HISTORIA TìTULO: Come diventai bull parte 3a 
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Come diventai bull parte 3a


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Come diventai bull parte 3a

by ilmassaggiatore
Visto: 392 veces Comentarios 5 Date: 01-01-1970 Idioma: Language

Come diventai bull parte 3a
Avevo conosciuto Andrea e Paola, l’estate 2001 al mare.
Andrea era un collega milanese di Luca, un caro amico che mi aveva messo a disposizione la moglie, o meglio la cui moglie aveva una storia con me e lui l’aveva accettata con piacere.
Quella estate, avevo notato più di una volta Paola guardarmi come volesse dirmi qualcosa, cercavo di trovare l’occasione giusta per riuscire a stare tranquillo solo con lei, ma tra Andrea, Jenny la mia donna (moglie di Luca) ed il resto della comitiva, non riuscivo ad appartarmi.
Paola era una 37nne con un fisico da top model, capelli lunghi molto mossi nero corvino, fate conto di vedere la Manuela Arcuri con un seno meno esagerato, col viso meno marcato e leggermente più snella. Insomma una gran gnocca che non passava inosservata.
Essendo già super impegnato con Jenny e Rita, non ci pensai neanche lontanamente a provarci con lei, però speravo in un futuro, qualcosa mi diceva che non le ero indifferente.
L’occasione si presentò il pomeriggio della mia partenza, avevo già saldato il conto, caricato il bagaglio, salutato gli amici presenti e mi recai al bar dell’albergo per un caffè prima di cominciare a macinare chilometri.
Paola era lì appollaiata sullo sgabello alle prese con una granatina di caffè, io ero ovviamente già in tenuta da moto, “Allora ci lasci? Anche noi rientriamo tra un paio di giorni. Dai scambiamoci i numeri così ci sentiamo e magari ci ritroviamo su a Milano” ci trasferimmo ad un tavolo, ordinai il caffè e con gli occhi mi persi tra le tette di Paola.
Indossava un bikini di quelli che sopra hanno due laccetti, uno attorno al collo cui sono cuciti due minuscoli triangolini di stoffa, ed uno che girando attorno al busto si allaccia dietro, quest’ultimo infilato nella base dei triangolini. Bene i due triangolini nella fattispecie erano piuttosto lontani uno dall’altro.
Mentre prendevo il caffè le dissi: “Pensa che sfiga! Adesso devo proprio andare, con tutto questo ben di dio che ho sotto il naso, e devo lasciarlo quì!” la sua risposta mi lasciò ben sperare “Sù sù! Mandrillone! Vai adesso. Le cose desiderate sono le più apprezzate!” Tradussi quella frase come un: “Stai tranquillo, te le tengo da parte”
Mi accompagnò sino alla moto in assetto da viaggio, parcheggiata nel giardino dell’albergo, “Bella! Mi farai fare un giro qualche volta a Milano?” “Volentieri” ebbi la certezza che l’avrei rivista presto. La salutai con un abbraccio e due bacini, montai in sella, infilai il casco lei si avvicinò e mi si appiccicò alle labbra facendomi sentire il sapore della sua lingua. Mi abbassò la visiera del casco, arretrò di un passo, si allargò del tutto i due triangolini del bikini, due “Soli” balzarono fuori, sorridendomi: “Mi raccomando, vienici a trovare!” “Stanne certa!”.
Quella visione e quel invito mi accompagnarono per tutto il tragitto di rientro a casa.
I tre mesi successivi li trascorsi lavorando tutta la settimana in attesa del venerdì pomeriggio, quando partivo per Bologna. Sì, Jenny mi aveva preso alla grande, arrivavo da loro il venerdì sera, il povero Luca traslocava di stanza ed io e Jenny per tre notti “non” dormivamo insieme.
Anche durante il giorno non perdevamo occasione per fare l’amore. Ogni momento ed ogni luogo erano buoni, cucina, salotto, bagno. Il modo di venire di Jenny mi faceva arrapare di brutto anche se già lo ero. Era quasi un eiaculazione, schizzava proprio come noi uomini, ma in maniera più abbondante. A litri.
Non le era mai successo prima di quella volta in spiaggia, ne con Luca ne prima.
Un sabato mattina, preparava il pranzo ed io l’aiutavo in cucina, Luca era uscito a comprare i dolci, passandomi dietro bastò che mi sfiorasse la schiena con un seno per mettermi sull’attenti.
Smisi di grattugiare il Parmigiano, mi girai e lentamente andai dietro di lei, le posizionai il cazzo duro tra le natiche e le diedi un bacio sulla nuca, mentre le mettevo le mani a mò di coppe di reggiseno con i polpastrelli degli indici sfiorai i capezzoli da sopra la felpa della tuta.
Tutta illanguidita: “Perchè il week-end non dura 5 giorni?” guidò la mia mano sotto l’elastico dei pantaloni della tuta: “Senti come mi riduci appena mi sfiori, non resisto più senza di te, 5 giorni sono troppi senza sentirti” c’era un lago, ritrassi la mano fradicia.
Sgombrato il tavolo della cucina ve la sdraiai sul bordo a gambe penzoloni ancora con i pantaloni della tuta alle caviglie, presi una sedia e mi sedetti a gustarmi quel frutto delizioso, il suo sapore mi inebriava, le sfilai da una caviglia i pantaloni e lei mi si accavallò sulle spalle, le alternavo la lingua sul clito ed all’interno delle labbra “siiiii dai dissetati di me, sto godendo non fermarti non fermarti” dimenandosi spingeva il bacino in avanti, riuscivo a capire quando Jenny stava venendo da come respirava, c’eravamo!
Mi alzai puntandoglielo dritto nella vulva spalancata, venne proprio mentre lo stavo infilando, vi fù un effetto tappo, Jenny in quel momento schizzò, vi fu uno spruzzo lungo le sue gambe, sul tavolo e sulla mia faccia.
Trovandola lubrificata in quel modo, penetrai tutto sino alla radice, Jenny spalancò la bocca ad “O” come per dire qualcosa, ma non uscì alcun suono, si limitò ad afferrarmi le mani con le sue e le mia dita intrecciate e strinse forte, i sui talloni pressavano sulle mie natiche, quasi per paura che le uscissi.
Abbassava la testa su e giù, come dire: “Si, si, si, si”. Io immobile piantato dentro lei mi godevo le sue contrazioni tutt’attorno al cazzo. Quando si riprese: “ Paolo, ti amo, ogni volta è diverso, è come fosse la prima volta ed ogni volta mi porti in paradiso”, gli occhi erano lucidi, quasi lacrimava, cominciai un lento avanti ed indietro accarezzandola tutta dentro, ad ogni mio movimento era un mugolio, glielo stavo servendo in maniera che se lo gustasse per bene, lei continuava a contrarre i muscoli vaginali, questa volta volutamente, li rilassava quando arretravo e rientravo e li contraeva quando ero tutto dentro. Come mi stesse facendo un pompino con la vagina.
Dopo un po’ aumentai gradualmente il ritmo sino a che non fui li per venire, anche lei aveva riaccorciato il ritmo respiratorio, già quasi ansimando: “Siiiiiii... sto venendo ancora, dai, dai, dai, dai, pompami stallone mio, sfondami sfondami, senti come ti ricevo bene...” “fottimi, fottimi, così, sono la tua puttana, sono la tua puttana, godimi amore mio...” quelle frasi mi eccitarono al punto che accelerai, “sto venedo Jenny eccoti, tieni, riempiti” e lei: “sto venendo anch’io, siiiiiiiii... insieme, insieme che bello!” avvinghiati come due serpi, sentii un bollore sulla cappella, Jenny me lo stava stritolando con le sue contrazioni.
Sempre avvinghiata ai miei fianchi con le gambe, la sollevai dal tavolo, cercai la sedia e mi sedetti con lei a cavalcioni.
“Tesoro, cosa fai lì sulla porta?” “Ma da quanto sei lì, tesoruccio?” “Lo sai che quando sono con Paolo, non voglio essere disturbata”
Girai la testa, Luca col vassoio dei dolci in mano, appoggiato allo stipite della porta, un espressione tra l’inebetito e lo sconvolto.
Solo da: “siiiii dai dissetati di me, sto godendo non fermarti non fermarti”
Cazzo, non si era perso un colpo!
“Eravate così belli che non potevo disturbarvi, scusate sistemo i dolci in frigo e vado a farmi una sega, continuate pure a preparare il pranzo.”
Era la prima volta che Luca vedeva Jenny scopare con me.
Jenny si sollevò per alzarsi e fù come una diga che cede, il suo liquido miscelato con la mia sborra, dilagò su di me e la sedia.
Veloce doccia, e tornammo in cucina cercando di capire a che punto ci fossimo “distratti”. Jenny aveva indosso solo la felpa della tuta, che le arrivava giusto sulle natiche rotondette, io ancora l’accappatoio.
“Tu prepara le tartine per l’antipasto” “in frigo trovi il burro ed il salmone, io intanto ti abbrustolisco il pane”
Mise il pancarrè nel grill e cominciò a pulire il danno che avevamo fatto.
Intanto tirai fuori la roba dal frigo e predisposi tutto sul piano di lavoro.
Squillo il campanello del grill, tirai fuori le tartine e cominciai la preparazione, ma ero distratto da tutto quello sculettare intorno a me. Stavo giusto pensando, che Jenny si era data anima e corpo a me, ma mancava ancora qualcosa e quel culetto che mi ballava davanti ad ogni suo movimento, risveglio il mio fratellino che fece capolino dall’accappatoio.
Jenny, tra i fornelli: “Mi raccomando imburra bene tutto che col salmone ci vuole tanto burro” non poteva non venirmi in mente Marlon Brando nell’ultimo tango a Parigi.
Quando le tartine furono pronte, senza farmi vedere mi imburrai bene il cazzo e poi a mò di scherzo le passai lentamente il medio imburrato tra le natiche, contemporaneamente la sfioravo con le labbra il collo: “Ti spiace se mi pulisco quì?” quando Jenny sentiva le mie labbra sul collo diventava una maiala in calore.
“Mmmhmhh...! non vorrai farmi il culo brutto maiale? Lo sai che lì sono vergine” nel dire questo però si drizzò sulle punte dei piedi sporgendo il culetto in fuori, fu a quel punto che il mio medio imburrato le scivolò dentro come una supposta. Ebbe una leggera contrazione, ma dopo un po’ si rilassò, carezzandola con l’altra mano, la lavorai ancora un po’, stava cominciando a leccarsi le labbra “mi piace, però il tuo arnese non è come il dito mi farai male”
“Amore mio, male è l’ultima cosa che voglio farti, lo sai che ti faccio sempre bene” dopo aver estratto il medio ed averlo reimburrato per bene la feci poggiare con le braccia al top della cucina e cominciai a lavorarla prima con un dito, quando la sentii ben rilassata piano piano introdussi anche l’indice fermandomi ad ogni sua contrazione.
Quando la risentii gradire il trattamento riestrassi le dita per imburrarle ancora, ma non visto reimburrai ancora anche il cazzo. Quando mi riavvicinai lei spinse il culetto indietro per ricevere un’altra visita dalle dita, invece le poggia la cappella che scivolò subito dentro con facilità. “Hai visto amore, non ti ho fatto male, l’importante è che non ti contrai, fai finta di mettere una supposta” la stavo carezzando sui capezzoli e sui fianchi, le sussurrai in un orecchio slinguandolo: “Amore mio adesso sei tutta mia, veramente mi hai dato tutto di te”
A quella frase Jenny diede un colpo indietro impalandosi da sola “Ahaaahhaa! Brucia! Che male! Si amore eccoti la mia verginità” allungò un braccio e spense i fornelli, poggiò la testa sul top della cucina ed io cominciai a muovermi dentro di lei, con dolcezza ma deciso. Lei cominciò a sculettare “mi brucia, ma mi piace, sento il cappellone che mi striscia dentro” allungai una mano a cercare il clitoride per carezzarlo non prima di essermi bagnato due dita dentro di lei.
Accelerai lentamente e progressivamente le spinte “mi piace, mi piace, bello, bello, come ti sento duro amore, inculami inculami dai dai, mmmmmhhh” “Luucaaaaa! Vieni a vedere un vero uomo, cooorri” a me “Spaccami tutta, sfondamelo, più forte, più forte mmmhhm! Amore se sapevo che era così bello te lo davo prima”
Adesso stavo inculandomela proprio violentemente, non scorderò mai l’espressione di Luca, arrivò bloccandosi impietrito sulla porta, gli scivolò il bicchiere d’aperitivo, gli cadde la mascella, sbarrò gli occhi e si impietrì.
Jenny urlava come una forsennata: “Vedi mi sta inculando come un vero toro da monta, tu solo pugnette ti puoi fare guarda, guarda bene come mi sbatte!” Stavo menando colpi a tutta forza, ad ogni botta le sobbalzavano le tette sulla cucina, ogni tanto mi fermavo sempre ben piantato dentro di lei per carezzarle le natiche ed i fianchi e diciamoci la verità per riprendere fiato, poi riprendevo a pistonarla lentamente facendole sentire tutta la lunghezza del cazzo.
“Mi stai inculando divinamente amore per questo ti amo dai spaccami ancora il culo, fammi sentire quanto sono troia, la Tua troia solo tua ogni volta che vorrai, dimmelo che sono il Tuo troione” le venni dentro avvinghiandola per i fianchi.
“mhhmmm...! com’è caldo! Mi stai facendo un clistere?!!! Vita, vita mia! Quanto ne hai?!!”
Nel tirarsi su si accorse di Luca ancora sulla porta, si era tirato fuori il mignon e si stava smenando con due dita.
“Quando hai finito con quella pellecchia pulisci tutto ed apparecchia, io ed il mio Uomo andiamo a rifare la doccia ed oggi si pranza un po’ più tardi”
Continua...

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