ERZÄHLUNG TITEL: Sverginata dal padrone - La prima volta di Nica (Parte 2) 
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Sverginata dal padrone - La prima volta di Nica (Parte 2)


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Sverginata dal padrone - La prima volta di Nica (Parte 2)

by domenica20
Gesehen: 1446 Mal Kommentare 2 Date: 26-12-2021 Sprache: Language

...Completamente rapita, non mi ero resa conto che, nell’alzarsi, si era abbassato i pantaloni.

L’odore era familiare. Era passato molto tempo, così mi parve una seconda prima volta. Fu lui a spingere la mia testa sul suo cazzo, perciò mi sentii mancare il respiro.

Volevo dargli piacere. Mi piaceva tantissimo stuzzicare la cappella, mi piaceva ancora di più giocarci e baciarla, ma lui voleva che realizzassi il mio sogno: leccargli le palle.


Mi piacque farlo. Erano morbide e calde.

Alzai lo sguardo in alto mentre naso e bocca erano nascosti. Tra me e lui c’era il suo cazzo duro. Lo guardai come a dire: “Signore, che bello”. Ciò che vidi nei suoi occhi mi eccitò maledettamente.


Mi fece alzare e mi disse di prendere i preservativi dal cappotto.

Io ero seduta sul letto e lui era in piedi di fronte a me. Mi mostrò come metterlo correttamente, poi mi disse di assaggiare. No, non era affatto la stessa cosa.


Dopo pochi secondi ero stesa sotto di lui. Sentire i corpi nudi a contatto fu una prima esperienza meravigliosa.

Ci volle un po’ per raggiungere l’obiettivo dell’incontro. Fu divertente vedere l’impegno sul suo volto, anche perché non stavo rendendoglielo facile. Mi alzava le gambe, me le abbassava, mi trascinava più avanti, mi rigirava.

La vivemmo col sorriso, con leggerezza. Costruii un ricordo positivo anche di quel momento.

Alla fine mi disse di mettermi a pancia in giù e di alzare il culo.


Bruciò. Fu una sensazione incredibile. Le prime spinte non le percepii per davvero, poi la situazione cambiò. Iniziai a provare tanto, tanto piacere, al punto da chiedergli il permesso di venire.

Proprio quando stava spingendosi dentro più forte e io ero a un passo dal godere, decise di scoparmi il culo.

In quel momento i vicini sentirono sicuramente le mie urla al limite tra il dolore, il godimento e lo sconvolgimento. La sensazione di essere violata dal mio Padrone mi piacque moltissimo. Ad ogni spinta gridavo, ma sapevo anche che di lì a poco avrei iniziato a provare piacere.


Si sfilò, tolse il preservativo e si stese sul letto, poi mi afferrò per i capelli e mi spinse sul suo cazzo. Ripresi a succhiare. Era duro, caldo, bagnato.

Mi ordinò di nuovo di leccargli le palle.


“Adesso il culo”

Scesi ancora più in basso cercando di raggiungere l’obiettivo. Allungai la lingua e iniziai ad accarezzare timidamente, poi ritornai su e ripresi il cazzo in bocca finché non venne. Risentii il suo sapore. Mi era mancato tantissimo. Ingoiai immediatamente, quindi raggiunsi il suo volto e ci scambiammo un bacio.

Lo guardai sorridente. Lui ricambiò con un’espressione simile. Ero euforica, mi stavo divertendo un mondo.

“Abbiamo un problema” gli dissi.

“Quale?”

“Mi piace troppo”

Ognuno ha le sue passioni, una delle mie era chiaramente quella.

Appoggiai la guancia sul petto, attratta finanche dal suo sudore. Lo strinsi e lui strinse me. Mio dio. Era cosi bello lasciarsi andare tra le braccia del proprio padrone dopo tutto quello che era successo.


Mi calmai ascoltando il suo battito. Io ero sempre tachicardica, il suo cuore invece batteva in modo perfettamente cadenzato.

Come lui stesso mi avrebbe detto poco dopo, non si respira solo per bisogno. Io mi ero fatta mancare l’aria molte volte in preda all’ansia, ma allora ero finalmente serena, come se tutti i momenti più difficili, anche quelli tra noi, fossero solo un ricordo vago e remoto.

Sapevo che quel momento sarebbe arrivato e pensavo che mi avrebbe fatto piangere, ma non accadde. Ero in pace.


Notò che avevo perso un po’ di sangue. Prese il mio volto tra le mani sorridendo: “È normale, non stai morendo. Sei diventata donna!”

Ricambiai il sorriso. Sapevo che non sarei morta per quello, ma lui mi conosceva bene e fu premuroso.


Ci stendemmo di nuovo e io mi aggrappai al suo corpo.

“Ci pensi? A me hai dato il tuo primo bacio…”

E allora anche quello. Ero contenta. Avevo sempre desiderato dare tutto a una sola persona. Con lui quel mio desiderio stava prendendo sempre più vita.


Gli dissi che avevo scritto di lui all’esame d’inglese. Il tema mi era valso un trenta e lode. La professoressa era rimasta colpita dal modo nel quale avevo parlato di lui: con molta devozione.


Lesse le copertine dei libri di

X

. Era divertentissimo osservare l’orrore che il suo volto mostrava ad ogni errore.


Successivamente, gli mostrai la “sorpresa”. Sapevo che odiava le salopette. Me l’aveva detto durante la prima videochiamata. Allora io, da brava schiavetta, avevo pensato di riproporre quello stesso outfit.

Sarebbe potuta andare “peggio”, ma almeno quella trovata mi valse la possibilità di spogliarmi di nuovo.

Quando vide che c’era anche una cerniera laterale scosse la testa. Era incredibilmente disgustato e a me stava divertendo un mondo.

Infilò la testa sotto la maglietta. Quel gesto mi fece eccitare, perciò io reagii sfilandomi tutto.

Ne volevo ancora.


Si stese e io lo seguii a ruota. Riprese a sculacciarmi. Mi dimenavo, sentivo la sua eccitazione e avevo lo stimolo della barba sulla pelle del volto. Quanto era bella tutta quella fisicità!

“Quindi adesso posso metterti le dita nella fichetta” osservò infilandomi il medio dentro.

Scoprimmo che ero ancora sanguinante, così mi disse di andare in bagno a lavarmi.


Ero seduta sul bidet quando lui mi raggiunse. Mise le mani sul seno e io appoggiai la testa sul suo cazzo. Alzai lo sguardo per cercare il suo.

“Non puoi rendere eccitante anche questo” mormorai.

“Posso eccome”

Io continuavo a sciacquarmi, ma avevo rallentato il ritmo: mi stavo eccitando.

“Ti stai lavando o ti stai toccando?” chiese, attento.

Ridacchiai.

Sentivo che si stava prendendo cura di me nel più profondo dei modi: quello psicologico. Si stava assicurando che anche l’aspetto meno piacevole di quell’esperienza diventasse per me un ricordo positivo.

Un momento così apparentemente banale mi stava legando a lui ancora di più.


Una volta pulita mi prese di nuovo da dietro. La sensazione fu più intensa di prima, anche perché mi aveva immobilizzato. Avevo i polsi bloccati dietro la schiena e la sua mano sinistra che mi cingeva il collo.

Quanto mi piaceva essere costretta? Mi faceva sentire impotente e alla sua mercé.
Non appena divaricò le mie chiappe grugnendo, velocizzò le spinte ancora di più. Iniziai a provare un piacere inspiegabile.


“Oh, Signore, ti sento”

Non sapevo in quale altro modo comunicare la sensazione celestiale che stavo provando. Lo avvertivo più nitidamente, più a fondo.

Allora lui appoggiò il suo volto al mio, che era piegato di lato, rallentò un po’ il ritmo e mi permise di percepire con chiarezza il movimento del suo cazzo dentro di me. Sentii scariche di piacere in tutto il corpo.


Si sfilò e mi scopò il culo ancora una volta, poi tolse il preservativo e spinse la mia testa sulla sua erezione.

“Più veloce”, ordinò mentre gli leccavo il culo.

Io eseguii e notai che stava iniziando a dimenarsi. Mi piacque tantissimo. Volevo dargli piacere, volevo che m’insegnasse a soddisfare nel migliore dei modi tutti i suoi bisogni.


Ritornai con la bocca sul cazzo mentre con la mano massaggiavo le palle. Sentirlo ansimare era una di quelle cose che avrebbe potuto portarmi all'orgasmo. Quando venne mi assicurai di ripulirlo per bene.

“Hai dimenticato una goccia” disse indicando un punto sul fianco.

Allungai la lingua per leccare tutto. Il sapore del suo sperma mescolato a quello della pelle fu una combo sorprendente.


“Ci sono donne che in tutta la vita non fanno quello che tu hai fatto oggi” mi fece notare.

Sospirai. Ai miei occhi gli avevo solo dato il minimo indispensabile. Già stavo pensando a come alzare l’asticella.


Prima di rivestirmi guardai per un’ultima volta il sedere attraverso lo specchio: tutte e due le pacche erano rosse. Sorrisi.


Dopo la doccia ci ritrovammo entrambi davanti allo specchio del bagno. Lui stava dicendomi che avevo una casa a misura di nano perché era tutto troppo basso per lui, io invece mi stavo lavando i denti e osservavo entrambi. Avevo le guance rosse come dopo una giornata di mare. Stavo benissimo. Poi c'era lui. Non gli staccavo gli occhi di dosso mentre si asciugava i capelli col phon. Ero in totale adorazione.


Indossai i vestiti che aveva approvato una settimana prima. Camicetta, maglioncino, gonna corta, parigine e stivali al ginocchio.


Dirigendoci verso il lungomare parlammo di cibo, poi passeggiammo in tranquillità confrontandoci. Io espressi il mio mancato interesse nei confronti delle relazioni che non mi avrebbero permesso di essere totalmente schiava, una questione sulla quale sentivo di dover riflettere.


Era una giornata meravigliosa. Il cielo terso, di un azzurro intenso che si rifletteva nel mare. Il golfo di Napoli era perfettamente visibile. Il mio panorama preferito era mozzafiato come non mai.


Mentre mangiavamo due margherite con vista mare mi resi conto di una cosa.

Se la vita era divertimento, come lui stesso mi aveva detto, allora io nell’ultimo anno avevo vissuto davvero poco.

Sapevo che la vita non poteva essere solo divertimento, ma nemmeno un costante non divertimento.

Dentro di me c’era un’edonista che avrebbe voluto passare la vita in viaggio, circondata dall'arte e sepolta dai libri, convinta che la realizzazione delle proprie fantasie e dei propri desideri sessuali e non fossero il suo fine ultimo.

Il fatto che lui avesse espresso il concetto opposto a quello che mi era sempre stato detto mi diede nuova linfa.


Non ero attratta da lui solo perché l’altra faccia di una stessa medaglia, ma anche perché sembrava innamorato della vita almeno quanto avrei voluto esserlo anche io, con la sola differenza che nel mio caso era un innamoramento in potenza, invece nel suo era in atto.

Glielo lessi negli occhi quando mi raccontò della sua passione per le corse automobilistiche.

Fu una ventata d’aria fresca. Avrei voluto chiedergli di continuare a parlarmi di Ferrari e circuiti ad infinitum.

Non stavo semplicemente guardandolo. Lo stavo ammirando.

Era quel tipo di persona che contagiava con la sua voglia di vivere, quel tipo di persona con la quale si farebbero follie senza pensarci.

Al suo fianco s’imparava a credere in se stessi.


Dopo la pizza passeggiammo un altro po’. Ci appoggiammo alla ringhiera della villa rivolti verso il mare.

“Opinioni sulla giornata?”

Risposi piegandomi in avanti in modo tale da spingere contro di lui il sedere.

Stavo immaginando mille scenari. Avevo voglia di rivivere la giornata dal mattino, voglia di andare avanti nel percorso, voglia di fare sempre di più.

Alzai lo sguardo come a chiedere un bacio, non per passione, ma per gratitudine.


Prima di salutarci lo abbracciai di nuovo. Mi rifiutai di pensare al futuro. Quell’incontro lungamente desiderato mi aveva lasciato tantissimo.

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