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Bambina

by domenica20
Gesehen: 101 Mal Kommentare 2 Date: 30-05-2023 Sprache: Language

Una volta, pochi giorni dopo la nostra prima conversazione, Dom mi scrisse: “Quando si parla di teorie esterne è facile. Quando coinvolge te, vai nel panico e regredisci a cinque anni… …ma fa parte della tua dolcezza, io lo trovo carino”.

Mi chiesi come uno sconosciuto potesse aver capito così bene e velocemente ciò che finanche io avevo difficoltà a rendere in parole. Gli risposi che la mia fanciullina proprio non voleva abbandonarmi. Il rammarico era percepibile, perciò Dom mi ricordò che la mia fanciullina non doveva mai lasciarmi (e fece riferimento alla contentezza del Pascoli a riguardo, sapiosessuale com’è). Mi scrisse che dovevo solo farla maturare e crescere, dovevo arricchirla, non ammazzarla.

Sono passati quasi tre anni da allora. Solo adesso ne scrivo perché solo adesso il seme delle sue parole sta germogliando in me. Alcune volte mi è sembrato di riuscire a vedere quella bambina nei miei occhi, attraverso lo specchio. Distoglievo lo sguardo, mi dicevo che dovevo dimostrare la mia vera età e la ricacciavo dentro, in gabbia, in punizione. Ho reiterato un vecchio meccanismo anche quando Dom era già entrato nella mia vita, nella mia mente e nel mio corpo. Ho chiuso gli occhi e ho pensato che sarebbe stato preferibile poter scappare.

Le cose sono cambiate quando io e Dom abbiamo iniziato a fare diversi discorsi collegati alla mia infanzia. Per motivi rilevanti nella nostra relazione, ma irrilevanti ai fini del racconto, ho sentito il bisogno e il desiderio di tirare fuori la bambina (e qui non mi riferisco all’immaturità o all’inconsapevolezza) che ho dentro. Lui era stato chiaro. Mi aveva detto che non dovevo ammazzarla, che dovevo arricchirla. E cosa ho fatto io a riguardo? Ho solo distolto lo sguardo.

Consapevole dell’errore compiuto, ho deciso di approcciare la mia fanciullina nel modo più gradito ai piccoli: ho preso a giocarci. Ho iniziato a darle voce. Sono partita dal superficiale, ossia l’aspetto, ma la parte più difficile è arrivata quando, non so neppure io bene come, mi sono ritrovata in profondità. Come al solito, la profondità è la parte che fa salire le lacrime agli occhi, che toglie il respiro. La bambina c’è, esiste, ha le sue paure e le sue pretese. Ritrovarmi davanti a lei, a lei che saltella per andare a vedere su quale binario arriverà il treno, a lei che mangia un gelato col papà, a lei che piange perché vuole solo essere protetta, a lei che ha paura perché non crede che possiamo farcela da sole è stato scioccante. Ma questa volta l’ho vista. Le ho dato spazio.

“Non è un racconto adatto a questo sito” / “Dom andrà via” / “Quando ne avrai bisogno, lui non ci sarà” / “Il finale è prevedibile”, potreste dirmi e avete detto. Eppure, vi dico che anche questo è BDSM. Tutto ciò è frutto di un non no che mi ritrovai a dire mesi e mesi addietro. Io ho davanti a me un cilindro, ma voi vedete solo un rettangolo perché è tutto ciò che la proiezione sul muro vi offre.

Perché lo condivido qui? Perché qualcuno o qualcuna potrebbe leggere, capire e, soprattutto, comprendere. Perché questi siamo noi e attraverso le parole potrete capirci più di quanto il mio culo possa lasciar trasparire (sebbene sia, ovviamente, di gran lunga preferibile e meno fraintendibile).

Dom dice che voglio fare sesso con lui perché penso sia quello a farmi crescere. C’è di vero che il sesso, se usato bene, può davvero cambiare le persone. Ma non è per questo che desidero Dom. Non è per questo che la notte vengo svegliata dagli orgasmi perché l’ho sognato. Mi sono legata a lui quando neanche mi era chiara la componente “crescita”. Mi sono legata a lui perché il filo già esisteva, andava solo assecondato. Qualsiasi direzione le nostre vite prendano, il filo continuerà a esistere e io continuerò a crescere.

Con Dom, adesso, potrò essere non solo la me stessa di adesso, ma anche la me stessa di allora. Potrò essere la bambina che ama il gelato, che ama le macchine e le moto, che ama viaggiare, che ama ballare e farsi scattare le foto. Potrò essere la piccola perversa polimorfa (e quando Dom leggerà, storcerà il naso, perché Freud proprio non lo ama) alla quale sto finalmente riconoscendo la libertà che ha sempre desiderato. Non vedo l’ora di condividerlo con lui.

“Dov’è che celi il tuo?” gli chiesi, alludendo al fanciullino.

“Come tutte le cose, avanti in mostra.”

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