STORY TITLE: LA SOSTITUZIONE giorno 2 
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LA SOSTITUZIONE giorno 2


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LA SOSTITUZIONE giorno 2

by ablacar68
Viewed: 497 times Comments 1 Date: 12-02-2021 Language: Language

Oramai era tardo pomeriggio. Le chiesi se aveva voglia di un cinema prima di cenare in un locale tipico della zona. Così, ci alzammo e andammo a fare la doccia. Ovviamente insieme. Mentre ci saponavamo, sotto l’acqua calda, le chiesi di pisciarmi addosso. Lo fece senza pudore, mentre mi baciava abbracciata sotto l’acqua della doccia, sentii il suo piscio caldo scorrermi sulle gambe e sui piedi. Lei mi chiese di ricambiare senza farmi problemi. E così anche io iniziai a pisciarla tutta. Il calore del nostro piscio addosso e l’acqua che scorreva ci eccitò nuovamente. Il mio cazzo ritornò duro e lei mi disse che ero un porcellone. Risi, e le dissi che anche lei non scherzava. Il cazzo restò duro. Non scopammo nella doccia, ci lavammo, ci vestimmo e uscimmo. Ovviamente entrambi senza biancheria intima, così, tanto per rircordarci che eravamo due maiali.

Al cinema andammo a vedere un film del regista kim ki duk, Ferro 3. E nelle scene più cerebrali, le nostre mani s’incontrarono e ci accarezzammo. Poi a cena, in un bel posto caldo e accogliente. In un tavolo un po’ in disparte, consumammo il nostro cibo, mentre lei, oramai disinibita, mi accarezzava la patta con il piede. In pratica tutta la sera a cazzo duro. Che stronza. Io, per ricambiare le sue attenzioni maliziose, giocavo con il cameriere. Quando si avvicinava al tavolo chiedevo: la mia signora vorrebbe assaggiare un dolce tutta panna, oppure: avete frutta? la mia signora mangerebbe volentieri una banana. Il cameriere fece finta di niente e lei capì il gioco e quando questo si avvicinava diceva: ma sapete che qui avete proprio un buon salame?

Alla fine uscimmo, lasciando una buona mancia al ragazzo che si era prestato al gioco, senza essere invadente. Ma appena fuori, le dissi: e se lui ci fosse stato? E lei: porco! mi avresti dovuta dividere con il ragazzino. Cattiva pensai, e prontamente risposi: se non opponi resistenza e ti fa piacere, vado a dargli il numero di telefono. Chissà, appena finito il turno, potrebbe raggiungerci. Lei mi fermò spiegandomi: non sono ancora pronta, per ora voglio godermi te.

Tornammo a casa. Ci spogliammo e iniziammo di nuovo a giocare. Questa volta con meno foga. Coperti dalle lenzuola, lei a cosce aperte e io nel mezzo. La fottevo con piacere, con amore, con baci sulle labbra. Il cazzo si muoveva lento dentro la sua figa. Lei alzava le cosce e mi accarezzava il viso con i piedi. Io le succhiavo le dita, mentre continuava a scoparla. Poi, dopo averla sentita godere di nuovo, le afferrai le caviglie, gli allargai le cosce e iniziai a pompare con maggiore insistenza. Tempo un paio di minuti, e la mia aborra calda era di nuovo nella sua figa umida. Sborrai tanto forte, che lei venne di nuovo. Mi accasciai e poi, ancora eccitato iniziai a leccarle la figa facendole colare il mio sperma fuori. Sporco di me e di lei, le chiesi di baciarmi. Stretti come due amanti, con le nostre lingue che si inseguivano in bocca, ci addormentammo. Nudi uno sull’altra.

Al mattino ci svegliò la telefonata del marito. “Posso passare tra un po’ da casa a prendere delle cose?” chiese. E così dopo poco piombò in casa. Sentii che parlava con la moglie, chiedendogli come era andata e se le stava piacendo. Diceva di essere molto eccitato e che avrebbe voluto assistere. Ma la moglie con garbo disse: resisti un altro giorno. poi domenica sera facciamo una cosa tutti insieme. Lui annuì e se ne andò. Lei intanto mise sul fuoco la macchinetta del caffè e preparò la colazione.

Il borbottio della macchina e l’odore del caffè arrivò fin nella stanza. Mi alza, nudo e andai verso quell’odore. Lei indossava la mia camicia e la cosa mi piacque tanto perché s’era creata l’intimità. Mi chiese scusa se l’aveva indossata, ma io risi e le dissi: mi piaci piccola. Mi versò il caffè nella tazzina, ci mise lo zucchero, lo girò e mi servì la tazza con grande sottomissione. Capii che quella mattina il nostro gioco sarebbe stato: lei “schiava”. Mi sedetti di fianco al tavolo e le chiesi se gentilmente si poteva accovacciare ai miei piedi come una gattina. Lo fece senza esitazione mentre io le poggiavo i piedi sul corpo. Il mio cazzo ciondolava tra le gambe e mentre sorseggiavo il caffè le chiesi di imburrarmi una fetta di pane e, dopo averlo fatto, di servirmela adagiata nella sua figa. Lei si alzò, andò verso la credenza, tagliò una fetta di pane, la imburrò con cura poi si avvicinò al tavolo, si sedette, spalancò le cosce verso di me, con due dita si allargò le grandi labbra, strizzò la fetta di pane al bordo e se la infilò nella figa. “Padrone serviti pure!” esclamò. Mi avvicinai con la bocca, la spalancai e diedi un morso profondo. Masticavo mentre lei, sorridente, con ancora mezza fetta di pane imburrato nella figa, con le dita si sfiorava il clito. Ingoiai il primo boccone e mi avvicinai per il secondo. Spalancai la bocca, e afferrai la fetta di pane facendo scorrere le mie labbra sulle sue grandi labbra. Masticavo e da lontano vidi una banana, Mi alzai la presi, la sbucciai e la infilai nel “vassoio” della sua figa. La infilai fino in fondo e inizia a succhiarla come se fosse una cazzo duro. Masticavo sulle sue grandi labbra per farle sentire la mia bocca sul clito. Mentre lei, lentamente, faceva uscire la banana dalla sua figa bagnata. Con mezzo frutto ancora piantato nella figa, mi alzai in piedi, la distesi sul tavolo, le feci scivolare il culo sul bordo, mi bagnai le dita della mano, le inumidii il buco del culo e, prima la cappella e poi tutto il cazzo, scomparvero nel suo buco del culo. Le fottevo il culo dolcemente mentre con la mano muovevo la mezza banana rimasta piantata nella sua figa. Godeva come una porca. Il suo culo era stretto e lei, puttana, serrava ancora di più le natiche. Pescai la banana dalla figa e gliela offrii da magiare. Lei dapprima la succhio, poi la morse e la finì. Intanto il mio cazzo nel culo stava per esplodere, ma non volli sborsare dentro. Lo tirai fuori, le chiesi di inginocchiarsi e, con la sua bocca ancora impastata di banana, sborrai dentro. Lei inghiotti tutto, si pulì le labbra con il dorso di una mano e mi disse: hai gradito padrone?

Annuii, ma con lo sguardo le feci capire che non avevamo finito. Mi guardai attorno, afferrai una zucchina, le dissi di sdraiarsi sul tavolo e fottersi la zucchina mentre io la guardavo in silenzio. Lo fece senza esitare. La zucchina la strofinò bene sul clito e sulle grandi labbra, prima di scomparire nella sua figa. E, afferrata con due mani, si fottette fino a godere. La estrasse, bagnata, lucida di sborra, la poggiò sul tavolo e mi chiese di andare a bere la sua sborra. Non esitai. Mi avvicinai e bevvi a gran sorsi quel fiume canto di miele.

Dopo l’abbondante colazione, una doccia e poi via. Un giro in centro. Chiamammo un taxi e raggiungemmo il centro cittadino. Era una bella giornata di sole, la signora indossava un tailleur giallo paglierino, gonna al ginocchio, giacca con scollo a V e un top di seta grigio. Scarpe con il tacco spuntate sulle dita, calze autoreggenti e ovviamente né mutandine né reggiseno. Un cappottino leggero copriva il tutto. Bella, davvero bellissima. Truccata con sobrietà, labbra con un rosso matto, un po’ di fard sulle guance e un leggero filo di azzurro sulle palpebre.

La gonna stretta le metteva in evidenza il culo. Che malgrado l’età, si reggeva alto e sodo. Mi accorgevo che erano in tanti a guardarla e la cosa piaceva sia a me che a lei. La bestia che celava dentro, iniziava a uscire fuori. Spregiudicata, disinibita, porca, felice. Io non facevo altro che assecondarla ma anche proteggerla. Aveva capito che la “sostituzione” non era solo sesso fino a se stesso, ma anche quell’amore, che in una coppia reale c’è. Lei, era nel gioco: raffinata ma zoccola, tanto zoccola. Eravamo al topolino di un bar a sorseggiare un aperitivo e di tanto in tanto schiudeva le cosce alla vista del vicino. Mi guardava e si lasciava guardare tant’è che un arzillo signore di una certa età, senza imbarazzo si avvicinò e fece dei gran complimenti alla signora e a me, disse: deve essere fortunato ad aver colto questo fiore. Lo invitai a sedersi con noi, a partecipare al nostro aperitivo. Lui ovviamente accettò. La signora capii subito dove volevo andare a parare e senza esitare, con la classe che era in lei, sfilò una scarpa e adagiò il piede sulla patta dell’uomo esclamando: ah, ma qui c’è un bell’arnese! L’uomo sorrise e annui invitandoci a far visita al suo atelier: ho stoffe magnifiche. Andammo.

Aperta la porta dello studio, un orgia di stoffe ricamate ci accolse. Tessuti di seta, morbidi al tatto, lisci e dai profumi intensi. Presi un pezzo di stoffa e la misi a mo di mantella sulle spalle di lei: ti stanno bene questi colori, vedi che contrasto con la pelle nuda. Lei si slaccio la giacca, la sfilò e la ripose su un tavolo e iniziò a giocare con la stoffa adagiandola sul suo ventre e sulle sue spalle nude. Mi avvicinai a baciarle il collo, mentre il signore che ci aveva invitato guardava da vicino. Lei le prese una mano e lo avvicino a se, poi stese una mano sulla patta dell’uomo e inizio ad armeggiare con il suo arnese. Le levai il top mentre lei spogliava i calzoni dell’uomo. Dalle mutande uscì fuori un arnese grosso e duro, roccioso e nervato da vene scure. Mi allontanai mentre lei, chinandosi, inizio a succhiarlo. Seduto poco distante mi godevo la scena. Lei le teneva le mani sul culo mentre con la testa ciondolava su e giù sul cazzo. Quando l’arnese dell’anziano fu lucido di saliva, lei lo sfilò dalla bocca e giratasi a pecorina, con le mani poggiate sulle mie ginocchia, chiese all’uomo di scoparla. Mentre lui si dava da fare nella sua figa lei mi guardava negli occhi, socchiudendoli ogni volta che quel grosso arnese entrava dentro. Non durò tanto, l’uomo estrasse il cazzo dalla figa e iniziò a sborsare ovunque sulle sete che aveva in negozio. Fiotti di aborra calda nervarano la schiena di lei e a quel punto, la chinai sul mio cazzo e mi feci fare un pompino mentre l’anziano ospite, in piedi e con il cazzo penzolante che grondava ancora sperma, le spingeva il capo sul mio cazzo e con le dita le massaggiava il clitoride. Porci, esclamò lei mentre balzai in piedi per venirle sul viso.

CONTINUA

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