STORY TITLE: Il Gioco di Martina, Luca, Francesca e Fabio - Incontro 6 
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STORY

Il Gioco di Martina, Luca, Francesca e Fabio - Incontro 6

by BullMasterVr
Viewed: 36 times Comments 0 Date: 22-06-2025 Language: Language

Le fiamme accese nelle sessioni precedenti – l’umiliazione di Luca a casa loro, l’aperitivo teso sul Lago di Garda, la competizione feroce con Francesca e l’iniziazione di Sofia – avevano lasciato Martina, 29 anni, la mia slave inesperta ma ormai audace, in preda a un’ossessione. La sua gelosia verso Francesca e Sofia, che avevano condiviso il mio dominio, era diventata una febbre. Mi scrisse, la mail un grido di resa: “Padrone Eros, non sopporto di dividerti. Voglio essere tua, tutta, come mai prima. Luca è via per lavoro, ma voglio che senta. Ti aspetto a casa.” Risposi secco: “Stasera.” Solo il mio volere.

La sottomissione definitiva a casa di Martina

Il loft di Martina era immerso in una penombra calda, le luci soffuse che accendevano riflessi sul parquet. Mi accolse sulla porta, un négligé di seta nera trasparente che lasciava intravedere ogni curva, il respiro un rantolo, le mani che tremavano mentre stringevano un telefono. “Luca è in linea,” sussurrò, gli occhi lucidi di desiderio e paura. “Ascolta tutto.” La mia presenza era un’onda che la travolse, il mio sguardo un comando.
“Metti il vivavoce,” ordinai, la voce un ringhio basso, posando una borsa di velluto nero sul tavolo. Martina obbedì, il telefono che trasmetteva il respiro spezzato di Luca, lontano, impotente. “In ginocchio,” dissi. Lei crollò a terra, il négligé che scivolava sulle spalle, il corpo che tremava come una corda tesa. Presi un collare di pelle dalla borsa, il cuoio che scricchiolava, e lo fissai al suo collo, tirando fino a strapparle un gemito. “Luca, senti la tua troia,” dissi, la voce che tagliava l’aria. Un lamento soffocato uscì dal telefono.

“Confessa,” ordinai, sedendomi su una poltrona, le gambe aperte, il mio cazzo già duro sotto i jeans. Martina, in ginocchio, alzò lo sguardo, il volto rigato da un misto di vergogna e adorazione. “Padrone Eros,” sussurrò, la voce spezzata, “sono gelosa… di Francesca, di Sofia. Le odio per averti avuto. Voglio essere solo tua, tutta, anche… dove non ho mai dato.” La sua voce tremò sull’ultima parola, il suo culo vergine offerto come un sacrificio. Luca gemette al telefono, un suono di dolore e desiderio.
“Spogliati,” dissi. Lei si alzò, il négligé che cadeva come acqua, il corpo nudo che si offriva alla luce fioca, la pelle che fremeva. “Sdraiati,” ordinai, indicando un tavolo basso. Martina obbedì, il corpo steso, le gambe spalancate, il sesso già bagnato che luccicava. Presi una corda di seta e legai i suoi polsi sopra la testa, i nodi che le mordeva la pelle, strappandole un lamento. “Luca, ascolta,” dissi, mentre prendevo un flaconcino di lubrificante dalla borsa. Versai il liquido freddo sul suo culo, le dita che scivolavano lente, esplorando la sua verginità. Martina gemette, il corpo che si contorceva, il respiro che si spezzava. “Padrone… ti prego…” implorò, la voce un singhiozzo.
Infilai un dito, poi due, aprendola con pazienza crudele, i suoi gemiti che si trasformavano in grida, il telefono che trasmetteva ogni suono a Luca. “Senti come si arrende,” dissi, la voce un ringhio. Luca emise un lamento roco, il suono della sua mano che si muoveva evidente anche a distanza. Presi un plug anale dalla borsa, piccolo ma lucido, e lo inserii lentamente, strappandole un urlo che era puro piacere e dolore. “Brava, troia,” dissi, accarezzandole il viso, le sue lacrime che mi bagnavano le dita.
Il culmine
Slacciai la cintura, il suono della fibbia che squarciava il silenzio, e mi posizionai dietro di lei. “Sei mia,” dissi, spingendo il mio cazzo nel suo sesso, un colpo deciso che la fece gridare, il corpo che si inarcava contro i nodi. La scopai con ritmo lento, poi selvaggio, le sue grida che riempivano la stanza, il tavolo che scricchiolava. Luca, al telefono, gemeva, la sua voce un lamento continuo, la mano che si muoveva sempre più veloce. “Tocca il plug,” ordinai. Martina, tremante, allungò la mano libera verso il suo culo, spingendo il plug più a fondo, il suo corpo che si tendeva, un urlo che squarciava l’aria.
“Toglilo,” dissi. Lei obbedì, il plug che usciva con un suono bagnato, lasciandola aperta, pronta. Versai altro lubrificante, poi spinsi il mio cazzo nel suo culo, lento, inesorabile, il suo grido che si spezzava in singhiozzi di estasi. “Padrone… oh Dio…” balbettò, il corpo che tremava, il piacere che la travolgeva. La scopai con colpi profondi, le mani che stringevano i suoi fianchi, il suono della carne che sbatteva, i suoi gemiti che si mescolavano ai lamenti di Luca. “Senti la tua troia che si dona,” ringhiai al telefono, accelerando, il suo culo che si contraeva attorno a me, il suo corpo che si arrendeva completamente.
“Toccati,” ordinai. Martina, con una mano libera, si sfregò il clitoride, il corpo che si scuoteva, il piacere che la squassava. Venne con un urlo, il corpo che si tendeva, le lacrime che le rigavano il volto, il nome “Padrone Eros” che le moriva sulle labbra. Continuai, il ritmo implacabile, poi esplosi nel suo culo, il mio seme che la riempiva, il suo corpo che tremava, un altro orgasmo che la travolgeva. Luca, al telefono, venne con un grido strozzato, la sua voce un relitto di vergogna e desiderio.
“Puliscimi,” ordinai, tirandomi indietro. Martina, esausta, si inginocchiò, la lingua che scivolava sul mio cazzo, leccando ogni traccia di me e di lei, i gemiti soffocati che vibravano, il volto rigato di lacrime e adorazione. “Lavami,” dissi. Mi condusse in un bagno attiguo, l’acqua calda che scorreva, le sue mani che insaponavano il mio corpo, le dita che tremavano mentre sfregavano la mia pelle, gli occhi che non si staccavano dai miei. Mi asciugò con un asciugamano morbido, il corpo ancora tremante, la voce muta ma devota.

La sessione finì con Martina ai miei piedi, il corpo sfiniti, gli occhi che mi veneravano. Luca, al telefono, era un’ombra spezzata, il suo silenzio un’eco della sua resa. “Ci rivedremo,” dissi, uscendo, la voce che sigillava il suo destino. A casa di Martina, questa notte aveva consacrato la sua sottomissione assoluta.

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