STORY TITLE: La moglie del capo 
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La moglie del capo


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La moglie del capo

by Maxxim
Viewed: 16 times Comments 2 Date: 22-03-2022 Language: Language

Il suono del citofono riscosse Massimo dal torpore di quel caldo pomeriggio di Maggio.
“Sono Olga, mi fai salire?”
Lui tentò di fermare il tempo, l’indice appoggiato sul pulsante di sblocco del portone; la mente improvvisamente elettrizzata come un cielo azzurro primaverile quando è percorso da strisce di alte nubi che porteranno un temporale, chissà dove.
Finché un riflesso nervoso del suo dito decise per lui.
Le due semiporte della cabina alfine si schiusero, rivelandone il prezioso contenuto: Olga Pavliuchenkova, la moglie del suo capo. Sola.
“Massimo! Massimo! Scusami se sono qui senza averti avvisato, mi ha detto Carlos dove abiti, ma ho voluto farti io questa visita”. Esordì la donna mentre lo baciava tre volte sulle guance.
“Ho ricevuto visite peggiori in questa umile dimora”, replicò Massimo con disarmata sincerità.
In effetti soltanto qualche mese prima avrebbe potuto anche uccidere per portarsi a casa un pezzo di fica di quella levatura. Ebbene sì, Olga era una grande stronza, come minimo; ma anche un gran pezzo di fica.
Anche quel giorno era bella da farti girare la testa, bella e attraente come il peccato. E anche nel proprio stato di afflizione, essendo stato da poco lasciato da Anna, la sua ex ragazza, Massimo non poté fare a meno di notarlo. Quando si scostò invitandola ad entrare con un cenno del capo, si scoprì alla ricerca spasmodica dell’aria che lei aveva mosso con il proprio incedere.
Ne inalò fino a riempirsi i polmoni; ne inalò fino a rischiare un’embolia.
Era aria profumata di pulito e di sofisticato allo stesso tempo; emanava una di quelle fragranze che in profumeria non si riescono mai a trovare, perché non esistono.
Le crea il diavolo apposta per le proprie tentazioni, perché siano irresistibili.
“Chissà se Olga possedeva almeno un paio di pantaloni nel proprio guardaroba? Magari un paio di jeans aderenti, o di quei pantaloni eleganti con la piega, che disegnano per bene il culo, e che fanno anche molto donnamanager”.
Naturalmente neanche quel giorno l’improvvisa quanto irrazionale curiosità di Massimo era stata soddisfatta.
Olga indossava un vestitino smanicato blu cobalto orlato di bianco, in stile marina deluxe. I sandali erano di vernice color crema con 7 o 8 centimetri di tacco sottile. Di lei era sexy anche il tallone, la cui estremità, delicatamente compressa contro la tomaia delle preziose calzature disegnava piccole, soffici, abbronzate rigonfiature laterali.
E dire che Massimo non si era mai considerato un cultore del piede femminile.
Le unghie erano dieci confettini di madreperla, accuratamente cesellati.
La fece sedere sul divano del soggiorno, scegliendo per se stesso la sedia dello scrittoio, a debita distanza. Le porse un bicchiere di acqua naturale liscia, conoscendone le abitudini diurne.
Dalla tapparella semiaperta l’ultimo sole rivierasco invadeva la stanza di luce dorata, conferendo all’ambiente un’atmosfera quasi epica; da cui Massimo decise di non farsi contaminare. Lo sguardo ben fisso negli occhi di Olga, ed un fiume di parole trattenute nel petto a stento.
Si mise in attesa.
“Massimo, prima che tu mi domandi, non ho notizie di Anna”.
In effetti ci aveva sperato, Anna ogni tanto faceva da baby sitter ai bambini di Olga, quindi le due si conoscevano bene.
Massimo rimase pertanto deluso da questo esordio di conversazione da parte di Olga, e istintivamente appoggiò il viso nell’incavo del proprio gomito posato sullo scrittoio, per poi rendersi conto che quell’atteggiamento esibiva il suo stato di debolezza in una situazione non opportuna.
Ma era già troppo tardi, lei era lì accanto.
Troppo vicina.
Il tocco lieve della mano di Olga si posò sulla nuca di Massimo con l’effetto di un toccasana. E poi il suo grembo; il tepore del suo grembo così vicino, così accogliente, così materno. Era tutto ciò di cui lui aveva dannatamente bisogno in quel momento.
Ed allora ne colse.
Lei ne offrì.
E lui ne colse.
La donna non proferì parola, sapeva che in quel momento sarebbe stato un errore.
In principio furono effusioni tenere, carezze consolatorie. Il profumo di Olga era inebriante.
“Perché sei così bella, anche oggi?” le sussurrò a dieci centimetri dalle sue labbra, come un ubriaco.
“Perché voglio essere tua” rispose lei, questa volta a colpo sicuro.
“Dal primo giorno che Carlos ti ha assunto”.
A quel punto la pressione emotiva di Massimo aveva individuato una valvola di sfogo. Oramai completamente corrotto, le cinse i fianchi spingendola a ritroso fino alla parete della stanza. Quando ve la premette contro con il proprio corpo, lei sospirò compiaciuta.
Le sue natiche erano elastiche nelle mani di Massimo sotto la gonna sollevata fino all’ombelico. Le mutandine di pizzo trasparente alla brasiliana erano di colore verde scuro vagone, strette e tese, mezza misura più piccole del necessario; disegnavano e esaltavano il gonfiore delle grandi labbra. Non si potevano sfilare in quei momenti, si poteva solo strapparle.
“Sei bollente, lì sotto” rantolò Massimo con tono compiaciuto.
“Spegnimi il fuoco che ho dentro” replicò lei.
Anche il gonfiore del sesso di Massimo a quel punto risaltava, e premeva dolorosamente contro la patta dei suoi calzoni. Lei lo percepì ed emise un lieve mugolio. Allora lui emerse per un istante dal suo stato di ‘trance agonistica’, rimettendola a fuoco proprio in quel momento; la vide persa con le palpebre serrate e le rosse labbra dischiuse. Non la aveva ancora baciata sulla bocca. In fondo anche lui desiderava farlo dalla prima volta che la aveva vista, quella pazza serata al Jimmy’z dove l’ufficio al completo aveva festeggiato una commessa importante, e Carlos, il titolare, gli aveva presentato sua bellissima moglie russa.
Quando finalmente la baciò, la lingua di lei era saettante e pronta ad accoglierlo, per guidarlo dentro di se, verso l’ignoto.
Il reggiseno, coordinato con le mutandine, pareva sul punto di traboccare fuori quei due frutti rigogliosi e maturi; Massimo aveva le mani entrambe occupate ma riusciva ugualmente a leccarle i capezzoli attraverso la retina di pizzo tiepido.
Ansimando, Olga riuscì a insinuare una mano tra di loro e gli sbottonò la patta con grande competenza, poi la infilò nei boxer elasticizzati, impugnò il suo arnese turgido e glielo strinse forte.
Per Massimo fu come una scossa elettrica, molto più stimolante che fastidiosa.
Olga dischiuse ancora un pochino le cosce, inclinandole anche leggermente; si reggeva praticamente sulle punte ora.
Massimo decifrò il messaggio, cambiando la posizione della presa sui glutei di lei; infilò così le proprie braccia tra i loro corpi e li afferrò dall’interno delle cosce della donna, in quel modo poteva sollevarla di peso facendo forza sui propri bicipiti. Lei lo incoraggiò, slanciandosi verso l’alto all’atto del massimo sforzo di lui.
“Sei un toro!” Gli sussurrò Olga. La pressione della sua schiena contro il muro alleviava l’incidenza della forza di gravità.
Massimo non rispose, impegnato com’era a cercare di infilarle la punta delle dita sotto le sue micromutandine per spostarle; appena ci riuscì il pizzo cedette di schianto al primo strattone, e lui si ritrovò a tastare il sesso perfettamente depilato della donna. Era umido di rugiada.
Entrarle dentro era dannatamente urgente. L’ultimo problema da risolvere stava dal fatto che lui non era circonciso, e aveva entrambe le mani troppo impegnate per poterselo scappellare.
Quel minimo istante di indugio fu immediatamente decodificato da Olga che, mentre lo guidava con la mano verso l’ingresso del suo paradiso, si fece carico automaticamente dell’incombenza.
Subito lei diede posa di accusare sensibilmente l’invasione in profondità delle proprie membra da parte di un corpo estraneo e insinuante.
“Dà! Massimo, Dà!”. E poi: “non avere paura di farmi male, Massimo” lo incitava baciandolo.
La teatralità di Olga, unitamente all’adrenalina in circolo nell’uomo, contribuirono ad un epilogo piuttosto rapido di quel movimentato accoppiamento.
Olga aveva l’esperienza e la competenza per comprendere, e quindi per contribuire ad esaltare tutte le fasi in divenire che racchiudono l’orgasmo maschile. E si impegnò con passione, affinché la tempesta perfetta divenne per Massimo un vero e proprio Tsunami, da cui rimase travolto per lunghi momenti.
Quando riuscì alla fine a riscuotersi si ritrovò con le gambe tremanti sotto il peso della donna che aveva avvinghiata addosso. Lei lo stava ancora baciando delicatamente sulla sua fronte imperlata di sudore; i seni leggiadri premuti sul suo viso.
Era rimasto completamente in erezione, e Olga ovviamente non lo ignorava.
In Massimo stava venendo meno solo la libido; in effetti mai nessuna femmina era finora riuscita a farlo scollinare dolcemente oltre a quei minuti post coito di misoginia ancestrale.
Olga lo guardò negli occhi, quindi colse e raccolse la sfida: “portami sul divano” gli disse con voce roca.
La adagiò sul divano di pelle e si lasciò cadere al suo fianco, come in stato confusionale.
“Abbiamo fatto proprio i birichini” disse lei, sorprendendolo con un rapido movimento per metterglisi sopra a cavalcioni; aveva sul viso un sorriso innocente da ragazzina. Poi gli aveva posato il capo sul petto. Col dito indice di una mano ora giocherellava con la sua peluria.
Non gli lasciava il tempo per mettersi a pensare per i fatti suoi, ma non era già proprio un fastidio.
Anzi, sorprendentemente la scopriva quasi tenera in quei momenti; incredibile a dirsi: “Olga sapeva essere dolce e simpatica!”
“Non credevo fossi così” riuscì però solamente a dirle.
“Così come?” fece lei.
“Come la donna che ogni uomo sogna” le rispose.
“Questo è un complimento o qualcos’altro?” ridacchiò lei. Lo stava prendendo in giro, ma non ci colse cattiveria.
Nel mentre lui si rendeva conto a malapena che la mano di Olga stava calando delicatamente dal petto attraverso la sua pancia, fino al ventre; ora gli stava già accarezzando teneramente il pisello. Ed era una sensazione niente male!
D’impulso Massimo si sollevò e diede un bacio a quel sorriso irresistibile, impreziosito da una dentatura importante, candida e perfetta.
Lei lo prese con la mano libera sulla nuca per sostenerlo a sé. Si baciarono appassionatamente per lunghi momenti, nuovamente ardentemente affamati l’uno dell’altra.
Le mani di Olga parevano possedere autonomia decisionale, infatti con la destra, dopo le iniziali carezze era già passata a masturbarlo.
Massimo sembrava accorgersi di cosa accadeva sempre un momento dopo che era già successo.
Erano sensazioni nuove, intense e sconosciute per lui, che non aveva considerato l’ipotesi di poter godere nuovamente, trascorso appena qualche minuto dal precedente orgasmo.
Cominciò ad ansimare nella bocca di lei, che parve in grado trarre piacere da quello che stava donando, fagocitando le emozioni di Massimo.
Olga diventava sempre più vorace, e quando la lingua di Massimo non fu più sufficiente a chetarla, scese con le sue labbra lungo il corpo del giovane uomo, alla ricerca di qualcosa di più sostanzioso.
Quando gli baciò il membro a Massimo scappò un grido; lei, noncurante, prese a ripulire accuratamente con la lingua il risultato del loro precedente accoppiamento, mentre con la mano destra lo teneva saldamente impugnato come un microfono.
A pulizie ultimate staccò il proprio viso da lui di un palmo, come per ammirare l’accuratezza del lavoretto appena effettuato.
Lui colse lo sguardo di lei, incrociato nel tentativo di mettere a fuoco qualcosa di molto vicino, e lo trovò buffo, quasi ingenuo, e quindi perversamente eccitante.
Dopo quell’istante di trepidante contemplazione, Olga si calò inesorabilmente di nuovo su di lui, facendosi sprofondare il membro di Massimo fino a lambirle la gola, e facendo sprofondare lo stato di coscienza di Massimo fino a lambire confini dell’oblio.

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