STORY TITLE: Le cronache della Padrona 
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STORY

Le cronache della Padrona

by MisterFive
Viewed: 22 times Comments 0 Date: 13-07-2025 Language: Language

Dopo aver finalmente piegato Matteo alla mia volontà, la relazione con Alessandro fiorì. Era ciò che desideravo, un legame intimo e bruciante che andava oltre il mero sesso. Ci vedevamo spesso, quasi ogni giorno, un intreccio di corpi e anime che mi faceva sentire pienamente viva. Per rendere la mia nuova realtà tangibile e scolpirla nella mente di Matteo, iniziai un rituale. Ogni volta che incontravo Alessandro, apponevo una

C

rossa sul calendario in cucina: C come

Corna

, C come

Compiacimento

, C come

Conquista

. Era un monito costante per Matteo, un promemoria silenzioso del suo ruolo di marito sottomesso e della mia totale libertà. Lui osservava quelle

C

che si accumulavano, il suo sguardo un misto di desiderio, dolore e una perversa accettazione. Sentivo che ogni segno lo legava ancora di più a me, in un modo indissolubile. La sua gelosia era diventata un carburante per la mia eccitazione, una prova ulteriore del mio potere.
I mesi successivi furono un susseguirsi di avventure e scoperte, un'escalation di piaceri e trasgressioni. Io e Alessandro esplorammo tutti gli ambiti della sessualità, senza limiti e senza pudore. Le nostre sessioni non si limitavano più alla camera da letto. Una volta, spinti da un'irrefrenabile voglia, salimmo sulla montagna vicina, in un luogo isolato con una vista mozzafiato. Lì, tra i pini profumati e sotto il cielo aperto, ci unimmo con una passione selvaggia. La mia schiena si inarcava contro le rocce fredde mentre Alessandro mi penetrava con foga, il vento che accarezzava i nostri corpi sudati e i gemiti che si perdevano tra gli alberi. Sentivo il suo membro grosso e caldo affondare in me, e urlavo il suo nome, il mio piacere amplificato dalla libertà e dalla consapevolezza di fare qualcosa di così proibito in un luogo così esposto.
Un'altra sera, andammo a una festa danzante sulla spiaggia, la musica che pulsava, i corpi che si muovevano al ritmo. Ballavamo stretti, i nostri corpi che si sfregavano l'uno contro l'altro, il desiderio che cresceva in noi. Al ritorno, non resistemmo. Fermammo l'auto in un punto buio e appartato, il suono delle onde in sottofondo. Lì, sul sedile posteriore, Alessandro mi prese con una brutalità eccitante, i miei vestiti tolti in fretta, le mie gambe che si avvinghiavano attorno alla sua vita, la mia bocca che cercava la sua in baci profondi e famelici. Il suo membro mi penetrava con foga, facendomi tremare ad ogni spinta, mentre il finestrino socchiuso nascondeva la nostra oscena danza. Ogni giorno, ogni ora con lui era una nuova concessione, un nuovo livello di piacere. Ero la sua dea, e gli concedevo tutto, il mio corpo interamente a sua disposizione.
Non disdegnavo di coinvolgere Matteo qualche volta, per ricordargli il suo posto e per spingere la sua sottomissione a livelli sempre più perversi. Erano momenti studiati, calibrati per massimizzare il suo tormento e la mia eccitazione. Una sera, mentre io e Alessandro eravamo sdraiati nudi sul letto matrimoniale, lo chiamai.

Matteo,

dissi, la mia voce un sussurro autoritario,

vieni qui. Voglio che tu ci osservi. Voglio che tu veda come la tua Regina si diverte con il suo amante.

Lui entrò, i suoi occhi arrossati che si posarono su di noi, un misto di orrore e perversa adorazione. Gli ordinai di masturbarsi mentre ci guardava, di venire nel mio nome, e lui obbedì, il suo corpo che tremava, la sua mente in preda al delirio.
In un'altra occasione, mentre eravamo ancora a letto, nudi e sudati dopo l'amore, lo feci venire a servirci da bere. Matteo, con la sua gabbia di castità che gli stringeva il pene, ci portò champagne e frutta, i suoi occhi che non osavano alzarsi, ma che rubavano sguardi furtivi ai nostri corpi esposti. Ogni sorso di champagne, ogni pezzo di frutta che gli passavo, era un'umiliazione per lui, un'affermazione del nostro dominio.
Ma la scena più memorabile si svolse durante una partita di calcio. Io e Alessandro eravamo seduti sul divano, squadra di Ale contro squadra di Matteo, ma il vero spettacolo era altrove. Matteo era in ginocchio davanti ad Alessandro, il suo sguardo concentrato sulla partita, ma la sua bocca e la sua gola impegnate in un pompino profondo e instancabile. La gabbia di castità gli impediva qualsiasi altro piacere, ma la sua lingua era libera di servire.

Forza, Matteo,

dicevo, la mia voce un incoraggiamento perverso,

succhia bene, fagli godere il tuo uomo. Ogni azione, un colpo in gola.

Alessandro gemeva, la sua testa che si reclinava all'indietro, i suoi occhi fissi sulla partita, ma il suo corpo che rispondeva avidamente alle attenzioni di Matteo. Alla fine, Alessandro venne abbondantemente nella bocca di Matteo. Egli inghiottì ogni goccia, il suo viso sporco di seme, gli occhi che brillavano di un'eccitazione febbrile. Poi, con un sorriso soddisfatto, Alessandro si avvicinò a me.

Ora tocca a te, Giada,

disse, e cominciò a leccare la mia vulva, assaporando il mio sapore. Sentivo la sua lingua esperta che mi accarezzava il clitoride, e i miei gemiti riempivano la stanza, mentre Matteo, ancora in ginocchio, osservava la scena, la sua eccitazione alle stelle. Dopo avermi leccato fino a farmi venire, Alessandro mi penetrò nel letto matrimoniale, in un atto che suggellava il nostro piacere condiviso e la sottomissione di Matteo.
E per finire, il

cream pie

più perverso. Dopo un'altra sessione di sesso sfrenato con Alessandro, il mio sesso era intriso del suo seme. Chiamai Matteo.

Mio schiavo,

ordinai, la mia voce vellutata,

vieni qui e puliscimi. Voglio che tu lecchi il piacere di Alessandro dalla mia vulva. È il tuo compito, il tuo onore.

Matteo obbedì, chinandosi tra le mie gambe, la sua lingua che puliva ogni traccia, ogni goccia del seme di Alessandro, il suo volto affondato nel mio sesso. Ogni volta che si ritirava, gli ordinavo di leccare ancora, finché non ebbi la certezza che avesse inghiottito ogni residuo del nostro piacere. Era la sua cream pie, il suo dessert perverso, il sapore della mia libertà e della sua eterna sottomissione.
Il rapporto tra me e Alessandro si stringeva ogni giorno di più, un legame profondo e inatteso che mi riempiva di gioia. Matteo, d'altro canto, alternava momenti di profonda eccitazione, quasi euforia per la sua sottomissione, a istanti di costernazione, una velata tristezza nei suoi occhi che riconoscevo, ma che non mi toccava più come un tempo. Era un prezzo che ero disposta a fargli pagare. Io, Giada, tenevo saldamente in mano il pallino della situazione, la regista di questo spettacolo perverso. Controllavo ogni aspetto della nostra vita, il suo piacere, la sua sofferenza, la sua stessa esistenza.
Giada dominava Matteo con una maestria che si affinava giorno dopo giorno, e piano piano, capì come tenerlo al guinzaglio, un filo invisibile ma indissolubile che lo legava a me. La sua sottomissione era completa, la sua gelosia ormai un sapore agrodolce che io stessa gestivo a mio piacimento. Decisi perciò di concedermi anche altre avventure, non solo per il mio divertimento, ma anche per tranquillizzare il marito geloso ma ormai totalmente sottomesso, per rassicurarlo che il mio regno era vasto e che la sua posizione, seppur di schiavo, era unica. Il mio

richiamo della foresta

continuava a risuonare, e io ero pronta a esplorare ogni angolo di questo mondo di piaceri, con Matteo ai miei piedi e Alessandro al mio fianco, entrambi pedine nel mio gioco perverso.

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