STORY TITLE: Il Veleno silenzioso del Tradimento 
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STORY

Il Veleno silenzioso del Tradimento

by Gianbull360
Viewed: 134 times Comments 0 Date: 22-06-2025 Language: Language

L'autunno arrivò portandosi dietro una spirale discendente per noi, ma in un modo che mai avrei potuto prevedere. Le tensioni sulla nostra coppia aperta, quelle scosse che gli incontri con Anna e Luca avevano lasciato, e la confusione generale sulle nostre avventure… tutto questo aveva creato una crepa insidiosa nella nostra relazione. Non fu una rottura improvvisa, no, ma un lento, maledetto sgretolamento.
All'inizio, io, Davide, non sospettai assolutamente nulla. Diana era abile a nascondere, e io ero forse troppo immerso nelle mie riflessioni sui confini di quella che chiamavamo

libertà

. Ma lei, Diana, si stava immergendo sempre più a fondo. Quell'attrazione per Andrea, così prepotente al club, era diventata una routine. Complice la distanza non eccessiva tra le nostre abitazioni, circa 70 km, Andrea, di nascosto dalla moglie Lucia, si recava regolarmente da lei. Si vedevano anche tre volte alla settimana, soprattutto la mattina, sfruttando ogni singolo momento libero.
Ricordo una di quelle mattine, l'aria fresca dell'alba che mi accarezzava il viso, il profumo del caffè ancora nell'aria. Scendevo le scale di casa, il cuore che mi batteva forte per l'eccitazione e un pizzico di colpa che mi pizzicava dentro. Davide era al lavoro, ignaro di tutto. Andrea mi aspettava nella sua auto, parcheggiata un po' più in là, per non dare nell'occhio. Quando entravo, il suo sguardo famelico mi avvolgeva, quasi mi spogliava con gli occhi. Senza perdere un attimo, mi sedevo a cavalcioni su di lui, le mie gambe che si stringevano attorno ai suoi fianchi, la mia minigonna che scivolava via, rivelando la mia intimità già umida e pronta. Sentivo il suo sapore sulla mia pelle, l'odore muschiato del suo corpo che mi inebriava fino in fondo. Il modo in cui mi guardava, con quella fame primordiale che mi faceva sentire la donna più desiderata del mondo. Il suo membro turgido entrava in me con una spinta decisa, e iniziavo a cavalcarlo con foga, i gemiti che mi sfuggivano senza controllo, le sue mani che stringevano le mie natiche con forza. Lui amava vedermi così, completamente sua, in quel contesto rubato, clandestino. E quando il piacere mi travolgeva, lui si staccava, il suo membro grondante che sbatteva contro le mie cosce. E poi, con un gesto esperto, lo prendeva e godeva nella mia bocca, inghiottivo tutto il suo seme, assaporando fino all'ultima maledetta goccia. Ogni volta, era un rituale di sottomissione e possesso, che mi faceva sentire incredibilmente potente e al contempo totalmente sua. Tornavo a casa, il sapore di lui ancora in bocca, e la casa vuota sembrava quasi complice di quel segreto.
Quello che era iniziato come un gioco trasgressivo, come un'altra delle mie sfide personali, si stava trasformando, nella mia mente, in qualcosa di più profondo. Mi ritrovai a pensare ad Andrea costantemente, attratta dal suo fascino maturo, dalla sua sicurezza e da quella sensazione di novità assoluta che mi dava. Iniziai a fantasticare su un futuro con lui, a immaginare una vita diversa da quella che avevo con Davide. Per un periodo, mi illusi di essere realmente innamorata di Andrea, una pericolosa infatuazione che mi portò a mentire e a tradire la fiducia di Davide. Era un turbine di emozioni, un'ebbrezza che mi faceva sentire viva e desiderata, e in quel momento, non riuscivo a vedere le conseguenze, accecata da quella passione bruciante.
Il tradimento andò avanti per diverse settimane, durante le quali io, Diana, divenni sempre più sfuggente e distante, una bugia costante appesa tra noi. Davide, inizialmente confuso, cominciò a sospettare qualcosa. La verità venne a galla in modo banale e doloroso: trovai dei messaggi compromettenti sul cellulare di Diana, scambi tra lei e Andrea che non lasciavano spazio a dubbi. La scoperta fu un colpo al cuore, una fitta che mi tolse il fiato. Mi sentii tradito, umiliato e furioso. Il mondo che avevamo costruito con Diana, basato sulla fiducia e sulla complicità, crollò in un istante, ridotto in mille pezzi da quelle parole sullo schermo del suo telefono.
La mia reazione fu un misto di rabbia e disperazione. Mi confrontai duramente con Diana, la voce che mi tremava per la rabbia repressa che mi bruciava dentro. La accusai di aver tradito la mia fiducia, di essersi fatta delle illusioni e, soprattutto, di aver pensato che non potesse esserci una soluzione condivisa, visto il passato che avevamo in comune, la strada che avevamo percorso insieme. Era una pugnalata nel profondo, un tradimento che andava oltre il fisico, toccando la nostra stessa essenza.
Diana, messa alle strette, confessò la sua infatuazione per Andrea, ammettendo di essersi lasciata travolgere dalla passione e dall'illusione di un sentimento più grande. Mi sentivo in colpa, sì, ma allo stesso tempo, quella sensazione di

liberazione

che avevo provato con Andrea era così forte da annebbiare il mio giudizio. Mi dispiaceva per Davide, ma ero anche confusa, intrappolata tra il desiderio e il senso di colpa che mi logorava.
Nonostante il dolore lancinante e la rabbia che mi bruciava dentro, non riuscivo a immaginare la mia vita senza Diana. Era la mia compagna, la mia regina, anche con tutte le sue trasgressioni e le sue bugie. Decisi di lottare per riconquistarla, di dimostrarle che il nostro amore era più forte di quella infatuazione passeggera, di quel

fuoco di paglia

che l'aveva travolta. La battaglia interna era feroce. Una parte di me urlava di andarsene, di porre fine a quel dolore. Ma l'altra, quella più profonda e radicata, non riusciva a concepire un futuro senza di lei. Era un tormento costante, ma la mia determinazione a salvarla, a salvarci, era più forte di ogni umiliazione. Ero disposto a tutto, a spingermi oltre ogni limite pur di riaverla, anche se ciò significava accettare situazioni che avrebbero distrutto la maggior parte degli uomini.
Iniziò un difficile percorso di riconciliazione, fatto di tentativi di dialogo, gesti romantici e una rinnovata attenzione ai bisogni di Diana. In questo processo, io, Davide, mi spinsi oltre i miei limiti, accettando anche situazioni estremamente cuckold, sperando che questo potesse riportarla a me, a noi.
Una sera, con la pesantezza delle nostre discussioni ancora nell'aria, accettai di andare a giocare a calcetto con gli amici, un tentativo di trovare un po' di normalità, un attimo di respiro. Mentre ero fuori, Diana organizzò una cena con dopocena insieme ad Andrea, un gesto che, per quanto mi tormentasse, speravo potesse essere l'inizio della fine di quella storia.
Quando rientrai a casa, trovai le luci soffuse, musica sensuale proveniente dalla camera da letto e un'atmosfera carica di tensione erotica, quasi palpabile. Mi avvicinai alla porta, esitante, il cuore che mi batteva all'impazzata nel petto, e la aprii lentamente.
La scena che si presentò ai miei occhi era al limite dell'immaginabile, un pugno allo stomaco e un'ondata di eccitazione perversa che mi travolse. Diana e Andrea erano sul nostro letto matrimoniale, completamente nudi e avvinghiati in un amplesso sfrenato. Diana, con i capelli scompigliati e gli occhi socchiusi per il piacere, cavalcava Andrea con foga, i seni che ondeggiavano ad ogni spinta, il suo corpo che si muoveva in un ritmo tribale di pura lussuria. Andrea, con il viso contratto in un'espressione di estasi, la penetrava con movimenti decisi e profondi, le mani che le stringevano i fianchi con forza, quasi a volerla assorbire. I loro corpi sudati si muovevano all'unisono, i gemiti e i sospiri che riempivano la stanza, il cigolio delle molle del letto che scandiva il ritmo della loro passione.
Rimasi immobile sulla soglia, il cuore che mi martellava nel petto, un tamburo impazzito. Il dolore mi lacerava, un'umiliazione bruciante mi avvolgeva, ma sotto tutto questo, sentivo una scarica elettrica, un'eccitazione che mi travolgeva, quasi mi soffocava. Era come assistere a un'opera proibita, la rappresentazione della mia peggiore paura e del mio desiderio più recondito, tutto in un unico, devastante, momento. I suoi gemiti, il modo in cui i loro corpi si fondevano, era una droga che mi attirava e mi respingeva contemporaneamente. Ogni spinta di Andrea era un chiodo conficcato nel mio orgoglio, ma anche un inno alla sua libertà, alla sua capacità di generare quel piacere assoluto. E non era finita. Quei due si muovevano con una fame insaziabile. Andrea la sollevò, appoggiando le sue gambe alle proprie spalle, penetrandola ancora più a fondo, mentre Diana gli stringeva la vita con le cosce, il bacino che roteava con una grazia e una voracità incredibili. Poi si ribaltarono, Diana sotto, le gambe divaricate, offrendogli ogni angolo di sé. La vidi prendere la sua erezione in mano, guidarla tra le sue labbra umide, succhiando con una tale maestria che sentii un gemito strozzato uscirmi dalla gola, anche se la scena non era per me. I suoni si intensificavano: schiocchi bagnati, respiri affannosi, l'odore acre del sesso nell'aria che mi stordiva. Lei si inarcava, la schiena che si staccava dal materasso, gli occhi chiusi in una smorfia di puro, estasiante piacere, mentre Andrea si spingeva dentro di lei con una determinazione quasi brutale, i muscoli tesi, la faccia rossa per lo sforzo e l'orgasmo imminente. Rimasi lì, incollato allo stipite, ogni mio nervo che urlava, la mia eccitazione che cresceva in modo incontrollabile, alimentata dal loro sfrenato godimento.
Dopo qualche minuto di osservazione, il respiro bloccato in gola, mi ritirai mestamente, accostando la porta senza fare rumore. Mi diressi verso la cameretta degli ospiti, dove mi rannicchiai sul letto, cercando di non sentire i rumori, i gemiti, i sospiri che provenivano dalla stanza accanto, ma ogni suono era una spina conficcata nel cuore. Diana e Andrea continuarono a divertirsi nel letto matrimoniale, incuranti della mia presenza e del mio tormento. Nel buio della cameretta, la frustrazione e l'eccitazione mi stavano divorando. I suoni che mi giungevano dalla stanza accanto – i gemiti di Diana che si fondevano con i sospiri di Andrea, il cigolio ritmico del letto – erano un tormento sublime. Sentivo il sangue pomparmi nelle vene, il mio cazzo che si tirava a dismisura, duro come una roccia, pulsante di desiderio represso. Non potei fare a meno di allungare una mano, di afferrare la mia erezione e iniziare a pomparla, gli occhi chiusi, cercando di immaginare di essere io al suo posto, di sentire il calore di Diana intorno a me. Ogni spinta di Andrea che sentivo mi faceva spingere più forte, la mia mente che ricreava ogni dettaglio della scena a cui avevo assistito, la sua schiena inarcata, i suoi seni che saltavano. Misi una mano tra le gambe, sul mio scroto, stringendolo e lasciandolo, cercando di intensificare la sensazione. Gemetti piano, un suono quasi impercettibile, inghiottito dal rumore dei loro amplessi. La mia pelle era un bruciore, il mio corpo intero teso in un arco di tensione. Mi avvicinai sempre più al limite, i muscoli contratti, la respirazione affannosa, fino a quando, con un ultimo, disperato spasmo, venni, il mio sperma che mi macchiava la pancia, una liberazione amara, macchiata dal sapore del tradimento e dell'umiliazione.
Quando Andrea andò via quella notte, lasciando un silenzio carico nell’appartamento, mi alzai dal letto matrimoniale. Sentivo ancora l'odore di Andrea sulla mia pelle, il sapore del suo seme in bocca. Ero esausta ma stranamente soddisfatta. Sapevo di aver ferito Davide, ma c'era una parte di me che non riusciva a pentirsi completamente. Era stata un'esplosione, una liberazione, e la sua sofferenza, perversa come poteva sembrare, era una parte del gioco che lui stesso aveva accettato, anche se in questo caso avevo superato il limite.
Mi avvicinai alla cameretta degli ospiti, la porta leggermente socchiusa. Lo trovai lì, Davide, rannicchiato sul letto, il lenzuolo appena mosso. Vidi il suo membro e lo toccai, era bagnato, la prova che anche lui aveva cercato conforto nel piacere solitario. Fu un'ondata di sensazioni contrastanti. Vedere la sua umiliazione, il suo desiderio frustrato, mi diede una strana, perversa gioia. Ero la causa del suo tormento, ma anche l'unica che potesse alleviarlo. E il fatto che si fosse masturbato pensando a me, mentre io ero con Andrea, era un'ulteriore conferma del suo amore, della sua devozione, anche nella sofferenza.
Mi avvicinai a lui, gli tirai via il lenzuolo.

Allora non ti è dispiaciuto?

dissi mentre lo accarezzavo. Poi, sorprendendolo lo invitai a seguirmi sul talamo nuziale. Mi sdraiai, lo invitai a leccarmi la figa, la mia figa, sporca dei rapporti con Andrea. Volevo che sentisse il suo odore, il suo sapore, che capisse fino in fondo cosa fosse successo. Ero umida, calda, e le sue labbra si aprirono sul mio clitoride, mentre le mie parole lo torturavano con delicatezza ma decisione. Sentivo il mio odore, l'odore di Andrea, la lingua di Davide, un cocktail inebriante. Davide era in preda a un grande impegno. E in quel momento, pur essendo sporca di un altro, mi sentivo completamente sua, desiderata in un modo che andava oltre il comprensibile.
Alla fine, gli diedi quello che desiderava. Mi concessi a Davide, sul talamo nuziale, con il ricordo vivido di Andrea ancora addosso. Fu un amplesso diverso, carico di rabbia, desiderio, perdono e possessività. Era un tentativo disperato di ricucire, di ritrovarsi, di capire se il nostro amore poteva ancora sopravvivere a quella tempesta.
Nel frattempo, la moglie di Andrea, Lucia, scoprì il tradimento del marito in modo rocambolesco, una modalità talmente incredibile anche solo da raccontare, quasi degna di un film. La scoperta fu uno shock per Lucia, che si sentì umiliata e tradita nel profondo della sua anima. La sua reazione fu di rabbia e risentimento, ma alla fine, dopo gli inevitabili litigi e un periodo di grande dolore, decise di perdonare Andrea, spinta da un amore ancora forte e dalla volontà di salvare il loro matrimonio, anche se a caro prezzo.
Dopo mesi di alti e bassi, di tentativi di riconciliazione e di momenti di crisi che sembravano non finire mai, io, Davide, e Diana riuscimmo a ricostruire il nostro rapporto. Il tradimento aveva lasciato delle cicatrici profonde, ferite che avrebbero impiegato tempo a guarire, ma entrambi eravamo determinati a non arrenderci. Lavorammo sodo per recuperare la fiducia reciproca, per riaccendere la passione che sembrava essersi affievolita e per riscoprire la complicità che ci aveva sempre uniti, quella scintilla che ci rendeva unici.

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