RACCONTO TITOLO: Alla mia bella Laura 
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Alla mia bella Laura


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Alla mia bella Laura

by tuono42
Visto: 374 volte Commenti 7 Date: 17-08-2023 Lingua: Language

Eccomi lì, su quella spiaggia più romagnola che emiliana in quell’agosto assolato di qualche anno fa.
Neo assunto da una Asl del luogo quale psicologo per gestire il servizio di assistenza alle coppie in difficoltà. Appena formato e specializzato in università prestigiose, il mio curriculum studiorum aveva convinto i responsabili ad affidarmi quell’incarico.
Il mio servizio avrebbe dovuto aver inizio dopo qualche giorno che poi, nei fatti, divennero due settimane.
La mia mente era monopolizzata dallo strano comportamento della mia fidanzata che non volle accompagnarmi, restando a casa ed accampando mille scuse che per me rimanevano incomprensibili e disarticolate.
Quando l’addetto al lido mi ebbe allestito il lettino, mi accorsi in modo quasi distratto che mi aveva assegnato il posto accanto ad una signora che non definii subito né come età, né come tipologia di persona. I miei occhi vagavano quasi a vuoto; ma erano gli occhi della mente a funzionare, cercando, anche in modo forsennato, le reali motivazioni che avevano spinto la mia Marisa a non volermi seguire nell’immediatezza del mio primo incarico di lavoro.
Ad interrompere quel turbinio di pensieri furono provvidenziali alcune gocce di acqua gelida schizzatemi da un bambino che giocava con dei coetanei.
Alla levata repentina del mio sguardo sul mondo circostante mi accorsi che la signora vicina di lettino stava leggendo una rivista a carattere psicologico. La mia attenzione si concentrò proprio su quella rivista che prevalentemente trattava argomenti inerenti la coppia.
Fu naturale che io osservassi anche la lettrice; e fui colpito dal suo sguardo: due occhi il cui riflesso ti colpiva e la connotava come una donna dalla psiche complessa, che viveva le sue emozioni conservandole nel suo “IO” profondo, accomunandole in maniera indifferenziata con la conseguente continua battaglia tra la donna e la femmina.
Fu spontaneo per me presentarmi: “Buongiorno, signora, mi permette? Sono Mimmo e sono stato attratto da quello che legge. Si occupa di psicologia?” “Ciao, sono Laurarispose lei; non mi occupo di psicologia ma mi piace leggerne per cercare di comprendere qualcosa in più dei rapporti tra persone.”
Il suo sguardo divenne magnetico, incuriosito ed indagatore.
Inevitabilmente i miei occhi cercarono il suo corpo e non potettero sfuggirmi i suoi capezzoli grandi e pronunciati coperti dalla stoffa leggera del suo reggiseno, le sue cosce tornite e ben modellate, il suo monte di venere pronunciato come fosse una perenne offerta per il maschio.
A quello spettacolo della Natura ebbi una bozza di erezione che a Laura non sfuggì, a maggior ragione perché ero rimasto in piedi difronte a lei e le dimensioni non mi difettano.
E quello sguardo divenne divertito e malizioso insieme.
Quel “ciao” in risposta al mio “buongiorno” già mi aveva detto mille cose; quello sguardo corroborò la mia prima impressione e decisi di provarci essendomi sentito quasi abbandonato dalla mia Marisa. Non dovevo restare distante da lei in senso psicologico e per questo ripresi a parlare dandole del tu ed in maniera quasi confidenziale, come se ci conoscessimo da sempre.
Le dissi del perché ero lì da solo, dell’attività che avrei intrapreso dopo qualche giorno e spinsi un po’ sull’acceleratore introducendo “casualmente” l’argomento sessualità, com’era vissuta dagli anziani, dalle persone mature e di media età ed infine dai giovani.
Rispondeva a tono; ma, man mano che ci si addentrava, e soprattutto quando cominciammo a parlare dei rapporti sessuali, sempre in termini scientifici, i suoi occhi si incupivano e, di tanto in tanto, si illuminavano a sprazzi mentre con la destra tormentava il suo anulare girando e rigirando la fede che portava al dito. Quel gesto, quei lampi del suo sguardo, quel puntare degli occhi direttamente nei miei, distogliendoli e guardando in basso a tratti, ma soprattutto il leggero incresparsi del labbro superiore mentre parlava, e la lieve dilatazione delle narici, mi dissero quasi tutto di lei, almeno del suo stato d’animo che viveva in quel momento e della voglia che cominciava ad assalirla.
La donna stava cedendo la scena alla femmina.
Bisognava battere il ferro finché caldo e la invitai al bar dello stabilimento per bere ed anche mangiare qualcosa; lei accolse l’invito. Seduti a tavolino riprendemmo il discorso intrapreso. Ora i miei argomenti erano mirati ed indirizzai la conversazione su come veniva vissuta la sessualità di coppia, su quanto fosse importante per la tenuta dell’unione tra i due partner, sui tabù anche assurdi ed innaturali che hanno reso schiave intere generazioni, sulla necessità di essere vari sia nel modo di far sesso, sia creando situazioni al limite del proibito per stimolare il desiderio, sia nelle fantasie, sia nel coraggio necessario a determinare situazioni che ciascuno singolarmente non avrebbe vissuto, ma che la forza della coppia faceva superare; dell’importanza di non stigmatizzare, bollando per perversi, certi sogni e persino certi desideri del partner.
Man mano che ci si addentrava, il suo volto diveniva rossoporpora; la sua voce diventava più incerta ed i toni divennero più bassi, le sue gambe si aprivano e richiudevano sempre più velocemente e ad occhi meno esperti poteva sembrare che avesse necessità di urinare. L’eccitazione più totale si stava impadronendo di lei e la mia non era da meno. Immaginai le labbra della sua vagina sicuramente già rese lucide dalle secrezioni ed il mio cazzo cominciò a scalpitare formando un bozzo molto evidente che feci in modo che lei vedesse allontanando la sedia dal tavolino.
Puntualmente il suo sguardo finì sul pacco ingombrante che le avevo messo sotto gli occhi e fu spontaneo il suo sguardo quasi attonito mentre la bocca si dischiudeva e la lingua leccava le sue labbra.
Non ci fu bisogno di parole; la presi per mano e lei, docile, si lasciò guidare mentre io la conducevo nello spogliatoio privato che avevo affittato per tutta la settimana sborsando un bel po’ di soldini che avevo accumulato quando facevo l’animatore turistico per pagarmi gli studi.
Quando aprii la porta di quello stanzino dalle dimensioni ridotte e la invitai ad entrare, Laura si fermò, quasi chiedendo a se stessa cosa stesse facendo, ma si lasciò guidare quando la presi per mano e dolcemente l’attrassi a me.
Il conflitto tra la donna e la femmina era evidente: non dovevo darle tempo e premetti il pedale sulla femmina. Diedi un calcio alla porta che si chiuse sbattendo e l’attrassi a me. Ora era docile. Le cinsi i fianchi e la strinsi a me. Sentii il suo corpo fremere e le mie labbra cercarono le sue. Si arrese. La sua bocca si aprì e le nostre lingue si cercarono agili ed avide di sensazioni violente che arrivarono fulmineamente. Ora il mio cazzo era un tubo d’acciaio che premeva sul suo ventre mentre una mia mano si intrufolava nel suo reggiseno e mise in luce le sue magnifiche tette liberate dalla stoffa mistificatrice.
Ora Laura era tutta un fremito: sentivo le sue carni tremare di eccitazione ma anche di timore per quello che stava facendo. Istintivamente la sua mano raggiunse il mio inguine ed afferrò il mio cazzo che già pulsava di eccitazione; lo liberò e quando fu a contatto con la carne nuda, con un’espressione di stupore e quasi di timore ebbe a dire; “Mamma, quant’è grosso!!!”, ritirando repentinamente la mano in contemporanea con la mia che, al contrario, le era entrata negli slip.
Fu allora che l’eterna lotta interiore che Laura viveva ogni giorno esplose con la sua virulenza e, allontanandomi gentilmente mi disse: “Non posso farlo, sono sposata ed aspetto mio marito nel fine settimana; perdonami ma non ce la faccio”.
Rispettai a malincuore la sua volontà e mi ritrassi aprendo la porta dello spogliatoio; ma la mia bastardaggine fece appello alla preparazione professionale e, riaccompagnandola al lettino le chiesi di scusarmi se in qualche modo avevo forzato la sua volontà ma lei era troppo bella e sensuale perché un maschio non la desiderasse e che comunque alloggiavo all’hotel Crystal camera 324 e che avrebbe potuto lasciare una comunicazione per me di qualunque genere perché ero un suo amico e su di me poteva contare.
Ci salutammo con un velo di tristezza negli occhi ma io speravo che l’esca che le avevo lanciata la spingesse ad abboccare. Tornai in albergo combattuto tra la delusione e la speranza e cominciai a contare i minuti che trascorrevano lenti. Dopo un paio d’ore, lo squillo del telefono mi fece sobbalzare: era la portineria che mi comunicava che era passata la Signora Laura lasciando per me il seguente messaggio: “Ti aspetto in spiaggia alle 17,00”.
La preda aveva abboccato. Non sapevo quando ma sapevo che sarebbe successo. Dovevo stare attento a percepire il benché minimo segnale: era troppo combattuta ed ogni nonnulla avrebbe potuto condizionare le scelte del momento.
Alle 17 in punto mi presentai all’appuntamento: non volevo sembrare né troppo ansioso e neppure trasandato e menefreghista. Lei era lì che mi aspettava. Aveva un’acconciatura nuova, segno che quel tempo lo aveva impiegato dal parrucchiere: altro segnale positivo; stava giocando la carta della seduzione; non c’erano dubbi: era una donna di classe!
La salutai baciandole la mano e subito mi sperticai in complimenti: quel nuovo look mi diceva che voleva accantonare la donna bacchettona e vivere “una botta di allegria”, come l’avrebbe definita Tinto Brass. Ma capii che non desiderava essere spinta: aveva i suoi tempi.
Ci scambiammo il numero dei telefonini ed ancora una volta la invitai al bar. Mentre sorseggiavamo le nostre bibite e dopo solo poche battute il suo sguardo divenne intenso, carico di desiderio che cominciava a forzare la porta blindata della sua morale; la sua mano prese ad accarezzare il mio braccio: dovevo afferrare la situazione! Le dissi solo: “andiamo via da qui”, guardandola con occhi pieni di desiderio. Ci rivestimmo in fretta e, mentre lo facevo, chiamai un taxi. Quando lei fu pronta mi raggiunse ed io la presi per mano. Lei mi chiese soltanto dove fossimo diretti ed io senza risponderle la condussi al taxi che ci aspettava, le aprii la portiera e le dissi: “Da’ tu le indicazioni all’autista; per me non hanno importanza i luoghi se sto con te”!
Rimase quasi interdetta, ma comprese il senso della frase: era libera di scegliere senza alcuna costrizione. Dopo solo qualche attimo diede un indirizzo ed in dieci minuti fummo a destinazione. Una tipica “casa vacanze” ci accolse e, non appena chiusa la porta, ci fiondammo l’una tra le braccia dell’altro e ci fondemmo in un bacio chilometrico che tolse il fiato ad entrambi.
Questa volta non vi furono divieti e le mie mani potettero spogliarla come le sue facevano con me, in modo fenetico, come se non ci fosse un domani. Per fortuna l’abbigliamento di entrambi era estivo e composto dall’essenziale e, quando finii di spogliarla mi apparve Aphrodite in persona. Una proporzione quasi perfetta di quel corpo sinuoso e travolgente; forse, se proprio si fosse voluto cercare a forza una disarmonia, solo il seno era leggermente meno importante dei fianchi e dei suoi glutei marmorei e di una forma strepitosa. Davanti ai miei occhi si parò la Venere Callipigia.
Anche lei mi aveva spogliato e, pur avendolo apprezzato al mattino, ancora una volta, impugnando il mio cazzo già pronto alla battaglia ed alla conquista delle sue “fortezze”, rimase per qualche attimo a contemplarlo e ripeteva “mamma mia” come fosse un mantra.
Smise di colpo di parlare e la sua bocca si aprì vorace per ospitare la mia cappella violacea per la tensione. La passione la portava a goderselo in mille modi: dal ticchettio di lingua sul frenulo, all’abbocco profondo; dal risucchio da idrovora allo sputo sulla cappella per poi succhiarlo stimolandomi i testicoli. La fermai: volevo godere di lei, delle sue intime bellezze e la presi in braccio adagiandola sul letto. Istintivamente chiuse le gambe ma cedette subito quando le mie mani le aprirono prendendola dalle ginocchia.
Un dolce profumo di femmina aleggiò e mi fiondai su quella fica bel curata, dal pelo accorciato e da due labbra gonfie per l’eccitazione. Il sapore di femmina vera, tra il dolce e l’asprigno inondò la mia bocca e ci volle tutta la mia abilità ed il mio autocontrollo per non lapparla come un cane che trova acqua dopo giorni di sete insoddisfatta.
Le mie innumerevoli scopate fatte con le turiste dei villaggi in cui avevo fatto l’animatore mi aiutarono a razionalizzare il momento, e la punta della lingua cominciò a percorrere il periplo di quella fica che quasi soggiogava per il suo potere magnetico. Le sue ghiandole secernevano quantità mai viste di succhi lubrificanti; di tanto in tanto le picchiettavo il clito con la punta della lingua, mentre le mie mani giocavano con le sue tette i cui capezzoli erano diventati di marmo e reattivi al minimo sfioramento.
Mi accorsi che stava per venire e mi spinsi a baciare il suo ventre ed a risalire sino a poggiarle la cappella tra lo spacco di quella fica che sembrava una sorgente. Non spinsi: seguivo con attenzione le sue piccole spinte tutte le volte che le baciavo il collo o le mie dita stringevano i suoi capezzoli con più vigore, o quando le sussurravo parole dolci e promesse di piacere. All’improvviso mi sentii stringere dalle sue braccia ed in un rantolo liberatorio mi disse “Fottimi bastardo, non ce la faccio più”; e contemporaneamente sferrò un colpo violento del bacino all’insù. Il mio cazzo penetrò in quell’antro di fuoco che mi accolse con sollievo; mi pareva di essere entrato in un vulcano.
Presi a scoparla con ritmi discontinui e mi accorsi che proprio quando stava per venire qualcosa la inibiva. Fu allora che la mia bocca si avvicinò al suo orecchio e le disse: “Dai, lasciati andare; lascia uscire la puttana che è in te, falla godere!”.
Un singhiozzo quasi strozzato, un rantolo, un tremore inarrestabile del suo corpo e venne, venne, venne! Sembrava colta da scariche elettriche alternate, farfugliava, farneticava; poi, con parole chiare disse: “Ora sono la tua puttana, fammi quello che vuoi”; la corressi dicendo; “Si, sei la mia splendida puttana, ma facciamo quello che vogliamo”!
Ci alzammo da quel letto a sera inoltrata e trovò un bel numero di chiamate da parte del marito. Lo chiamò rassicurandolo. Temetti per un istante che quella telefonata l’avesse ricondizionata, ma non fu così. Allestì per cena qualcosa di sbrigativo e volle mangiare stando seduta sulle mie gambe e di tanto intanto ci baciavamo anche col cibo in bocca.
Inevitabilmente quel letto ci attirò anche per il dopocena e quella notte stessa, giocando con il suo culetto le dissi che mi faceva impazzire di desiderio e lei, ancora una volta mi stupì. “E’ troppo grosso, mi farai male, ma se c’è uno che merita di aprirlo questo sei tu: fammi femmina e non potrò mai scordarti”.
Fui dolce, graduale, attendevo che fosse lei a spingere: le insegnai la tecnica per agevolarne l’entrata; le baciavo il collo mentre la mani erano ancorate ai suoi seni che erano diventati di marmo. Quando la cappella ebbe superato lo sfintere anale tutto il mio cazzo le scivolò dentro togliendole il respiro. Restai immobile piantato in quel culetto da fiaba baciandola e ringraziandola per quello splendido dono che mi aveva fatto, finché cominciai a sentire i primi suoi movimenti: prima millimetrici e poi via via più ampi sino a che non la sentii dirmi che le stava piacendo. “Dai, fammi godere anche da lì, ora sì che sono una femmina completa ed una puttana perfetta”. Aumentai il ritmo fin quando non avvertii le prime contrazioni anali. Le toccai il clito e venne ancora ed ancora, finché la mia sborra non le inondò quel culetto di fata strappandole un ultimo lamento di piacere.
Si abbandonò al sonno senza neppure lavarsi. Le lasciai un biglietto con su scritto: “Sei la mia magia e la mia ossessione. Ti lascio libera di chiacchierare con te stessa. Tra qualche ora ti aspetto in spiaggia.”
Chiamai un taxi e mi recai in albergo per farmi una doccia anche se così avrei tolto il suo odore dalla mia pelle, ma l’odore di femmina che ha goduto tanto si poteva sentire a metri di distanza.
Quando arrivò in spiaggia sembrava una Laura rigenerata, allegra, pimpante, radiosa! Mi strinse forte la mano e mi baciò solo sulle guance, da amici e nient’altro. Capii perché; sicuramente pensava che di lì a due giorni sarebbe arrivato il marito e la gente, si sa, non si fa mai i fatti propri: saggia, oltre che bella e passionale!
“Cos’hai in mente per oggi?” Mi chiese andando al bar del lido. “Solo mare, sguardi e coccole sino a questa sera. Poi la vita potrebbe sorprenderti e sorriderti ancora”, le risposi guardandola con intensità. Abbozzò un sorriso carico di sottintesi: era diventata la mia cucciola.
Arrivò la sera, presi la mia auto questa volta, e ci dirigemmo in un ristorantino di periferia: c’era più intimità ed il servizio era celere e discreto. Per il tempo che vi restammo fu un idillio: un gioco di sguardi e di sorrisi; la mia bella Laura si era messa in tiro con una scollatura che dava più risalto ai suoi seni mentre i fianchi erano letteralmente fasciati dal tessuto con il risultato che il suo culo da sballo sembrava ancora più dirompente. Non finivamo mai di amoreggiare e bastava anche una carezza sulle mani per riaccendere la passione.
Al termine della cena ci recammo in un locale non ben tipizzato: un misto tra una balera, un club ed una disco, tipico della riviera romagnola. Lì sperai che la dea bendata mi desse una mano e la mia speranza fu esaudita, anzi, fu più che generosa perché due ragazzi ben messi, avendoci visto entrare, ed abbagliati dal corpo di Laura, ci approcciarono con la banale scusa di una sigaretta da accendere. Approfittai del colpo di fortuna e sfacciatamente chiesi loro se avessero compagnia; in caso contrario avrebbero potuto fermarsi al tavolo con noi. Laura mi guardò quasi delusa ma le feci cenno di aspettare.
Bevemmo, chiacchierammo, ridemmo. I ragazzi erano simpatici, mai sboccati, sempre rispettosi, anche se qualche battuta a doppio senso rallegrava la serata. Invitai Laura a ballare e durante il ballo, stringendola a me, le chiesi di lasciarsi andare, a tornare la giovinetta che era stata solo pochi anni addietro, lasciando fluire le sue fantasie ed i suoi desideri. “Si vive una volta sola” le dissi stringendola a me; “fa’ quello che ti senti di fare e non forzarti mai questa notte; ma non reprimerti mai; sappi che qualunque cosa succeda la mia stima per te e, perché no, il mio abbozzato amore, non cambierà di una virgola; ma ricordati che in questi giorni sei la mia puttana; la più bella e sensuale puttana del mondo, ma sempre la mia puttana”.
Si strinse forte a me e poi, ballando anche con i due baldi neo compagni, notai che non reagiva alle discrete palpate al seno ed al culetto che riceveva, e tornava al tavolo sorridente e con il volto arrossato non certo per lo sforzo del ballo.
Durante l’assenza di lei perché impegnata a ballare con uno dei neo amici, a ciascuno di loro feci un discorsetto chiaro: la serata avrebbe potuto concludersi in maniera da ricordarla a lungo o bruscamente se il loro comportamento fosse stato men che signorile. Audace sì, certo, ma fino a quello che la Signora avesse accettato. Suggerii loro di simulare una mezza sbronza e io stesso, mi dichiarai stanco con una gran voglia di riposare.
Ci accomodammo in auto, io e Laura davanti e loro dietro. Girandomi, come per sistemarmi sul sedile, strizzai l’occhiolino al passeggero di destra e partii. Dissi a Laura che non conoscendo il loro alloggio, li avrei portati in un motel.
Dopo poco dall’inizio del percorso, il ragazzo seduto a destra si allungò in avanti, cominciando a carezzare il seno di Laura che si avvicinò all’orecchio dicendomi quello che stava accadendo. Le risposi bisbigliando “Se ti piace lasciati andare; altrimenti digli di tenere le mani a posto ed al resto penso io.” Attesi; i secondi passavano e diventarono minuti. Quella mano non solo era accettata ma riuscì ad intrufolarsi nella scollatura ed a tirar fuori la tetta sinistra di Laura. A quel punto anche la mia mano cercò rifugio tra le sue cosce e Laura si abbandonò allo schienale con gli occhi persi nel vuoto del buio totale della notte. Il suo respiro divenne affrettato e mi dichiarava il suo stato di eccitazione che stava per superare il livello di guardia.
Per fortuna, a sinistra, si profilò l’insegna luminosa del motel e svoltai. La fortuna mi fu ancora una volta benevola e trovai posto addirittura in direzione della reception.
Le dissi di aspettarmi perché andavo a vedere se avevano ancora alloggi liberi per lasciare i due tipi. Trovai due alloggi contigui liberi e li affittai per una notte.
Facendo l’occhiolino d’intesa ai due, chiesi a Laura di aiutarmi a portarli su, ed i due finti sbronzi mi diedero man forte recitando alla perfezione la loro condizione di ubriachi. Li collocai nel primo alloggio e dissi a Laura che avevo pensato che fosse tardi per tornare a casa e quindi ci saremmo fermati lì per la notte.
Approfittando del tempo che Laura stava impiegando per la doccia, dissi ai due di tenersi pronti, che avrei lasciata la porta aperta ma che comunque quando mi fossi fatto vivo, sarebbero dovuti entrare scalzi, in totale silenzio sino a che non avessi fatto cenno di parlare. Tornai nel nostro alloggio in tempo per abbagliarmi con la visione del corpo nudo di Laura.
La presi tra le braccia ed un lungo bacio diede fuoco alle polveri accendendo il nostro desiderio e scatenando le sue voglie di femmina bollente. Mentre le mie mani percorrevano il suo corpo le ricordai qual era il suo ruolo in quei giorni e lei si disse felice di essere la mia puttana ancora una volta.
Il fatto di accettare quel ruolo era una sorta di anestetico per la sua morale e quindi lasciava alle ortiche condizionamenti, dubbi, tabù.
Quando mi accorsi che ormai era eccitata al top e le sue secrezioni quasi fluivano dalla sua vagina l’adagiai sul letto e sfilato il foulard che mi ero portato appositamente, la bendai.
Dapprima rimase smarrita ma le dissi che così avrebbe potuto godere meglio delle sensazioni che il sesso può donare.
Presi a leccarla, a baciarla, a stimolare le sue zone erogene sensibili fino a sentirla dire: “ti prego, prendimi!” Le dissi di attendere e silenziosamente aprii la porta e feci cenno ai due improvvisati amici di entrare e avvicinarsi al letto; controllai che indossassero i preservativi e ripresi a stuzzicare la magnifica femmina alla quale mi stavo davvero affezionando.
Alla sua ennesima richiesta di prenderla affondai in quella fica che ne avrebbe presi anche due senza sforzo per quanto era fradicia. “Cosa sei ora per me?” le chiesi, e lei rispose senza esitazioni: “La tua puttana!!!””Quindi sei disposta a fare tutto quello che ti chiedo” “Sì” fu la sua risposta decisa.
Feci cenno al più vicino di poggiarle il cazzo addosso e lei sobbalzò come fosse stata toccata da mille serpenti. La baciai con passione e le sussurrai: “Lasciati andare; sei e resterai una donna per bene; quello che succede questa notte non cambia nulla; lasciati andare e godi; ti amo!”
Una scarica elettrica ad alta tensione parve percorrere tutto il suo corpo: era sul crinale; sarebbe potuto succedere di tutto. Istanti di tensione emotiva attraversarono la mia persona: cominciavo davvero ad amare Laura; ed all’improvviso lei sospirò, sollevò la mano ed impugnò quel cazzo estraneo mentre mi diceva: “Sono la tua puttana, fottimi ma fammi godere come non ho mai goduto, anche più della notte scorsa”.
La strinsi forte a me e, senza uscire da lei, mi girai sulla schiena lasciando accesso libero al suo culetto. “Ora proverai quello che hai sempre sognato ma non hai mai avuto il coraggio di dire a te stessa: rilassati e lasciati andare; ora sei un corpo che cerca il suo piacere non altro.
Al mio cenno il secondo amico le si posizionò dietro e quando Laura sentì il contatto dell’altro cazzo su suo buchino, ebbe un fremito, quasi una convulsione che squassò il suo corpo da favola. “Sì, sì, cazzo! Sì, quello che ho sognato già da ragazza”!
Quando il cazzo dell’amico fu tutto dentro il suo culetto ebbe un orgasmo devastante. Ne avevo visto donne godere; ne avevo fatte godere a bizzeffe; ma una donna invasata come Laura mentre le sborravamo in pancia non l’avevo mai vista!
Passò buona parte della nottata a provare le combinazioni possibili: ingoiò sborra in buona quantità; poi, all’alba, lasciammo i due al motel ed io e lei andammo a casa sua. E, se al motel avevamo fatto sesso anche bestiale, se volete, lì ci amammo: i cuori battevano quasi all’unisono.
Intorno alle nove del mattino, dopo una doccia ristoratrice ed una colazione frugale, ci recammo in spiaggia, dove tutto era cominciato. Ci guardavamo con occhi teneri e la voglia di stringerci era tanta.
Andammo a pranzo e poi volle venire in albergo da me. “Voglio che mi vedano con te” mi disse “Mi hai insegnato a non nascondermi e non lo farò più; che pensino pure quello che vogliono; sono felice e ti amo”.
Un magone dilaniante mi assalì: avevo sperato che aggiungesse magari un “voglio restare con te”; ma non accadde.
Il pomeriggio lo trascorremmo in hotel e la spiaggia non ci vide; in compenso i nostri corpi si amarono ancora ed ancora.
Poi la riaccompagnai a casa e nel salutarci mi disse: “Sei l’uomo della mia vita; sono felice di essere stata la tua puttana; vorrei restare con te per sempre; ma, credimi, proprio non posso. Mi hai donato quanto di più bello mi ha dato la vita; non potrò scordarti mai. Domattina non venire in spiaggia, ti prego; verrà mio marito e non vorrei fare una sciocchezza”.
Gli occhi di entrambi si riempirono di lacrime; ma aveva scelto così e sarei stato un bastardo se avessi insistito ancora: ne avrei aumentato inutilmente quell’atroce sofferenza che pervadeva i nostri cuori.
Tempus transit et curat omnia mala et omnem dolorem delet” (Il tempo passa e cura ogni male cancellando ogni dolore) dicevano i Romani nella loro antica saggezza.
Il tempo passò; il lavoro pian piano affievolì il dolore sino a farlo scomparire del tutto. Ma di tanto in tanto il mio pensiero tornava da te, dolce Laura. Poi, d’un tratto, qualche giorno fa ho visto la tua foto su LMO.
Non so se quei giorni e quelle notti ti hanno disinibita sino al punto da accettare che tuo marito o un tuo nuovo compagno pubblicasse le tue foto o se lo stia facendo a tua insaputa, so solo che il vederti mi ha provocato uno shock: ho tanta voglia di incontrarti, bella e dolce Laura, ma non so se possa essere una buona idea. Penso che ti lascerò tranquilla nella tua realtà che ora ti appartiene.
Il passato è affollato di fantasmi che io aiuto le coppie a far svanire: non posso essere proprio io a provocarti crisi esistenziali. Ma un bacio da amico voglio inviartelo lo stesso.
Auguri bella Laura.
Il tuo Mimmo

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