalla voglia che avevo di essere presa, di sentire il suo corpo sul mio. L'eccitazione era tale da lasciare a lui giusto il tempo di gustarne il sapore tra le mie cosce, prima di provare un violento orgasmo, il suo corpo scosso da spasmi. Adesso era il mio momento. Lo strinsi forte a me, lo baciai con foga. La mia bocca carnosa aveva sopra il sapore dolce del piacere che lui mi aveva appena dato. Continuai accarezzandogli il petto liscio, le gambe muscolose, il suo grande arnese… era veramente eccitato! Avevo voglia di sentire il sapore di lui in bocca… mi mossi piano e le mie mani si persero nei riccioli del suo pube… aveva un gusto dolcissimo che mi faceva impazzire… Aron fumò una sigaretta. A me non erano mai piaciute le persone che fumano, ma invece lui aveva un sapore particolare, unico. Ci sdraiammo sul letto per coccolarci e parlare, ma la voglia riprese impetuosa. Lui mi baciò violentemente, mordendomi le labbra, mi sfiorò la schiena fino ai glutei, facendomi sussultare. Ero calda e pronta ad accoglierlo fra le gambe. Lui affondò il suo grosso cazzo dentro di me con tutto il suo turgore e con movimenti lenti e decisi dopo lungo tempo esplose il piacere liberatorio per entrambi. Aron mi chiese del cornuto. Gli raccontai tutto, ridemmo da matti. Il cornuto era in cantina con il plug nel sedere mentre noi ci divertivamo… Aron avrebbe voluto scendere a vederlo, ma purtroppo doveva scappare, il dovere lo chiamava. Io, Gemma, baciandolo lo rincuorai, dicendo che ci avrei pensato io all'umiliazione finale, e ridemmo ancora, complici.
Massimo
Ero ancora legato, avevo perso la cognizione del tempo, il buchetto si era abituato, non c'era più dolore, solo una costante pressione che era diventata quasi confortevole. Avevo guardato a lungo il cartello, le parole
il mio uomo
incise nella mia mente, bruciavano. Sospirai. Gemma aveva sempre desiderato un amante. E adesso lo aveva. Io potevo solo accettarlo, era il mio destino. Sentii passi lungo il corridoio, Gemma stava arrivando, e un'ondata di anticipazione mi invase. Un sorrisetto sul suo viso, lo immaginavo, aveva pensato molto al finale e nonostante si fosse divertita già parecchio, voleva darmi la giusta paga, la mia punizione e il mio piacere.
Appena entrata mi guardò negli occhi…
Ciao maritino… si stava bene in cantina?
Lei sapeva la risposta, ma le piaceva sentirmi soffrire. Sospirai,
Penso che tu abbia goduto più tu,
risposi, la voce roca. Lei mi baciò, con la lingua, un bacio che sapeva di trionfo. Sentii subito il sapore di Aron, lo conoscevo bene, un sapore dolce e maschile che mi fece fremere. Gemma mi slegò e disse:
Andiamo su, che c'è qualcosa anche per te.
Ero felice, anche se sospettavo qualche tranello, qualche altra prova.
Arrivammo in casa, Gemma mi disse che potevo spogliarla e sentire il suo sapore… Non me lo feci ripetere due volte, ero super eccitato adesso, il mio membro era teso. La spogliai e la leccai, il sapore e l'odore del sesso erano ovunque, un afrodisiaco potente. Arrivai laggiù, sulla fighetta depilata, che profumava ancora di Aron. Non servivano ulteriori ordini, la mia lingua saettava, dentro, intorno, dappertutto, avida di assaporare ogni residuo del suo piacere. Gemma si godeva il momento. Per il suo ego, era tutto così miracoloso, la sua assoluta vittoria. Io ero bravo con la lingua e lei si era eccitata nuovamente, decidendo di farmi andare fino in fondo, spingendomi a impegnarmi, a farla godere. In poco tempo l'obiettivo fu raggiunto. Lei era veramente soddisfatta, e l'unico che non aveva goduto in quel modo ero io, il cornuto.
Allora decise di stuzzicarmi…
Cornutello, vorresti godere anche tu? Vorresti scoparmi?
Mi domandò, con un sorriso malizioso. Non me lo feci ripetere due volte, con il plug ancora piantato dietro, avvicinai il mio cazzo alla fighetta di Gemma. Non mi sembrava vero che mi stesse offrendo quel piacere. Sapevo che avrei potuto godere subito, ma volevo correre il rischio. Finalmente entrai dentro di lei ed iniziai a scoparla… Ma successe quello che a volte capitava quando Aron aveva già usato la fighetta di Gemma a lungo. Lei si era allargata e io sentivo poco. Provavo e mi impegnavo… ma era tutto inutile, la sensazione era flebile. Allora Gemma mi guardò e mi sfotté, i suoi occhi brillavano di scherno…
Ti sento poco Cornutello, credo che Aron sia troppo per te…
Con il piede lei mi allontanò, un gesto di disprezzo che mi ferì e al contempo mi eccitò. Gemma, con un sorriso da predatrice, prese una flûte da champagne dal tavolino, lo stesso bicchiere della volta precedente. La guardai curioso, il mio cuore che martellava, sapendo già cosa stesse per accadere. Gemma mi sorrise, un sorriso che era un mix di dolcezza e una crudeltà sottile, quasi perversa.
Il tuo orgasmo, Massimo,
disse, la voce bassa e sensuale,
dovrà finire qui dentro. Nel bicchiere. E poi... poi lo berrai. In onore mio e di Aron.
Sentii un brivido corrermi lungo la schiena, un freddo che mi gelava le viscere, una consapevolezza amara e inebriante. Era l'atto finale di sottomissione, la profanazione più intima, l'apice della mia umiliazione. Ma il mio desiderio di compiacere Gemma, di servirla, era più forte di ogni vergogna, più forte di ogni dignità. Raggiunsi l'orgasmo, il mio sperma che schizzò nel bicchiere, un getto caldo e denso. Poi, con un gesto lento e deliberato, presi la flûte e la portai alle labbra, bevendo il mio stesso seme, il sapore amaro che si mescolava al sapore della sottomissione, un gusto che non avrei mai più dimenticato.
Io, Gemma, lo osservavo, i miei occhi che brillavano di una luce inequivocabile, la mia vittoria era assoluta.
Bravo, Massimo,
sussurrai, la mia voce intrisa di una soddisfazione profonda. Il suo ruolo di cuckold e schiavo si consolidava ogni giorno di più. Il
richiamo della foresta
aveva piegato Massimo alla mia volontà, e io, la moglie, la padrona, ero ora completamente e irrevocabilmente sua, la mia creazione più perversa.