Diana, la Dea dell'Olympo
by LokiDianaПосмотрели: 906 раз Комментарии 2 Date: 26-08-2020 Язык:
Erano stati mesi particolari, un saliscendi di emozioni, difficoltà, scoperte interiori e… noi. Mesi di noi.
Dopo tanto tempo e tante peripezie ci eravamo ritrovati in un curioso incrocio che il destino aveva voluto riproporre, forse una volta per tutte. Era ancora più bella di come la ricordassi, più donna, profonda, un po’ disillusa dalla vita ma, a suo modo, smaniosa di raggiungere quello che mai aveva avuto: la serenità, la consapevolezza, un uomo che la amasse, complice, totalizzante, divertente, audace, come prometteva di essere lei. Come era sempre stata lei. Una felicità da raggiungere restando lei stessa, senza scendere a patti ma lasciando libero il posto accanto a lei dove, guarda caso, proprio io stavo ritrovando me stesso, accettando di buon grado di lasciarmi trascinare nel vortice di spontaneità e sincerità che Diana, senza mai pretenderlo a parole, dava però l’idea di esigere.
Stava diventando importante per me ogni giorno di più, era impossibile non accettare quel tacito accordo, così distante dalle abitudini di una vita intera, acquisite in storie passate con qualche calibrato atteggiamento affinato sul copione della mia esistenza che, a un certo punto, perdendomi nell’incantesimo della mia Diana, avevo scelto di stracciare.
Così, in una giornata d’inizio estate, eccoci seduti a un tavolo di un ristorantino sul litorale laziale, a sorridere di noi e della fortuna di aver trovato posto nonostante la calca che in quelle prime giornate di solleone scaldava pelle e cuore.
Il vino bianco fresco sgorgava nelle nostre gole e fra i nostri sorrisi traspariva quello che fra me e lei non è mai mancato, nemmeno nei momenti di maggior lontananza: la voglia di possedere l’altro.
Al resto pensava il vino, che dopo un paio di portate aveva fatto il suo dovere: Diana, fingendo di giocare con i suoi sandali, sotto il ridotto tavolino sfiorava la mia gamba intensificando la potenza del suo sguardo, penetrante nei miei occhi, causandomi la solita, ennesima, erezione di giornata.
Fu così che iniziarono anche le provocazioni verbali, reciproche, sempre più spinte e veritiere, fino a che, quasi in contemporanea, fece capolino un’idea fino a quel momento rimasta nel limbo della nostra fantasia, manifestata, come spesso accade, durante qualche momento di vivace intimità: “Andiamo alle terme”.
Ovviamente non intendevamo terme “classiche”, ma di quelle naturiste, locus amoenus che molti di voi, frequentatori del sito, ben conoscono.
Si dà il caso che noi fossimo assolutamente neofiti a tal proposito, immaginerete dunque l’eccitazione e l’adrenalina proprie del momento, sensazione che inaugurò il nostro “percorso” sin dal parcheggio della spiaggia dove, dall’interno della nostra vettura, pensai bene di iniziare a denudare Diana, lasciandola a seno all’aria, sditalinandola per bene per scaldarla ancor più di quanto già non lo fosse.
Lo sguardo spudorato di alcuni ragazzi poco distanti da noi non fece altro che intrigarci ancor di più convincendoci a mettere in moto e partire alla volta della nostra inedita destinazione.
Il tragitto fu un viaggio di risate e follia: complici come non mai (o forse come sempre), Diana tenne per tutto il tempo le sue tette scoperte con il finestrino abbassato, attirando lo sguardo sorpreso e allupato dei passanti uomini, e quello scioccato e un po’ invidioso delle “colleghe” donne.
I suoi seni sono ben visibili dalle foto pubblicate, ma vi assicuro che dal vivo sembrano disegnati da un artista particolarmente ispirato, senza contare i capezzoli che, come dure ciliegie, donano alla mia donna un erotismo, un’aria da porca sbarazzina, impareggiabili.
La musica della radio, poi, accompagnava il nostro cammino verso la trasgressione quasi come fosse una gita fuori porta, mentre le nostre mani, mai dome, aggiungevano malizia a malizia, regalando ancor più impazienza alla nostra voglia di realizzare ciò che avevamo in mente.
Le terme naturiste Olympo, zona Casal Palocco, sono state il nostro primo luogo di perdizione, se così possiamo definirlo.
Giunti nel parcheggio, senza farci abbattere da un piazzale esterno anonimo, entrammo all’interno della struttura percorrendo un breve corridoio a luci rosse soffuse, raggiungendo la reception dove una ragazza di origini straniere fu subito pronta ad accoglierci e a descrivere il regolamento della spa.
Ero incredibilmente a mio agio, seppur emozionato. Stavo facendo qualcosa di insolito e trasgressivo con la mia donna, la quale durante la spiegazione della receptionist scorgevo con la coda dell’occhio notando una sorprendente disinvoltura. Diana è così: se vuole qualcosa, la ottiene; se vuole mettersi alla prova, non c’è timore che la riguardi; se è eccitata, beh, auguratevi di essere nei paraggi perché rischio di non bastarle.
Entrammo, quindi, ciascuno nel proprio spogliatoio, separandoci giusto per il tempo di ritrovarci poi fuori in corridoio con i nostri corpi avvolti nell’accappatoio fornitoci dalla struttura.
Le Terme Olympo non sono molto estese: hanno una piscina abbastanza grande con “bocche” per l’idromassaggio e una vasca, più piccola, anch’essa idromassaggio, a bordo delle quali sono posti dei lettini piuttosto accoglienti. In un altro spazio della struttura si trovano, invece, alcune stanze aperte con al centro dei letti più comodi, ovviamente dedicati alle “monte”, seppur l’ambiente ci sia sembrato da subito un po’ angusto e claustrofobico.
Motivo per cui, spogliatici per la prima volta dinnanzi ad estranei in tutta la nostra nudità, mano nella mano entrammo in acqua godendo del tepore e delle bolle che avvolgevano pelle e cattivi pensieri.
Non sapevo cosa la mia compagna avesse in mente, credo non lo sapesse nemmeno lei. Forse credevo saremmo stati lì per curiosare con malizia qua e là, spiare altre coppie e squadrare la dotazione di qualche singolo (anche se lei va sempre ripetendo che non è quello che le donne guardano, almeno inizialmente).
Le nostre lingue, però, si insinuarono da subito voluttuose nella bocca l’uno dell’altra, mentre nell’acqua le mani scorrevano più sciolte ed esperte ogni minuto che passava.
Non mi sarei mai immaginato che da lì a poco proprio noi, alla prima volta all’interno di una spa naturista, inaugurassimo di fatto le danze che in breve tempo partirono qua e là nelle due vasche, in una sorta di set alla Tinto Brass, ricco di erotismo e malizia.
Diana decise ben presto di prendersi il mio cazzo. Lo ama alla follia, e in certi casi ai preliminari preferisce le lunghe cavalcate. Non fu da meno in quella circostanza, salendomi sopra e poggiando le sue braccia intorno al collo, ondeggiando col bacino al fine di permettere la piena penetrazione all’interno della sua fica, pronta ormai da ore a ricevere il suo giocattolo preferito.
Scorgevo gli occhi dei presenti puntati sulla sua schiena, incantati dal suo movimento sinuoso come serpenti con il loro fachiro, mentre lei, Diana, alternava baci appassionati a sorrisi convinti, come se attorno non ci fosse nessuno, al tempo stesso come se fossimo noi al centro del mondo.
Godeva, la troia, e godevo io ad allargarle la fica sempre di più, mentre mugolii e suoni di piacere riempivano ormai la grande stanza come un’eco del suo godimento.
Dopo interminabili momenti, ci staccammo solo per l’avvicinarsi di una coppia e un paio di singoli che ci destarono dalla nostra sensuale danza. Ci sorridemmo divertiti e ci spostammo su più angoli per avere diverse visuali: dallo sguardo speranzoso dei singoli al sesso consumato da altre coppie, ormai tanto sfrontate da realizzare qualche audace scambio. Non mancavano nemmeno provocanti effusioni tra donne: “Saranno habitué” pensai, notando la loro nonchalance nei gesti saffici.
Non sapevo che da lì a poco, proprio Diana sarebbe divenuta abile rappresentante di quegli stessi gesti.
Eravamo, infatti, assiepati a un angolo della piscina più grande. Diana aveva appena finito di spompinarmi a pochi centimetri da un ragazzo in estasi, quando una lei di coppia, incrociata poco prima nella vasca più piccola, ruppe gli indugi avvicinandosi.
Se durante il primo incontro avevamo scambiato due parole con lei e il suo uomo, definendo da subito l’intenzione di Diana di evitare contatti con lui (un ragazzo enorme con un arnese altrettanto grande, messo in risalto da un anello di metallo posto alla base di nerchia e testicoli), al secondo tentativo la giovane ragazza dimostrò subito di non importarsene di quel vincolo posto dalla mia stupenda regina, optando per prendere in mano sia la situazione sia la stessa Diana.
Per la prima volta vidi la mia lei lasciarsi trasportare in un bacio lesbo che sembrava non volesse mai interrompere. La giovane, carina nel volto e con un corpo sfizioso, dava idea di saperci fare non poco, denotando un’esperienza insolita per la sua età. All’angolo, proprio come un pugile, avevo la schiena di Diana poggiata sul mio petto, mentre le effusioni fra lei e la sua nuova amica mi indussero ben presto ad alzarle da dietro il bacino, porgendolo di fatto come un vassoio d’argento verso la bocca della giovane.
Diana sembrava in estasi: nelle braccia del suo uomo, stava finalmente trasgredendo davanti a occhi estranei, con la lingua di una giovane lei che le stimolava le viscere, facendo della sua vagina un appetitoso bocconcino mentre lui, frustrato dall’impossibilità di godere anch’egli della mia donna, si menava il cazzo nerboruto giocando con il piccolo seno della sua compagna.
Non so quanti minuti passarono, ma so che terminarono in un sorriso complice delle due donne, in una silenziosa ma tangibile approvazione generale, e delle coppie e dei singoli.
Diana, ancor più bella nei suoi brividi di piacere al suo ritorno alla realtà, sembrava incredula di quanto appena accaduto, mentre la giovane le rivelava di essere effettivamente sovente frequentatrice di quel luogo e di avere solamente 23 anni.
Trascorremmo ancora qualche decina di minuti fra i locali della spa, approfittando del piccolo bar per una pausa da quell’harem particolare e per confrontarci, complici, su quanto appena accaduto.
La voglia di tornare ad essere noi, speciali nella nostra normalità, man mano tornò a farsi sentire: riparammo, dunque, negli spogliatoi per poi uscire da quella dimensione nuova e ricca di intrigo e ritrovarci in quel parcheggio giustamente anonimo e poco esplicito che avevamo capito essere strategico per non attirare i… benintenzionati.
Non dovrei rivelarlo perché appartenente a una sfera più intima e meno ludica, forse, ma quella sera fu una delle più belle mai vissute con Diana.
Dopo una cena sfiziosa consumata in un ristorante vicino casa, ci ritrovammo fra le nostre lenzuola a stringerci più uniti e complici che mai, in una sorta di promessa, rinnovata, ad essere l’uno unico per l’altra nonostante avessimo, per la prima volta, varcato il limite del classico e tradizionale rapporto di coppia.
Quella notte fu sesso e amore, fu completezza, furono sorrisi e passione, fu libertà e gelosia.
Curiosa, divertita, eccitata, vederla così era un orgasmo nell’orgasmo per me, e fu allora che decisi (e lei con me, suppongo), di vivere il nostro rapporto senza mai precluderci nulla, alla ricerca del piacere dell’altro, danzando di volta in volta fra i pensieri nascosti della sua mente e i brividi sulla sua pelle.
Fu probabilmente allora che decisi di non poter più fare a meno di Diana nella mia vita.