STORY TITLE: Il dopo cena 
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Il dopo cena

by Curiosi147
Viewed: 295 times Comments 0 Date: 11-05-2025 Language: Language

Appena salita in auto, lei si è seduta dietro, silenziosa, con le cosce strette e lo sguardo basso. Io ho fatto un cenno a Luca.

«Voglio che cominci tu.»

Luca non ha risposto. È semplicemente salito accanto a lei sul sedile posteriore. Io ho messo in moto, ma non mi sono ancora mosso. Volevo guardare. Volevo che lei sapesse che la mia attenzione era lì, sul suo respiro, sul modo in cui tremavano le sue mani sul vestito.

Luca le ha sfiorato la gola.
«Hai resistito bene a cena. Ma adesso non parli. Non ti muovi. Ti fai usare.»

Lei ha annuito. Le labbra aperte, il respiro più veloce.
Lui le ha aperto lo spacco del vestito, lentamente, come se fosse sua da anni. E forse lo era. Lo è. Ma solo quando io voglio.

Le dita di Luca sono scivolate tra le sue cosce. Non aveva bisogno di cercare: era già bagnata, calda, pulsante.
«Ti ha tenuta al limite tutta la sera, eh?» ha sussurrato. «Adesso te lo prendi.»

L’ha fatta inginocchiare tra i sedili, e l’ha guidata alla sua cerniera. Io la guardavo dallo specchietto. Occhi bassi, bocca aperta, obbediente. Come avevo ordinato. Le ho premuto di nuovo il vibratore. Lei ha sussultato, ma ha preso tutto in bocca.

Per i successivi minuti ho guidato lentamente, lasciando che Luca la usasse, che le parlasse sporco, che la tenesse lì con la testa premuta sulle sue cosce. Ogni tanto io le aumentavo la vibrazione, solo per vedere come reagiva mentre aveva la bocca piena. Non si è mai fermata. Non ha mai parlato.

Quando siamo arrivati a casa, Luca è sceso per primo. Io ho aperto la portiera dietro.

Lei era lì, le labbra lucide, le cosce tremanti.
Le ho teso la mano, e lei l’ha afferrata subito, come se avesse atteso quel contatto per ore.

L’ho fatta alzare in piedi con lentezza. Le ho sistemato un ciuffo dietro l’orecchio, poi le ho preso il mento tra le dita, costringendola a guardarmi.
«Hai fatto bene. Ma adesso appartieni a me.»

La sua bocca si è aperta appena, senza parole.
L’ho guidata dentro casa con una mano sulla schiena, salendo le scale piano, senza dire nulla. Lei mi seguiva in silenzio, con passo incerto, ma devoto.

L’ho portata in camera, l’ho fatta salire sul letto.

«Apri le gambe.»

Lei ha obbedito.
Luca si è seduto davanti al letto, io mi sono spogliato lentamente. Poi le ho legato i polsi alle sbarre della testiera. Una cinghia le ha tenuto la bocca aperta.
«Ora non devi parlare. Solo sentire.»

L’abbiamo presa insieme. Alternandoci. Guardandola mentre si dimenava, mentre cercava di trattenere l’orgasmo che le avevamo proibito. Il suo corpo era nostro. La sua volontà, spezzata. Ma nei suoi occhi… solo gratitudine.

Quando finalmente ho deciso che poteva venire, l’ho fatto con un solo ordine.
«Ora.»

E lei è esplosa. Con le gambe che tremavano, il respiro che si spezzava contro la cinghia.

Io e Luca ci siamo guardati. Soddisfatti.
Lei era lì. Distrutta. Piena. Ma sorridente.

E solo all’alba, le ho sussurrato:
«Domani si ricomincia.»

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