ERZÄHLUNG TITEL: Una settimana impegnativa 
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ERZÄHLUNG

Una settimana impegnativa

by MisterFive
Gesehen: 17 Mal Kommentare 0 Date: 14-07-2025 Sprache: Language

L'infatuazione per Alessandro era un fuoco che bruciava con una fiamma intensa, una passione profonda che mi riempiva. E anche Pippo, la mia ultima scoperta lavorativa, aveva aggiunto un sapore inebriante alla mia vita. Ma la mia sete, la mia dannata, insaziabile sete di dominio e di nuove esperienze era una bestia che non si saziava mai, un abisso che chiedeva di essere riempito con nuove, eccitanti trasgressioni. E così, anche se frequentavo Alessandro e mi divertivo con Pippo, decisi di regalarmi un'emozione di coppia, una che potesse coinvolgere anche Matteo, ma a modo mio. Volevo dedicargli un'intensa settimana di sottomissione, una settimana che avrebbe raggiunto il suo culmine con un incontro con Federico, una vecchia conoscenza che però non avevo mai approfondito nonostante il suo interesse e che prometteva nuove, inebrianti esperienze. La mia volontà era legge, e Matteo, il marito cuckold, non aveva voce in capitolo. Non aveva mai avuto voce in capitolo, in fondo.
Ogni nuova

conquista

di Giada era una fitta al cuore, un'altra conferma della mia impotenza, del mio ruolo. Pippo era stato un altro chiodo sulla bara della mia normalità, e ora Federico... era l'ennesimo. Sentivo la solita fitta di gelosia, il timore che i confini si dissolvessero, che la nostra

normalità

si sbriciolasse del tutto. Ogni volta che Giada si preparava per uscire con uno dei suoi amanti, sentivo un'angoscia acuta, ma al tempo stesso il mio pene, ingabbiato, pulsava con un desiderio perverso e inconfessabile. Ero diventato un prigioniero della sua libertà, e la cosa mi eccitava in un modo che mi faceva odiare me stesso. La sua decisione di dedicarmi una

settimana di sottomissione

mi riempiva di terrore e di un'eccitazione che mi faceva tremare.
La domenica sera, diedi a Matteo il programma della settimana. Non troppi dettagli, solo abbastanza per lasciarlo sulle spine, per fargli immaginare le torture e i piaceri che lo attendevano.

Matteo,

dissi, la mia voce un sibilo sensuale,

questa sarà una settimana indimenticabile. Per te, ovviamente. E per me.

Gli ingabbiai il pene con la gabbia di castità di metallo, la chiusi a chiave con un sorrisetto soddisfatto, e misi la chiave al collo, una prova tangibile del mio controllo.

Così eviterai di sprecare le tue energie inutilmente,

gli dissi, accarezzandogli il membro imprigionato,

voglio che tu sia carico per la fine della settimana.


Ogni mattina, quando mi alzavo dal letto, ancora calda e umida dai sogni erotici, chiamavo Matteo in bagno.

Vieni qui, mio schiavo,

gli ordinavo, la mia voce un ringhio seducente,

oggi c’è qualcosa che tu berrai in mio onore.

Mi posizionavo sopra il wc, le gambe leggermente divaricate, la mia vulva esposta. Matteo si inginocchiava, in attesa. Urinavo, un getto caldo e abbondante che riempiva la flûte. Lui inghiottiva ogni goccia, gli occhi chiusi in un'espressione di sottomissione e un perverso piacere. Una volta finito, gli ordinavo:

Ora pulisci la tua Regina.

E lui, con la sua lingua, puliva ogni traccia della mia urina dalla mia vulva, assaporando il mio sapore.
Le sere erano dedicate al mio piacere, e al suo tormento. Dopo cena, in salotto o in camera da letto, mi lasciavo massaggiare da lui, le sue mani esperte che percorrevano il mio corpo, accarezzando la mia pelle, stimolando i miei sensi. Poi, passavamo alla parte più dura.

Prendi le fruste, Matteo,

gli ordinavo, la mia voce che si faceva più scura, più autoritaria. Dedicavo a Matteo ampie sessioni dolorose con le mie fruste. Il frustino da cavallerizza sibilava nell'aria, lasciando strisce rosse sulla sua schiena, mentre il gatto a nove code sferzava la sua pelle con precisione, facendolo gemere. A volte, per aumentare il suo disagio e il mio controllo, gli inserivo un plug anale nel didietro, un corpo estraneo che gli ricordava costantemente la sua disponibilità, la sua apertura a ogni mio capriccio. Ogni sessione era un'escalation di dolore e piacere, un modo per ribadirgli chi era la padrona.
Ogni mattina, l'odore dell'urina di Giada nella mia bocca, la sua calda umidità che dava il buongiorno, era un rituale di umiliazione e un piacere perverso. Sapevo che ero solo il suo strumento, ma il sapore di lei, il suo odore, mi accendevano in un modo che non potevo controllare. Le sere erano una vera tortura. Le frustate mi bruciavano la pelle, ma i suoi occhi, il suo sorriso, il suo tono imperioso, erano peggio. Il plug anale, una volta inserito, mi faceva pulsare il culo, un ricordo costante della sua totale dominazione. La gabbia mi teneva prigioniero, e la sua chiave al suo collo era un monito costante del mio destino.
Finalmente arrivò il sabato, il giorno culminante della settimana. Avevo un appuntamento con Federico.

Matteo,

ordinai,

oggi farai da autista. Ci porterai dove abbiamo deciso di fare un book fotografico, e poi in albergo.

Durante il viaggio, con Matteo alla guida, io e Federico ci scambiammo baci profondi sul sedile posteriore, le mie mani che esploravano il suo corpo, i miei gemiti che riempivano l'abitacolo. Ci prendevamo gioco di Matteo, sussurrando commenti maliziosi su di lui, ridendo dei suoi sospiri affannosi.

Matteo sta guidando così bene, non credi, amore?

dicevo a Federico, con un tono che Matteo non poteva fraintendere.

È un bravo schiavo, vero?


Arrivati sul luogo del book fotografico, un posto appartato e suggestivo, diedi la macchina fotografica a Matteo.

Tu farai il fotografo, Matteo. Vogliamo immortalare la mia bellezza, la mia libertà, e la tua sottomissione.

Mentre Matteo inquadrava e scattava, io e Federico ci dedicammo ad amoreggiare con disinvoltura. Mi offrii in pose splendide, la mia figura nuda e turgida, per abbagliare Matteo e Federico con la mia bellezza. Federico mi baciava con foga, la sua mano che esplorava il mio corpo, i suoi occhi che si incontravano con quelli di Matteo in un gioco di sfida e possesso. Sapevo che ogni scatto era una lama nel cuore di Matteo, ma anche una droga perversa che lo teneva legato a me.
Dopo il book, Matteo ci riportò in auto verso l'albergo. Il viaggio fu un'altra tortura deliziosa per lui. Sul sedile posteriore, io e Federico continuammo ad amoreggiare, i nostri corpi che si strusciavano l'uno contro l'altro, i nostri baci che si facevano più ardenti.

Matteo,

gli urlai, quasi, dal sedile posteriore,

non rallentare, mio schiavo! Siamo così eccitati che non possiamo aspettare!

Le sue mani sul volante tremavano, i suoi occhi che mi spiavano dallo specchietto retrovisore.
Arrivati in albergo, fui costretto a portare le loro borse. Nella stanza, Giada mi disse, la sua voce un ringhio seducente,

goditi lo spettacolo, mio schiavo.

Mi posizionò in un angolo, ingabbiato e immobile, come una statua, condannato a guardare.
Quella sera, l'albergo divenne il nostro palcoscenico, e Matteo, il nostro spettatore ingabbiato. Federico mi prese con una foga selvaggia, i nostri corpi nudi che si gettavano l'uno sull'altra in un sesso esplosivo. I miei gemiti riempivano la stanza, le mie unghie che si conficcavano nella sua schiena. Federico mi penetrava con una violenza sensuale, i nostri corpi si fondevano in un ritmo primordiale. Ci fu sesso orale intenso, con me che gli succhiavo il cazzo con una voracità che fece urlare Federico di piacere, un suono gutturale che riempiva la stanza. Le posizioni cambiavano rapidamente, i miei gemiti che riempivano la stanza, mentre Federico mi prendeva da ogni angolazione, possedendomi completamente. Infine, Federico raggiunse il culmine, venendo abbondantemente sul mio petto, un'esplosione di piacere che mi lasciò esausta ma profondamente appagata. Il suo sperma caldo e denso colava sui miei seni, e io mi crogiolavo nel mio trionfo.
Ogni suono, ogni immagine, ogni goccia di seme che scivolava sul suo corpo era un tormento. Ero immobile, ingoiavo tutto. Il suo sperma sulla sua pelle, i suoi gemiti, le sue urla di piacere... mi sentivo a pezzi, svuotato, ma al tempo stesso una perversa, profonda eccitazione mi pervadeva.

Matteo,

dissi, la mia voce vellutata,

vieni qui. C'è un'ultima cosa che devi fare.

Con un cenno, indicai il mio petto, ancora macchiato del seme di Federico.

Leccherai tutto, mio schiavo. Pulirai il mio piacere.

Matteo obbedì, la sua lingua che puliva ogni traccia del seme di Federico dalla mia pelle, gli occhi che brillavano di un misto di disgusto e una perversa, profonda soddisfazione. Era il suo sacrificio, il suo atto finale di totale sottomissione.
Quando tornammo a casa, ero al limite dell'esaurimento. Ogni fibra del mio essere gridava basta, ma la mia sottomissione era totale. Giada, con quel sorriso di trionfo che mi torturava, mi concesse di togliere la gabbia e di masturbarmi. Fu un atto liberatorio, certo, un orgasmo che si mescolava a un profondo senso di vuoto, di sconfitta, ma anche di una strana, perversa pace. Questa intera settimana, questo fottuto capitolo, fu un punto di rottura nella nostra coppia; l'ultimo barlume di normalità si era spento. Il

richiamo della foresta

mi aveva spinto oltre ogni limite immaginabile, e la mia sottomissione, sebbene totale, era ora intrisa di una profonda, quasi insostenibile, sofferenza. Ero un guscio vuoto, riempito solo dal desiderio di servirla, di compiacerla, di essere suo, in ogni modo che lei volesse.
Mi sentivo ormai onnipotente. Avevo trovato un nuovo equilibrio, un modo per soddisfare la mia crescente sete di avventura e mantenere Matteo al suo posto, un vero e proprio burattino nelle mie mani. La relazione con Alessandro continuava, solida e appagante, Pippo era una distrazione piacevole, e Federico aveva aperto nuove prospettive, nuove sfide. Matteo, il mio schiavo, era ora una tela bianca su cui dipingere nuove, più audaci, fantasie. Il suo

richiamo della foresta

si era evoluto, diventando un coro di voci e di piaceri, e io ero pronta a dirigere la sinfonia. Il mio regno di piacere era appena cominciato, e Matteo, ora più che mai, ne era il suo fedele, perverso, custode.

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