Mani (prima parte)
by CalamityeClintVu: 753 fois Commentaires 1 Date: 09-12-2023 Langue :
una di queste sere andiamo a giocare al privè è questa! la stanza col letto gigante dove tu e la tua amica vi faceste scopare dal libanese sconosciuto mentre il tuo amante lì nell'ingresso, su quel puff in questo stanzino c'è di tutto, glory hole, manette, collari vari (no Clint, non voglio il guinzaglio qui, non mi va di girovagare a quattro zampe su questo pavimento inzaccherato di sborre antiche) il Fusto continua a fissarmi, che facciamo LEI non mi piace
mi avevano ipnotizzato al primo sguardo.
mani lunghe, sensuali, polsi sottili ed eleganti, dita affusolate: una bellezza apparentemente fragile, delicata
(talmente sensuale però che chiudere gli occhi e immaginarle solide, infaticabili, freneticamente all'opera è un attimo)
Non ci frequentavamo più da qualche mese, pur volendoci un bene dell’anima.
Calamity stava uscendo con un uomo col quale sembrava potesse nascere una relazione stabile,
ma quella sera volle portarmi a cena per festeggiare il mio compleanno: un gioioso ritrovarsi fra coccole, tenerezze, sorrisi (quanto mi mancavano i suoi sorrisi!), regalini meravigliosamente impacchettati e dulcis in fundo il dono più inaspettato:
deglutisco felicemente sorpreso
con me? come mai?
perché mi va, e l’unica persona con la quale mi va di farlo sei tu
Domani, Calamity.
Ci eravamo dati appuntamento per quel vernissage, ricordi?
Ti aggiravi per la galleria nuda sotto quel vestitino a fiori leggero e svolazzante
(d'estate, dispensatrice di sogni e d'amore, il reggiseno non lo porti più per la gioia degli uomini che t'incrociano,
ti sfiorano, e avevi mantenuto fede alla promessa di non indossare mutandine).
I miei occhi assetati ti vedevano volteggiare bella e sensuale in mezzo alla gente, sentivo il tuo corpo fremere
sotto la levità del tessuto, ansioso di offrirsi di lì a poco a me e a chiunque altro io avessi scelto.
La serata sembrava non voler finire mai per lasciar spazio al gioco notturno, scappammo via in macchina tardissimo e tu,
con l'impalpabile vestitino addosso (non c'era stato il tempo di andare a casa a cambiare mise come avresti amato fare)
mi guidasti verso il nostro lupanare.
Fin dalla prima volta in cui ho avuto il privilegio di affondare dentro di te, serrandomi tra le cosce mi sussurravi particolari indicibili sulla tua movimentata, insospettabile vita parallela, incendiandomi testa e cazzo con il racconto dei tuoi vizi segreti.
Dal secondo incontro eri già la mia Caronte, traghettatrice del bel maturo tradizionalmente monogamo
verso gli approdi infuocati della lussuria multiamorosa.
Mi avevi parlato spesso di quel piccolo club, teatro tra gli altri delle tue erotiche gesta, ed arrivati sul luogo del delitto ero ansioso di far riprendere vita alle tue storie:
di quel periodo ti teneva per mano... e il tipo della coppia di quell'altra nottata dov'è che ti ha chiavato a pecora davanti a tutti?
La proprietaria del locale interruppe la visita guidata salutandoti calorosamente e ci invitò a brindare
con un singolo MATURO gioviale e discreto ed una bella coppia settentrionale (che purtroppo andò via quasi subito).
Stava entrando nel frattempo un'altra coppia:
LUI, fusto tamarro ma fico, giovane, in tuta (per estrarre velocemente la mercanzia, avremmo capito di lì a poco) e
LEI, più grande, (corpo e lineamenti alterati da un cattivo chirurgo estetico) che non gli avrebbe staccato occhi,
mani e bocca di dosso nemmeno per un attimo, quella notte.
Nessun saluto al loro ingresso ma incrociando il tuo sguardo un lampo di sorpreso compiacimento illuminò gli occhi del fusto. C'è situazione, pensava tra sè e sè.
Si stavano accomodando in posizione equidistante tra noi e il MATURO ma LEI, prima ancora di appoggiare completamente
il culo sul divano tirò fuori dalla tuta il grosso cazzo già pronto cominciando a spompinarlo con foga.
LUI, imperterrito, non staccava un attimo gli occhi dai tuoi.
Cominciavamo a scaldarci io e te, bocca su bocca, la tua mano sul mio jeans ad altezza cazzo, le mie sulle tue zizze piene, traboccanti, a fatica coperte dai volatili lembi floreali di tessuto. Qualsiasi cosa LEI gli facesse (lo segava, lo succhiava, anche una spagnola con quel seno abnorme inginocchiandosi) il fusto non distoglieva un attimo lo sguardo fisso ed inespressivo da te che ricambiavi interdetta, continuando a strusciarmi il cazzo da sopra i pantaloni.
Intanto il richiamo di quella gemma che custodisci in mezzo alle cosce era diventato irresistibile e allora, spalle alla platea, infilai le mani sotto la veste (tutti videro come andavi in giro, smutandata come una troia!) raggiungendo così il frutto della passione umido ed accogliente. Tra un gemito e l'altro ecco la tua radiocronaca :
allora cerco di non dargli cord..aaaahhh” poi? Il MATURO si sta avvicinando, l'ha tirato fuori dai pantaloni, mi guarda e si masturba ooooh sì, Clint, continua così... e che so' Pasquale io? tiralo fuori anche a me!
Non resistevo più, mi sono inginocchiato, ti ho spalancato le cosce, sollevando del tutto la veste ho affondato il viso nei
paradisiaci umori del tuo sesso. Giù la cerniera cowboy! Eccolo il mio canto delle Sirene, Cristo: il tintinnio dei tuoi bracciali!
Finalmente cominci a menarmi il cazzo davanti a tutti… tinkle, tinkle, tinkle...
Che ti stia lavando i denti o spazzolando i capelli la musica è la stessa, il mio riflesso pavloviano:per me stai segando un cazzo! (e stavolta non era certo lo spazzolino da denti l'arnese col quale ti gingillavi). Il cuore mi batteva all'impazzata, anelavo altra carne: slacciata una bretella del vestito un seno scultoreo, abbagliante,ne è sbocciato fuori.
Fiero, mostravo agli altri maschi il mio fulgido, irresistibile trofeo (sembravano apprezzare, a giudicare dai sessi imbizzarriti). Il MATURO, menandosi il cazzo come un ossesso, è venuto a sedersi proprio davanti a te che a cosce spalancate accoglievi la mia lingua mentre il fusto continuava a fissarti negli occhi incurante della dedizione della donna che gli gonfiava il cazzo. Inquieto, mi son rialzato spalmandomi sul divanetto (succhiamelo bambina, è il momento) in attesa che la tua testa si abbassasse a far scomparire il mio cazzo. Il campanello! non annunciava il mio gioco di prestigio preferito (il cazzo non c'è più!) ma l'ingresso nel locale del quarto uomo: un maschio grosso, con baffi e PIZZETTO sale e pepe.
Il Branco prendeva forma, s’ingrossava proprio come la mia cappella sotto i colpi della tua lingua.
Respiri affannosi, gemiti di bramosia, bestiali mugolii a stento repressi: Il pubblico bocchino di Calamity aveva conquistato il centro del palcoscenico, catalizzando il desiderio di quegli animali famelici che bramavano la tua carne, la tua bocca,
bocca di femmina fiera, arrapata e felice di essere l'oggetto della concupiscenza del branco.
Il MATURO aveva le pupille fuori dalle orbite, la sua pugnetta fuori giri agitava il cazzo a pochi centimetri dal tuo volto, perfino LEI aveva sollevato la bocca dal fiero pasto conquistata dalla tua feroce sensualità, e anche tu, spronata dalla parossistica eccitazione aleggiante avevi intensificato di molto il ritmo della fellatio, la tua testa schizzava su e giù sulla mia asta… improvvisamente un lampo, uno scarto, sputi il cazzo fuori dalla bocca:
“hai fatto una foto!”
incazzata come una biscia verso il MATURO, mortificato. Era una luce stroboscopica, non un flash, invece.
Ti sei scusata a lungo, e poco dopo ti saresti fatta perdonare come sai fare tu.
Non ce la facevamo più, era venuto il tempo di fare sul serio.
(fine prima parte)