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Il Dono di Jacques — Parte 4: Claire sotto la luna di Mougins
by Durocheduri
Era passata mezzanotte quando ci fermammo nel parcheggio isolato, nascosto tra gli ulivi, presso l'area di servizio di Mougins. Era uno di quei posti che sembrano dormire sotto le stelle, ma che chi conosce bene la notte... sa che si svegliano al momento giusto.
Claire era sul sedile posteriore, le mani legate dietro la schiena da una cintura di pelle morbida. Nuda sotto il cappotto, non parlava. Respirava piano, ma il battito del suo cuore era visibile nella curva tesa del seno. Jacques sedeva accanto a me, come sempre in silenzio. Umile. Vestito. Eccitato. Invisibile.
Spensi i fari.
— «Siamo arrivati. Stasera la regalo agli sconosciuti. Stasera Claire sarà solo un corpo esposto. E tu, Jacques… resterai nell’ombra. Guarderai come tua moglie viene presa… da chiunque la voglia.»
Jacques deglutì. Claire tremò appena. Ma non disse nulla.
La feci scendere dall’auto. Il vento notturno le sollevò i capelli. Le mani ancora legate dietro la schiena, i tacchi affondavano nella ghiaia.
— «Inginocchiati. Schiena dritta. Petto in fuori. Testa alta. Sei un dono per il mondo, Claire. Stasera gli uomini sapranno quanto vali.»
Luci di altre auto comparvero in lontananza. Lente. Appena visibili. La comunità dei voyeur aveva capito. Qualcuno aveva ricevuto il messaggio. C’era movimento nel buio.
Claire era lì, inginocchiata nel parcheggio deserto, illuminata solo dalla luce interna dell’auto. Il cappotto ormai aperto, il corpo offerto come una statua viva. Le sue cosce si tendevano, i capezzoli induriti dal vento.
Una delle auto si avvicinò. Un uomo scese, si fermò davanti a lei. Non parlò. Solo si sbottonò lentamente i pantaloni.
Claire lo guardò negli occhi. Poi si voltò verso di me.
Io feci solo un cenno.
E lei cominciò a servirlo.
Con lentezza, con dedizione. Con arte. Come le avevo insegnato. Mentre l’uomo gemeva piano, guardando il suo viso, Claire sembrava danzare con la bocca. Non c’era amore. Solo bisogno. Fame. Obbedienza.
Altre auto arrivarono. Due. Tre. Uomini che osservavano dall’interno. Altri che scendevano.
Io restavo in piedi, vicino al cofano. Le mani in tasca. L’espressione calma. Il padrone di una scena che avevo scritto con cura.
Jacques, invece, era accovacciato a lato della macchina. Guardava sua moglie farsi prendere, le mani ancora intrecciate, il corpo teso. Ogni tanto gemeva piano. Ma non diceva mai nulla.
— «Vuoi che continui?» gli chiesi.
— «Sì, padrone» rispose con un filo di voce. «Voglio che tutti la prendano. Voglio che la rendano loro.»
— «Bene. Allora vieni a guardarla da vicino. In ginocchio. A un metro da lei. Guardala mentre viene presa. E non distogliere lo sguardo nemmeno quando le verranno dentro.»
Claire era già sulle ginocchia di un altro. Uno la prendeva da dietro, spingendo forte, afferrandole i fianchi come un animale in calore. Lei gemeva, si apriva, lo incitava. Il suo piacere era reale, ma era anche offerta. E ogni volta che veniva, lo faceva guardando me. Solo me.
Alla terza penetrazione, le sue gambe tremavano. Il suo corpo era coperto di mani, di fiati, di desiderio. Gli uomini venivano ovunque: sulla schiena, sulla lingua, tra le cosce. E ogni volta io ordinavo a Jacques di avvicinarsi e ripulire sua moglie con la bocca.
Lo faceva senza protestare.
Claire rideva, gemeva, chiedeva ancora.
Quando il primo raggio di sole colpì l’asfalto, Claire era distesa sul cofano, le gambe aperte, il viso sporco di piacere, il corpo segnato dall’adorazione. Uno degli uomini si avvicinò a me.
— «È tua?»
— «No» risposi.
— «È sua. Ma io la comando. E voi l’avete appena ricevuta in prestito.»
Mi voltai verso Jacques.
— «Ringrazia questi uomini. Per averla usata meglio di quanto tu potresti mai fare.»
E lui lo fece.
In ginocchio. Nudo. Umano.
Mentre Claire si leccava le dita, soddisfatta