English (UK)
English (US)
Italiano
Français
Español
Deutsch
Русский
La visita dal gineggologo
by Franasp
Il caldo del pomeriggio era ancora vivido nell’aria quando Nadia e Francesco arrivarono allo studio del dottor Rinaldi. Lei indossava un vestito estivo lungo, leggero, a fiori chiari. Il tessuto, morbido, seguiva ogni curva del suo corpo con discrezione, lasciando intravedere le gambe mentre camminava. Sandali ai piedi, un filo di trucco sul viso, e i capelli raccolti in una coda morbida.
Francesco le posò una mano sulla schiena mentre salivano i gradini dell’ambulatorio.
«Stai bene?» chiese sottovoce.
Lei fece un piccolo sorriso teso. «Sì, un po’ agitata. Ma mi fa piacere che tu sia con me.»
La sala d’attesa era silenziosa. Arredi chiari, profumo di disinfettante e lavanda. Dopo pochi minuti, si aprì la porta dello studio. Il dottor Massimo Rinaldi li accolse con garbo e professionalità.
Alto, distinto, con occhiali sottili e mani curate, trasmetteva un senso di calma. Ma nel suo sguardo c’era anche altro: un’attenzione particolare, che si soffermava senza mai essere invadente.
«Prego, accomodatevi. Nadia, come va con il ciclo? Qualche fastidio in questi mesi?»
La visita cominciò con le domande di routine. Nadia rispondeva con sicurezza, ma Francesco notava come il medico la osservava: non con malizia, ma con un interesse palpabile, tecnico e umano allo stesso tempo.
Poi arrivò il momento.
«Quando è pronta, può cambiarsi dietro il paravento. Può togliere solo il vestito, se preferisce restare col reggiseno. È sufficiente.»
Nadia si alzò e scomparve dietro il separé. Il fruscio leggero del tessuto mentre sfilava il vestito sembrava amplificarsi nella stanza.
Francesco lesse che si si indossava un elastico nero per capelli sul polso sinistro accanto l'orologio avrebbe suggeritto alla pesona che avevi di fronte le proprie tendenze cuckold con lei ignara! Pertanto il medico notò quel bracciale ed approfittò dell'assenza della moglie per chiedere al marito se quell elastico non stringeva troppo! Ma lui rispose subito con un sorriso
no anzi!
.
Quando riemerse, aveva indosso solo un reggiseno chiaro, in cotone. Il suo corpo, morbido ma tonico, si muoveva con un’eleganza naturale.
Salì sul lettino ginecologico, sollevò le gambe sulle staffe, sistemata con garbo e un filo di rossore sulle guance.
Massimo si avvicinò con i guanti. «Procediamo con un controllo di base. Francesco, se vuole può rimanere. Molti mariti preferiscono stare vicini durante questo tipo di esame.»
Francesco annuì, restando al suo fianco.
Il medico cominciò la visita con estrema professionalità. Tocchi leggeri, spiegazioni sobrie, mai un gesto fuori posto. Ma il modo in cui toccava, il modo in cui guardava, aveva qualcosa di profondo.
A un certo punto, Massimo si fermò.
«Il tono del pavimento pelvico è un po’ contratto. Può causare piccoli dolori o difficoltà durante i rapporti. Se volete, posso mostrarvi una tecnica di rilassamento e massaggio che potete replicare anche a casa. È terapeutico, non invasivo. Ma serve fiducia.»
Nadia e Francesco si scambiarono uno sguardo. Un secondo di esitazione.
«Va bene,» disse lei. La voce bassa, ma sicura.
Il medico si avvicinò di nuovo. Indossava ancora i guanti. Inserì due dita con delicatezza. I movimenti erano esperti, ritmici. La reazione di Nadia fu immediata: un piccolo scatto del bacino, un respiro più profondo.
«Questo è uno dei punti chiave,» spiegò, «ma non è facile da individuare. Francesco, se vuoi provare, posso guidarti.»
Francesco eseguì. Mise i guanti, si posizionò. Il medico lo guidò con calma, appoggiando la mano sopra la sua, direzionando la pressione.
«Prova a premere qui… più in alto. Senti la differenza?»
Nadia chiuse gli occhi, un brivido visibile le attraversò il ventre.
Dopo qualche minuto, il medico si fermò.
«Con i guanti si perde sensibilità. Procedi a mani nude!
Francesco guardò Nadia. Lei annuì, senza parlare.
Lui andò a lavarsi le mani. Tornò, e stavolta toccò senza barriera. Le sue dita cercavano, ma si muovevano incerte.
«Non riesco a capirlo bene…» mormorò.
Massimo, con tono neutro, si sfilò i guanti, andò a lavarsi anche lui. Tornò con le mani pulite. Si avvicinò.
«Allora ti aiuto ancora una volta. Stavolta insieme.»
Si inginocchiò accanto al lettino, tra le gambe di Nadia. Francesco dall’altro lato. Le loro mani entrarono quasi in sincronia. I tessuti interni rispondevano, pulsavano. Le dita si sfioravano appena, ma erano entrambi dentro di lei.
Nadia inarcò la schiena, e in quell’istante, il reggiseno – stretto dalla posizione – si sollevò leggermente. I seni uscirono dal bordo, tesi, vibranti.
Massimo alzò un’occhiata, rapida, ma non disse nulla. Proseguì.
«Così. Ora premiamo insieme. Respira con noi, Nadia.»
Lei obbedì. Il suo corpo tremava visibilmente, il respiro spezzato, profondo. Le loro dita si muovevano a ritmo lento, alternato, come in una danza invisibile.
Poi arrivò il momento. Il suo corpo si tese, l’arco della schiena pronunciato, i capezzoli rigidi all’aria, il volto rosso, bellissimo. Venne con un gemito sommesso, che riempì la stanza come un canto trattenuto troppo a lungo.
Massimo si ritrasse. Francesco anche.
Nadia restò sul lettino, le gambe ancora lievemente aperte, i seni nudi, la bocca semiaperta in un’espressione tra lo shock e la gratitudine.
Il medico, lavandosi le mani per l’ultima volta, disse soltanto:
«Avete una bella intesa. Non capita spesso.»
Francesco si avvicinò alla moglie. Le sistemò con delicatezza il reggiseno, le baciò la fronte.
Nadia lo guardò, poi distolse lo sguardo un attimo, confusa e accesa.
Ma dentro di sé, sapeva una cosa con certezza.
Quel giorno non aveva solo fatto una visita. Aveva varcato una soglia.
I nomi sono giustamente inventati