STORY TITLE: UN'affollata luna di miele - parte 5 
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UN'affollata luna di miele - parte 5


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UN'affollata luna di miele - parte 5

by MirellaMarco
Viewed: 844 times Comments 10 Date: 03-09-2024 Language: Language

Mirella, Marco e ancora Ramon che si dà da fare

“Ti va se ce ne stiamo in camera, questa sera? Ci facciamo portare da mangiare come a colazione”.
Marco ne fu sorpreso, ma lo nascose alla moglie.
“Davvero non vuoi uscire? Se non ti va la taverna, possiamo farci prestare la macchina”.
“Preferisco qui, dopo tutto”.
Lo aveva detto con un’aria sibillina e pensosa che a Marco, alle prese con il condizionatore, sfuggì. Erano rientrati da poco e il sole stava iniziando a tramontare del tutto. Intorno, si sentivano solo i camion passare sulla strada principale, mentre dalla taverna non proveniva alcun suono. Il motel, poi, sembrava deserto e come abbandonato.
Marco cercò Pedro per ordinare la cena, ma non lo trovò. Era nella taverna, insieme con i pochi avventori di quella sera. Anche il locale sembrava desolato e spoglio. Morena salutò l’italiano con un sorriso gioioso, mentre Pedro si limitò a un cenno del capo. Ramon era sulla porta principale a fumare una sigaretta e sulle prime non si accorse di lui. E quando lo vide lo ignorò.
“Solo, questa sera?”, gli chiese Pedro.
“Mangiamo in camera, decisione di mia moglie”.
Il portiere sembrò scettico verso quella scelta, ma si limitò a fare una sorsata di birra.
“Ci pensiamo noi, vero Pedro? Cosa vi prepariamo?”.
“Quel che c’è, ma vai sul leggero, Morena”.
“Ti dovresti sostenere, campione, con le notti che fai”. Se era una provocazione arrivò blanda a Marco, anche perché Pedro l’aveva accompagnata con una strizzata d’occhi che sembrava più bonaria che polemica. Alla ragazza giunse più diretta, ma scrollò le spalle.
“Vino?”
“Solito bianco”.
“Mezz’ora e ci siamo”.
La mezz’ora divenne un’ora più che abbondante, il pasto leggero un’insalata di polpo e un astice intero, diviso a metà e ornato da maionese, che troneggiava tra le papas bravas e le carote, mentre il solito bianco si era trasformato in una cava spagnola di discreto pregio. Alla camera 12, poi, non fu Pedro a bussare con il vassoio, né Morena. Fu Ramon.
“Vado io ad aprire”.
Quando Mirella se lo trovò davanti, si mostrò sorpresa, anche se lo aveva visto arrivare dalla finestra che dava sul cortile.
“Entro o metto sul tavolino?”.
“Lascia. Magari mangiamo sul patio, grazie”.
L’uomo appoggiò il vassoio e lentamente si rialzò. La squadrò con occhi beffardi, ignorando completamente le mammelle che si intravedevano dalla larga canottiera.
Lei sostenne lo sguardo e ripeté: “Grazie, ottima cena. Bastava la metà”. E si abbassò per prendere una rondella di carota dal piatto.
“A fine pasto, mischiate lo spumante con il brandy che vi ha portato Morena. Non solo cura le sbornie, ma le previene anche, parola mia”.
Mirella lo lasciò parlare senza fiatare, appoggiata mollemente con la schiena alla parete, un piede sopra l’altro.
“Altri consigli?”.
“Magari vieniti a fare un giro al bar, dopo”.
“Mi basta qui. Del resto, chi mi vuole mi trova, a quanto pare”.
“Lo so io il gioco che giochi”. Non si attendeva risposta, ma gli arrivò.
“E quale? Voglio solo cenare in pace”, replicò portandosi la carota alle labbra.
Non le diede il tempo di reagire: le fu addosso in un attimo e le affondò la lingua in bocca, prima che ci arrivasse la radice arancione. Lo lasciò fare per un po’, poi lo morse.
“Stronza”.
“Vigliacco”.
“La prossima volta ti avviso”.
“Farai bene” e fece per entrare. Marco, da dentro, non poteva veder tutto, ma aveva colto l’essenziale. Ramon, andando via, gli fece un cenno del capo e il gesto di segnare sul conto.
Cenarono al chiuso vicino alla grande finestra e bevvero tutto lo spumante. Dalla taverna arrivava a tratti la musica del jukebox e si avvertiva un brusio molto sommesso solo se ci si avvicinava alla porta. Poi fu il silenzio totale. Almeno fino quando non si sentì nitida la voce di Ramon che cantava in sordina, accompagnato dalla chitarra. Era ai piedi del patio, seduto su uno sgabellino e aveva tutta l’aria di voler restare lì.
“Lo facciamo entrare? Siamo rimasti senza vino e vedo che ne ha due bottiglie”.
Marco rispose, in qualche modo? Non se lo ricordava. Del resto, era solo un dettaglio insignificante.

In tre, si scolarono anche la seconda bottiglia di vino, ma prima che attaccassero la terza, Mirella e Ramon si erano già baciati almeno un paio di volte e sussurrati cose all’orecchio, sfiorandosi e palpandosi. Il brandy unito allo spumante preveniva forse le sbornie, forse, ma di sicuro dava piacevolmente alla testa così come i balli lenti e sensuali che la donna aveva alternato con i due uomini a turno e poi a tre, muovendosi nel mezzo dei loro corpi. Nella penombra densa della stanza si mescolavano muscoli tesi e lunghi di maschio a membra sinuose e rotonde di femmina, in una girandola lenta e ammaliante che stordiva per primi gli stessi protagonisti e incantò Pedro, appostato di fianco. Andavano avanti così da un po’, quando Mirella, forse memore del blocco di Semwa, si accostò all’orecchio di Marco.
“Ma con tutto ‘sto vino, non devi fare pipì?”.
In effetti doveva e poiché l’aveva conservata a lungo si prese tutto il tempo. Passando, mise un telo da mare sullo specchio.

Appena il marito fu fuori gioco, la canottiera larga di Mirella volò via, e così gli short e gli slip. A sfilarglieli baciandola con veemenza e toccandola nel profondo dell’intimità, era stato lo stesso Ramon, che capiva di dover fare in fretta. Solo quando lei fu nuda, pensò a sé stesso. Si sfilò maglietta e pantaloni e restò nudo, dritto ed eretto al centro della stanza.
Mirella gemette per la sorpresa. Non ne aveva mai visto uno così e sì che ne aveva visti tanti nella sua pur giovane vita. Non era solo di una stazza decisamente fuori dal comune, ma era percorso da vene e nervi che correvano per tutta l’asta e puntavano a un glande carnoso e protervo. L’impressione di potenza di quell’arnese era dettato più che dalla lunghezza, non meno di 20 centimetri in ogni caso, dalla larghezza. Mirella emise un altro gemito che era insieme di spavento, impazienza e piacere anticipato. Se lo sentiva già squassarle il ventre e se lo vedeva soffocarla, mentre con la lingua ne percorreva ogni singola vena.
Anche Marco, appena fu uscito dal bagno, non riuscì a staccare gli occhi da quel membro che aveva ribadito la gerarchia in quella stanza: un maschio alfa pronto a prendersi la donna alfa di un maschio beta il cui unico ruolo poteva essere assistere e al massimo far in modo che le cose andassero per il meglio.
“Ti piace?”, chiese Ramon con voce rauca. Anche lui era sopraffatto dall’eccitazione. Averle scavato poco prima la vagina fino all’utero con le dita lo aveva caricato all’inverosimile. Voleva possederla, farla urlare non aveva detto che urlavano tutte con lui? , piegarne l’arroganza a colpi di anca e di pube.
Mirella si limitò a guardarlo negli occhi. Mentre si avvicinava all’oste, sorrise, con una luce quasi diabolica negli occhi, all’indirizzo di Marco. Quando fu di fronte all’uomo, gli prese il membro nella mano destra e quasi facendo perno su quel bastone di carne si piegò in avanti per divorarlo. Glielo succhiò avidamente in quella posizione mugolando e riprendendo fiato a momenti alterni, finché non si inginocchiò davanti a lui, con lentezza, come vinta da una forza che la stava sopraffacendo. Poggiate le ginocchia sulla moquette, si sedette sul suo stesso culo e si appoggiò scroto e asta sulla testa, non senza aver guardato di nuovo Marco che a quella vista sussultò con lo stomaco in preda a un vuoto improvviso. Mirella non potette vedere il marito che cercava l’aria a bocca spalancata. La sua attenzione era calamitata da altro. In quella posizione lo scroto di Ramon, perfettamente rotondo e senza un pelo, le sembrò ancora più potente e desiderabile. Lo leccò a lungo, mentre lui allargava le gambe per renderle il compito più semplice, prima di occuparsi di nuovo del membro con una dedizione metodica ed evidentemente efficace a sentire i grugniti di piacere del barista. Prima lo leccava tutto intorno al grande, che poi prendeva in bocca stringendolo e titillandone il filetto con la lingua, poi scendeva lungo tutta l’asta, risaliva e finalmente lo inghiottiva quasi per intero ondeggiando con la testa in un avantiindrè mai troppo lento e mai troppo veloce.
Marco si lasciò cadere sulla poltrona con gli occhi fissi su quello spettacolo con crescente ammirazione per la moglie che andava di pari passo a una gelosia divorante e allo stesso tempo eccitante. Se si fosse solo sfiorato sarebbe venuto. Non era la prima volta che vedeva la moglie impegnata in una fellatio ad un altro uomo, ma in quel momento scorgeva qualcosa di nuovo e mai successo. Lei sembrava essersi sottomessa a quella virilità, volerla adorare e omaggiare come mai aveva fatto con nessun altro. Gli sguardi iniziali verso Marco si erano ridotti fino a ignorarlo del tutto. Il marito non c’era. Esistevano solo la sua bocca e quel cazzo possente.
Ramon le prese la testa e ne accompagnò i movimenti per un po’ finché non si interruppe bruscamente, con una specie di ruggito.
“Ferma bocchinara, feeeerma o mi fai venire”, sussurrò a voce così bassa che Marco potette solo intuire quel che l’uomo aveva detto, ma sentì bene quel che disse dopo.
“Ti voglio venire in gola, ma dopo, ti devo prima aprire tutta”.
Usava un linguaggio crudo, fin troppo confidenziale, che Mirella di solito non accettava da estranei. Anche questo sorprese Marco. Aspettava il momento per unirsi alla scena, ma capiva che per lui non c’era ancora posto.
Ramon alzò Mirella quasi tirandola per le spalle e la spinse da dietro verso il letto. Lei lasciava fare, docile e soggiogata. Si lasciò anche girare con il viso verso l’uomo che quando se la ritrovò davanti non potette resistere a baciarla con foga e si lasciò poi aprire le gambe per le caviglie, dopo che era caduta sul letto. Ramon si puntò con le ginocchia, la sollevò di qualche centimetro e infine la penetrò con decisione. Mirella diede una specie di urlo soffocato, ma un attimo dopo gemeva e si contorceva come Marco non aveva mai visto farle. Quante volte venne? Perse il conto e non aveva senso tenerlo: passava da un orgasmo all’altro e quello successivo sembrava più potente di quello precedente. Teneva le braccia allargate sul letto e la testa rivolta verso l’uomo, gli occhi fissi nei suoi con un sorriso che era a metà tra la sfida e la gratitudine. Guardò Marco una sola volta, quando Ramon la fece girare e mettere a quattro zampe per penetrarla da dietro. Marco interpretò quello sguardo come un invito a unirsi. Si avvicinò alla moglie con il membro durissimo e sul punto di scoppiare e quando le fu vicino glielo porse per farglielo succhiare.
Lei lo guardò vacua, come assente. E disse una sola cosa: “i piedi”.
Marco non capì all’inizio e stava per chiederle cosa volesse, ma gli sembrò grottesco porle domande mentre un maschio la stava squassando e lei ansimava come una gatta che fa le fusa.
Poi capì e il suo stomaco precipitò in un altro vuoto abissale. Questa volta non era la sorpresa, ma sincera umiliazione. Mirella voleva che lui le leccasse i piedi mentre veniva scopata. Era quello il suo ruolo in quella stanza, al momento, niente di più. L’alternativa era andarsene o interrompere quell’amplesso sempre più selvaggio. Ebbe ancora un attimo di esitazione, ma sapeva già cosa fare. Andò dalla parte opposta del letto, si abbassò e iniziò a leccare la pianta del piede destro della moglie con il capo che ogni tanto veniva sfiorato dalle gambe dell’uomo, che continuava a martellare la moglie con colpi secchi e potenti.
Non era ancora passato a occuparsi del piede sinistro che era già venuto. L’umiliazione subita, i gemiti della moglie, la padronanza di quell’uomo estraneo, il contatto della sua lingua con la pelle liscissima e saporita delle piante della moglie lo portarono al parossismo. Non potette trattenersi dal toccarsi il glande ormai torrido. Tre scrollate e inondò la moquette ansimando e aumentando il ritmo e la profondità delle leccate. Quando si riprese si spostò per raggiungere l’altro piede, ma non durò a lungo. Anche Ramon ne aveva abbastanza.
“Voglio venirti in gola”, disse semplicemente, l’oste.
Lei non se lo fece ripetere: si sedette prima sulla punta del letto, poi si inginocchiò per masturbare l’uomo e per leccarne ancora il glande. Si prese del tempo, non voleva accelerare le cose e voleva che Marco guardasse bene. Gli fece segno con la mano di avvicinarsi e di mettersi in ginocchio anche lui, di lato. Voleva che il marito vedesse bene quel che stava per succedere. Preso forse dall’orgoglio o solo per semplice comodità Marco, invece, si sedette sul letto ipnotizzato dalla bocca della moglie che mangiava quella verga pulsante che ora sembrava anche più grande.
All’improvviso Ramon si drizzò sulla punta dei piedi, sollevando i talloni da terra, e fu il diluvio. Il suo orgasmo fu un dilagare di piacere che colpì Mirella al volto, sui capelli, sul seno, sulle spalle, sulle labbra e naturalmente in bocca. Era uno sperma denso, caldissimo, cremoso stranamente dolce, come avesse aromi di frutta.
L’uomo accompagnava i fiotti con degli “ahaaa” rochi e poderosi che rimbombarono nelle orecchie di Marco.
Mirella, quando anche l’ultima goccia fu uscita, ripulì il glande con accuratezza e lo baciò. “Mi hai fatto morire” disse e si stese sul letto.
“Ma non ha ancora finito con te”, minacciò l’uomo sistemandosi di fianco a lei. Le baciò i capezzoli, poi la bocca e si strinse a lei.
Marco era ancora seduto, spalle alla coppia. Sembrava assalito da una stanchezza invincibile. Fu Mirella a destarlo dal torpore con una richiesta che gli arrivò come uno schiaffo.
“Vammi a prendere della carta igienica. Non vedi che sono tutta imbrattata di maschio?”. Sarebbe bastato dire “imbrattata”, ma ci aveva aggiunto di “maschio” come a voler sottolineare ancora una volta i ruoli in quella stanza. 
Stupidamente, ma se lo sarebbe rimproverato solo dopo, alzandosi per andare in bagno non trovò di meglio da rispondere con un “no, non ho visto”. Portò l’intero rotolo e ritornò in bagno. Aveva bisogno di una doccia. La sua pelle era torrida e bagnata di sudore, come se fosse stato lui a martellare la moglie o a subire le martellate che lei aveva subito. Quando tornò nella stanza, ancora bagnato, i due stavano limonando. Ramon era di nuovo in erezione. Il suo pene tra le mani di Mirella era tornato in ottima forma e pronto a prenderla ancora.
E infatti passarono solo dieci minuti prima che Mirella si ritrovasse ancora con la vagina piena di quella carne nervosa e durissima, ma prima di farlo si concesse al marito, che sistematosi sul letto dalla parte opposta di Ramon, le baciava schiena, collo bocca, seni e quasi la implorò di scoparla. Poteva rifiutarsi? Anche se si sforzò di non darlo a vedere, era evidente che Mirella fosse impaziente di tornare a dedicarsi interamente all’altro uomo, al quale non mancò di prestare attenzione. Mentre il marito la penetrava la vagina da dietro, Ramon le riempiva la bocca sincronizzando il suo bacino a quello di Marco. Lei era in mezzo, priva di movimenti propri: beccheggiava, come una barca alla fonda, seguendo il ritmo che le imprimevano gli uomini. Era la fantasia di abbandono che aveva avuto fin dal momento che aveva deciso di darsi a Ramon e voleva viverla fino in fondo.
Appena Marco ebbe finito, riuscendo a staccarsi appena in tempo per non eiacularle nella vagina, Mirella si avventò letteralmente su Ramon. Lo baciava in bocca e gli stringeva le natiche affondandogli le unghie nella carne.
“Sfondami ancora, toro”, gli disse languida e quasi implorante. Scelse di cavalcarlo questa volta. Si sistemò sull'uomo dandogli la schiena, guardando fisso negli occhi Marco, che nonostante due venute era ancora in erezione.
“Leccami” gli ordinò quasi, anche se poi vi aggiunse un “amore”, che fece suonare la frase meno perentoria.

Marco non si fece pregare. Si inginocchiò ai piedi del letto e iniziò a picchiettarle il clitoride con la punta della lingua e a succhiarle le piccole labbra, fermandosi ogni tanto ad osservare come l’orifizio della moglie fosse teso intorno alla spessa asta dell’uomo e quanto fosse grondante di umori. Passò a leccarle anche l’ano, quando lei si fu girata per cavalcare Ramon nell’altro verso.
Poche leccate e Mirella lo spinse via, delicatamente, con la mano: non voleva più. Era troppo presa dal godimento che le stava dando il barista e ogni altra cosa la distraeva. Marco restò sul letto, a guardare da vicino e riprese a masturbarsi. Venne ancora con sua grossa sorpresa, mentre Mirella andava avanti a gemere e lanciare urletti di piacere. Si ripulì e decise che per lui non c’era posto in quella stanza. La verità è che aveva bisogno di aria fresca e di staccarsi un attimo da tutta quella carne sudata e vibrante. Si versò una generosa dose di brandy e andò sul patio a bere e a fumare. Da fuori gli spasmi amorosi della moglie gli arrivavano un po’ ovattati, ma pur sempre vividi. Chiunque li poteva sentire.
Si addormentò sulla sedia, con la sigaretta ancora accesa nella mano e il bicchiere di brandy vuoto. Quando si svegliò il cielo era rosato e il buio della notte quasi del tutto vinto. Rientrò nella stanza, mentre Mirella stava finendo di ripulire con la lingua il pene dell’uomo che doveva essere appena venuto ancora. Poi gli appoggiò le labbra sulla bocca, per un bacio lungo, lento, profondo che diede a Marco un’ulteriore mazzata

“Dove eri finito?”, chiese in italiano al marito appena si accorse della sua presenza. “Questo toro mi ha sfondata per tutta la notte, sai?, uno spettacolo, ma non ne posso più. Ora voglio solo dormire” e si sistemò sul cuscino, sprofondando quasi subito nel sonno. Ramon le poggiò una mano sulle natiche, le strinse e poi si alzò dal letto.
“Femmina magnifica, amigo, magnifica” fece a Marco passandogli accanto. Si infilò i pantaloni e uscì senza girarsi. Marco abbassò le tapparelle e si stese sul lettino piccolo. Quello matrimoniale era un campo di battaglia devastato, con lenzuola grinzose, macchie umide e la forma del corpo di Ramon impressa nel materasso.



Mirella, Marco, Ramon e Morena

Benché fremesse dall’impazienza e dalla curiosità, Pedro si attenne agli ordini ricevuti il giorno prima ed evitò di bussare alla stanza numero 12. Verso le tre di quella giornata stranamente fresca, ancora una volta ci pensò Morena a farlo. A stento riusciva a reggere l'enorme vassoio per la colazione e anche lei bussò con i piedi come aveva fatto Pedro nei giorni precedenti. Nei piattini c'era cibo di ogni tipo, che sarebbe stato sufficiente a sfamare 10 uomini dopo una giornata di lavoro in miniera. Ma, soprattutto, c'era un'enorme caraffa di caffè. E fu su questa che i due sposi si buttarono per prima, chiedendone altro a Morena che li scrutava con uno sguardo curioso e sornione: erano svegli da un bel po’ e Marco aveva ripreso il suo posto vicino alla moglie. Morena scambiò un sorriso largo di intesa con Mirella, che era complicità femminile ma anche qualcosa in più, e uno più contenuto, a labbra serrate quasi, con Marco. Quando tornò, poco dopo, i due sposi avevano già fatto una veloce doccia insieme, durante la quale si erano più baciati che lavati, e stavano già mangiando di gusto, seduti al tavolino e rivolti verso il mare. Oltre al caffè e al latte, che prima aveva dimenticato, Morena aveva portato con sé anche Ramon.
“Posso?”.
Aveva in mano un mazzo di fiori coloratissimi e sottili e una piccola radio. “Ho visto che non ne avete una in questa stanza, che caprone mio cugino. È triste vivere senza la musica”.
Se Mirella fu sorpresa dall’improvvisata nessuno se ne accorse, mentre la faccia di Marco, era evidentemente turbata.
“Prendi una sedia”, disse lei con un tono serissimo e uno sguardo intenso che Ramon sostenne a fatica. “Anche tu Morena, ne abbiamo per cinque qui. Avete davvero esagerato stavolta. Più del solito”.
La ragazza sedette sul secondo lettino poiché le sedie erano solo tre e Ramon si mise di fianco a Marco, dal lato opposto a Mirella,. Parlarono di musica, della Galizia, della quale i tre spagnoli erano originari, del lavoro all’università dei due italiani, dell’oceano e del mare, di Goya e di Caravaggio. Ci fu anche un mezzo litigio tra i due cosiddetti cugini: Morena contestava a Ramon di non averla mai assunta e di pagarla in nero. Ramon si difendeva dicendo che in cambio le lasciava la massima libertà. Fu una discussione pacata alla fine: si vedeva che erano anni che la facevano. A calmarli ancora di più ci pensò lo spinello che Morena estrasse come per magia dai pantaloni e che si passarono tutti e quattro. Li interruppe Pedro con la scusa degli asciugamani puliti. Fu Ramon ad aprirgli e Ramon a mandarlo via con poche battute sussurrate, dopo avergli fatto lasciare la biancheria.
Pedro si allontanò mogio, senza tralasciare di guardare il telo sullo specchio. Che non osò toccare, benché avesse la voglia di strapparlo via. “Decidete pure voi, non mi intrometto, razza di maiali”.
“Grazie mille Pedro, sei sempre gentile”, si sentì almeno dire da Mirella, mentre usciva. Era sinceramente grata e sentì quasi della tenerezza per lui. Si alzò, tolse il telo dallo specchio, tornò verso il tavolo e baciò Morena, spingendola sul lettino e invitando Marco ad unirsi. Ramon se ne stette seduto a godersi lo spettacolo dei tre che si davano da fare concentrati sul corpo di Mirella, ma poi si alzò e quando lo fece la scena cambiò completamente. Mise le due donne a quattro zampe sul lettino e iniziò a leccarle alternativamente. Marco non ci mise molto a imitarlo e dargli il cambio. Si alternavano nel prendersi cura con la lingua di quelle due vagine esposte. Uno schema vincente che si ripeté quando dal cunnilingus Ramon passò alla penetrazione: le prendevano a turno, mentre le donne si cercavano tra loro e si baciavano, mangiandosi le lingue. Ogni volta che lo spagnolo entrava in una delle due, questa urlava di piacere. Non che Marco fosse inefficace, ma insomma, l’oste era un compressore inarrestabile e dotato di un ariete di sfondamento fuori dal comune. Anche Marco ne fu ammirato, tanto da concedersi una pausa caffè e sigaretta dentro la stanza, incapace di staccare gli occhi da quella scena. Non c’erano dubbi: quello era un toro. Quando Marco si riunì al gioco avevano cambiato posizione e trovò le due donne più aperte, più scivolose, più insaziabili. I maschi ogni tanto si fermavano esausti vivaddio anche Ramon aveva un limite le donne invece andavano avanti, dandosi piacere reciprocamente.
Per quanto tempo fecero l’amore? Non ne avevano idea. A fermarli fu, ancora una volta, Pedro che questa volta aveva una ragione validissima. Era arrivata la vettura dell’autonoleggio e c’erano da sbrigare le pratiche. Erano le 17.30, giusto in tempo per Ramon e Morena di occuparsi della preparazione serale della taverna, che fino quel momento era rimasta affidata al portiere.
Nel cortile c’era una BMW azzurro scuro che sembrava mantenere le promesse fatte al telefono dall’agente della compagnia. La consegna della nuova auto e il ritiro della vecchia durò poco. Furono più le scuse reiterate per la sorte dell’Opel che le istruzioni per la macchina nuova. Ma tant’è, ora avevano un’auto: c’era solo da capire quando partire.
“Domani?”.
Mirella si strinse le labbra con i denti, mentre si guardava allo specchio per sistemarsi i capelli dopo la doccia. Si prese un po’ di tempo per rispondere, ma quando lo fece ebbe un tono affermativo e definitivo.
“Che senso ha affrettarci ormai, la prossima settimana si torna ai nostri impegni. Non stai bene tu qui?”.
Stava bene lì Marco? In fondo sì, stava bene anche lui. Ma di certo era Mirella quella che stava meglio. Ne era sicuro.
Si presero tempo per prepararsi e fare due passi sulla spiaggia. La loro escursione durò un’ora al massimo. Un tempo più che sufficiente a Ramon per occuparsi della BMW.




Mirella e Ramon

La serata fu di baldoria vera alla taverna, tornata ad affollarsi quasi come nel fine settimana. C’era anche dei francesi tra gli avventori, uno dei quali faceva il ricercatore alla Sorbona nelle stesse materie di Marco. Parlarono a lungo dei loro interessi, standosene spesso fuori a fumare, ma alla fine la musica del jukebox, ma soprattutto quella della chitarra, delle maracas e dei bongo portati da alcuni avventori, finì per conquistare anche loro. Anche Pedro si lasciò andare e tirò fuori una voce baritonale nell’intonare un paio di canzoni tradizionali andaluse. Mirella ballò spesso al centro della sala contagiando in quelle sue danze senza criterio, sfrenate e un po’ lascive, le altre donne presenti: inconsapevolmente avvertivano il senso di felicità e libertà che esse esprimevano in maniera spontanea e quasi selvaggia. Ramon e Morena si occupavano della sala e con Mirella e Marco si limitavano a scambiare sguardi d’intesa e complicità. Ramon seguì Mirella un paio di volte fuori, accompagnandola a fumare, e capitava si strusciassero tra loro, come fidanzati. Marco guardava da lontano, ma sembrava più un amico che un fresco sposo. Gli piaceva quella situazione? Dipende da come la si prende: di quello che pensavano chi sapeva non gliene fregava nulla; della moglie, che di fatto si era accasata con un altro uomo, molto di più. La gelosia lo divorava, ma allo stesso tempo gli teneva i sensi in allerta in un continuo stato di eccitazione e di desiderio oltre che di ammirazione per la moglie. Adorava il suo modo di porsi al centro dell’attenzione e di lasciarsi credere presa, vinta. La conosceva fin troppo bene per non sapere che le carte le dava sempre e comunque lei, a prescindere dalle intenzioni degli altri, a partire da quelle del suo stesso marito. Era anche ora così? Ne era abbastanza certo, ma non l’esserlo del tutto lo faceva soffrire. Giocando così al limite, sul bordo del precipizio, il rischio di perderla giocando era concreto. Mirella guardava il marito guardarla e si beava delle sua inquietudine così come godeva delle attenzioni di Ramon, che si faceva sempre più protettivo e presente, quasi fosse lui il marito. Era una situazione nuova anche per lei: non aveva mai avuto due uomini di cui disporre in contemporanea e fuori dal letto. Quando, già fidanzata con Marco, frequentava il suo ex, i suoi due uomini erano separati, lontani tra loro e mai rivali, poiché entrambi sapevano con chi dei due lei avrebbe continuato la sua strada. Anche ora era chiaro, ma Ramon non era uno da raccontarsi di essere solo il secondo o l’altro. Stava a lei gestire la situazione e questo la eccitava ancora di più, così come la eccitava pensare che in realtà in quella taverna c’era il suo harem che comprendeva anche una bellissima donna e potenzialmente Pedro, che si sarebbe accontentato anche di un suo sputo.

La festa improvvisata andò avanti fino alle due di notte con ricambi di pubblico quasi continui. I gruppi o i singoli che andavano via erano stati sempre rimpiazzati da altri che arrivavano, ma passata la mezzanotte i ricambi avvenivano a ritmo sempre più lento finché non rimase quasi più nessuno. Mirella e Ramon erano fuori, già da un po’, a baciarsi in maniera quasi oscena, quando Morena salutò l’ultimo cliente, tolse il grembiule e li raggiunse per salutarli. “Domani ho da fare presto, mi spiace ragazzi”, disse a entrambi, ma in realtà guardava Marco che era sopraggiunto provando a sfuggire Pedro con il quale aveva passato l’ultima mezz’ora a scambiarsi battute salaci su temi inaspettati per due latini quali il calcio, le auto e le donne.
Quando Mirella e Ramon li videro si avviarono verso la stanza numero 12. Era chiaro che l’oste vi avrebbe passato anche quella notte.
Che cosa prese a Marco all’improvviso? Come se non se l’aspettasse, raggiunse la moglie e letteralmente la trascinò sulla veranda della stanza, anche se con delicatezza.
“Ma sei impazzito?”.
“Mirella, siamo in viaggio di nozze. Una notte insieme da soli, la passiamo?”.
“Ne passeremo tante, ma questa notte no e dopo ‘sta scenata non sarebbe in ogni caso la notte che vorresti”.
“Ti rendi conto che mi stai facendo cornuto in luna di miele? Manca solo che ti fai scopare con il vestito bianco. Cazzo sembrate due fidanzati”.
“Dagli con ‘sto cornuto. Ti piace così tanto? E allora, va bene, lo sei due volte, anzi tre, perché lo eri anche prima di sposarmi”.
Mirella era evidentemente contrariata, quasi furente, ma si contenne e si calmò in un attimo, mente Marco fece finta di andare verso l’auto. Era un gesto come un altro per stemperare e uscire dalla situazione obiettivamente imbarazzante nella quale si era cacciato da solo. E infatti, ora ce l’aveva con sé stesso, più che con lei. Era stato orgoglio e chissà cosa, non lo sapeva. Sapeva però che quelle frasi alle quali non aveva pensato mai prima di dirle e le immagini che evocavano lei scopata con il vestito da sposa, lei che ha un fidanzato diverso da lui in luna di miele gli avevano procurato un’erezione di ferro. Come al solito, del resto, quando la cornutaggine, come lui la chiamava, gli si presentava di fronte. Era certo di amare la moglie anche perché il loro rapporto era così ed era certo di essere riamato da lei.
Ramon, che era rimasto in disparte con Pedro a qualche metro, evitò anche di guardare e raggiunse Mirella al cenno del capo di lei.
Pedro che non sembrava aver capito niente se non che anche quella notte ci sarebbero stati i fuochi d’artificio lanciò la proposta di un bicchiere della staffa in camera. La verità è che questa volta non voleva restare escluso dal party e si era inventato un modo per intrufolarvisi. A Marco sembrò una buona idea per prender tempo e quanto meno per ricomporsi.
“Ok, ok, buona idea. Andate a prendere da bere”, disse Mirella entrando in camera con Ramon.


Marco e Pedro

Quando la coppia di uomini tornò la porta era chiusa con il chiavistello.
“Ehi” fece Pedro, “che scherzo è?”
“La signora ha cambiato idea, fatti un giro Pedro”, disse Ramon da dentro.
“Non dire cazzate, fai entrare almeno me” fu la volta di Marco.
“Non posso”.
“Mi stai prendendo per il culo?”.
“Non avevo in mente te per questo, ma se ci tieni potrei farci un pensierino”.
“Mirella, sei d’accordo?”.
“La signora ha cambiato idea”, melodiò lei da dentro.
Marco guardò la porta come a soppesarla, ma non disse una parola. Sembrava stesse facendo dei calcoli.
“Non pensare nemmeno a provarci di sfondarla, caballero. Se non ti rompi prima una spalla ti scateno addosso tutta la Guardia Civil dell’Andalusia. La signora ha cambiato idea e mi sa che comanda lei, no?”.
Accompagnò le parole scuotendo il secchio delle pulizie pieno di ghiaccio e bottiglie di birra, con un pezzo di lardo posato in cima, come a dire “ne abbiamo per consolarci”.
Marco lo seguì verso la piscina, a testa alta, quasi volesse dissimulare, ma senza trattenersi dal girarsi ogni tanto verso la porta. Era stato messo in punizione dalla moglie per la sua scenata. O forse no: lei aveva già deciso che le cose sarebbero andate così. Quante volte avevano immaginato lei da sola con un altro. Del resto, con Attilio, il suo ex, non era stato già così? Lo avrebbe scoperto a suo tempo quando lei lo aveva deciso e a insistere ora si sarebbe solo reso più ridicolo.
Si sedettero sul bordo della piscinapozzanghera mettendo i piedi a mollo.
“Alla tua, amigo” gli disse Pedro passandogli una bottiglia stappata con i denti. “Pensavo di usare il cavatappi della stanza e non ne ho portato uno, ma tanto…”.
“Alla tua Sancho”, replicò Marco scatenando la risata del suo compagno.
“Mi gusta Sancho. In fondo ci manca solo il ronzino e siamo perfetti”.
Andarono avanti un po’ a scambiarsi punti di vista sulla vita, barzellette e silenzi che avevano da dirsi in fondo alle tre di notte? per un’oretta, mentre dalla stanza arrivavano gemiti, sospiri e urletti di piacere.
“Certo che la privacy è un altro pezzo forte del tuo resort deluxe” si sentì di commentare Marco.
“Dovevo insonorizzare meglio, dici? Ma non sempre capitano clienti così porci, con rispetto parlando, e ho messo i lavori di isolamento acustico al terzo posto, dopo la Jacuzzi ultimo modello e la tv a 80 pollici in ogni stanza”.
“Fossi in te, penserei a rivedere la lista, albergatore”.
Precipitarono di nuovo nel silenzio, che Pedro pensò a rompere dopo un altro gemito di piacere che si era levato nel cielo stellato sopra il rumore dell’oceano.

Amigo mio siamo nella stessa situazione io e te, siamo uguali, non te la prendere”.
“Sei cornuto anche tu? Perché io lo sono”.
“Eheeee, ne ho avuto la mia parte anch’io. Pensa che una volta beccai la mia ex moglie con un cliente e un lavorante che se la scopavano a turno in una delle stanze, tenendola legata al letto con un guinzaglio… Quando mi vide, lei pensò solo ad aggiustarsi il collare intorno al collo e a dire “cazzo ci fai qua, non dovevi tornare domani?”, mentre il lavorante saltava via dalla finestra. Avevo dei lavoranti una volta, sai? Comunque… il fatto è che a te piace, amigo mio, li conosco quelli come te, io mi incazzavo davvero e insomma, va là, non è questo che ci rende uguali, non le corna”.
“E per cosa saremmo uguali?”
“Quello che conta in questa faccenda è chi sta davanti e chi dietro la porta di quella camera da letto. Noi siamo fuori e senza figa, accontentandoci di sentire soltanto come gode quella santa donna, ubriacandoci come vitelli piagnucolosi”.
“Forse hai ragione tu Pedro” disse Marco vuotando la bottiglia. Fu per prenderne un’altra dal secchio, ma ci ripensò.
“Basta birra tra poco vado in orbita con tutto ‘sto gas. Ma come fai a berne tanta Sancho e a non scoppiare?”.
“Scorreggio molto”, spiegò l’oste con una risata cavernosa che coprì anche i gemiti di Mirella.
“Quello a volte lo si capisce, credimi. Ma non credo funzioni così”.
“Che vuoi? La pancia mi resta piatta, anche se mangio un secchio di papas bravas all’aglio. Sempre stato così. Sono 69 chili da quando avevo 18 anni e non mi smuovo anche se mangio e bevo come tre uomini messi insieme. E se penso che a quell’età avevo anche un chilo di capelli ricci sulla testa posso dire di essere pure dimagrito”.
“Quante cazzate dici Sancho. Mica hai del vino o del whiskey?”.
“Solo birra amigo, quelli articoli lì li hanno al bar, ma mi sa che l’oste è impegnato e Morena ha chiuso la porta”.
Marco afferrò con decisione per il collo un’altra Estrella e ne prosciugò la metà in una sorsata, con disgusto e rassegnazione.
Nel cielo, in alto, passava un aereo verso Ovest, verso l’Oceano aperto e l’America. La nostalgia delle cose non vissute assalì Marco, che seguì le luci del velivolo finché non si confusero con le stelle. Sentiva lo sguardo un po’ beffardo di Pedro addosso, ma non gli dava fastidio, né soggezione. Era un fatto e basta, uno dei tanti di quella notte e del suo strano viaggio di nozze.
A rompere il silenzio, fu di nuovo il portiere.
“Mi dici cosa ti piace del farti scopare la moglie?”.
Senza abbassare lo sguardo Marco sembrò pensarci su, ma conosceva già la risposta. E con sincerità diede quella.
“Mi arrapa e basta, non lo so”.
“Ne ho conosciuti tanti come te qui al motel e un’idea me lo sono fatta”.
“Il portiere di notte oltre a farsi le seghe sui clienti, si fa anche le idee a loro riguardo. Il Siglo d’Oro del teatro spagnolo non è mai morto…”.
Pedro, ignorando la dotta ironia dell’italiano, andò avanti per la sua strada.
“Siete tutti un po’ froci, ma non lo sapete o non volete ammetterlo. Vi fate prestare la figa dalle vostre donne e prendete il cazzo loro tramite. Nel corpo restate uomini, anche se cornuti, ma nell’anima siete checche e a tanti basta così. Altri, finiscono per fare pompini insieme alla moglie. Ne ho visti alcuni, sai?”.
“Da picaro a psicologo senza neanche uno scorreggio di mezzo a fare da separatore. Bel salto, Sancho”
“Non sottovalutare Sancho, caballero, ammesso per davvero che io sia lo scudiero e tu il Don. Ho fatto le scuole grosse a Salamanca, io” e sottolineò Salamanca con una s da serpente sibilante e una sorsata di birra.
“E poi, come sei finito alla Huelva?”.
“Quando capii che una cravatta al collo per otto ore mi avrebbe strozzato, ho mollato tutto senza finire. Meglio così, meglio picaros veri che finti contes”.
“Cosa studiavi?”.
“Lascia perdere, amigo, chi se lo ricorda”.
Non lo diede a vedere, ma Marco era sinceramente colpito. Provò a cercare sul telefono le facoltà universitarie di Salamanca, ma il telefono gli si spense tra le mani. Batteria esaurita. Come si sentiva esaurito lui, del resto.
“Non è che sto grand hotel ha un’altra stanza vuota solo per questa notte? Me ne andrei a dormire e nel mio letto non potrò entrarci ancora per un po’, penso”.
“Prendi quella a fianco”, propose Pedro, mentre un altro urletto di Mirella si mise in competizione con un antifurto scattato chissà dove in lontananza.

Per carità”.
“Hai ragione, amigo”.
“C’è quella dalla parte opposta del cortile, ma costa il doppio”
“Ma vaffanculo Pedro” replicò Marco avviandosi nella direzione indicata.
Il portiere scoppiò nella sua risata catramosa e non aggiunse altro che ”vai, fai bene, la porta è aperta, lo sono tutte. Eccetto una, ma tanto lo sai”. Poi pescò un’altra bottiglia dal secchio per le pulizie e si accese una sigaretta, che fumò con la schiena stesa sul prato acrilico, a braccia allargate. Sembrava un tacchino schiantato. Dovette pensarlo anche lui e con autoironia innescò la sua risata possente.
Il mattino dopo, cioè qualche ora più tardi, era rasato e pronto ad affrontare un’altra giornata. Marco invece dormiva e dormiva anche Mirella. Solo che lo facevano in due stanze diverse. Ramon era andato via abbastanza presto e nell’incrociare il cugino fece quasi finta di non vederlo. L’oceano era tornato a rumoreggiare e la BMW era diventata giallina: dall’alba soffiava un vento da Sud che portava frammenti di Sahara nel Regno di Spagna.

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