STORY TITLE: stanza 212 pt 2 
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STORY

stanza 212 pt 2

by mattonly
Viewed: 60 times Comments 0 Date: 06-09-2025 Language: Language

Attraversai i corridoi dell’hotel con il cuore in gola. Ogni passo verso la stanza 212 mi sembrava più pesante, eppure inevitabile. La porta era socchiusa. La spinsi piano, trovandomi immerso in una penombra calda, satura di profumo e silenzi.

— Ti stavamo aspettando… — sussurrò una voce femminile.

Lei era sul letto. Indossava un completo di pizzo nero, autoreggenti che scolpivano le gambe, la cavigliera che brillava come un segnale segreto. Accanto, il marito taceva, con un sorriso enigmatico.

— In bagno c’è un accappatoio. Fatti la doccia come fosse la tua stanza, poi siediti sulla poltrona senza dire nulla.

Obbedii. L’acqua fredda mi riportò per un attimo alla realtà, ma appena tornai nella stanza, ogni difesa crollò.

Lei era ancora lì, più magnetica che mai, i gesti lenti e calcolati, rivolti tanto a lui quanto a me. Gli sfiorava il corpo, ma teneva gli occhi fissi nei miei, come a voler dimostrare che ogni movimento era pensato per me, spettatore scelto. Aveva il suo cazzo in bocca, bello grosso e si poteva notare quanto anche lui li piacesse essere guardato

— Siediti. Osserva. — ordinò, con un mezzo sorriso.

Mi accomodai sulla poltrona, il cuore che martellava. Lei si mosse ancora, giocando con il marito in diverse posizioni ma offrendo ogni dettaglio al mio sguardo. Io ero già dentro al loro gioco, catturato, incapace di reagire.

Poi, con voce grave e sensuale, lo disse ancora una volta, lasciando che le parole cadessero come un sigillo:
— Adesso inizia davvero.

Seduto sulla poltrona, sentivo l’accappatoio stringersi addosso come una gabbia. Lei, in pizzo nero, si muoveva lenta, sinuosa, alternando carezze al marito e sguardi che mi trapassavano. Ogni suo gesto sembrava fatto apposta per tenermi sospeso, come una preda che non sa ancora quando sarà colpita.

Il marito rimaneva immobile, quasi complice silenzioso, mentre lei prendeva il controllo della scena. Si piegava, lo sfiorava, gli sussurrava qualcosa all’orecchio, ma i suoi occhi restavano fissi nei miei. Era come se mi stesse comandando a distanza, senza che potessi ribellarmi.

— Non distogliere lo sguardo. — disse a un tratto, con voce lenta e ferma.

Obbedii, e la vidi alzarsi dal letto. Il pizzo nero scintillava sotto la luce soffusa, le autoreggenti disegnavano le sue gambe mentre avanzava verso di me. Ogni passo era una provocazione, un colpo al mio autocontrollo. Si fermò a un soffio dalla poltrona, chinandosi quanto bastava perché il suo profumo mi avvolgesse, dolce e inebriante.

— Sei pronto a giocare alle nostre regole? — mi chiese, senza bisogno di risposta.

Poi tornò lentamente al letto, lasciando dietro di sé il vuoto e il fuoco. Riprese a muoversi con il marito, ma in modo più esplicito, più sfacciato. Non c’era più nulla di casuale: ogni gesto era un invito a farmi desiderare di più, a spingermi oltre il limite. La stanza sembrava respirare con noi, le ombre danzavano sulle pareti come complici silenziose.

Il marito mi guardò finalmente, per la prima volta davvero. Non disse nulla: sorrise appena, come a darmi il permesso. O forse a sfidarmi.

Lei lo capì e, con un sussurro, sancì l’inizio del gioco:
— Adesso, vieni più vicino. ( continua )

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