RACCONTO TITOLO: Ricordi di gioventù 
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Ricordi di gioventù


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Ricordi di gioventù

by rikisemplice
Visto: 1008 volte Commenti 9 Date: 22-09-2021 Lingua: Language

Molti ci scrivono, chiedendoci come ci siamo avvicinati ai giochi esibizionistici e, a quest’argomento, abbiamo già dedicato un racconto in cui abbiamo descritto la nostra prima avventura in pubblico.
Ogni tanto, però, riaffiorano i ricordi e quelli più “succosi” meriterebbero di essere raccontati, ma per scrivere ci vuole tempo: oggi ho trovato un’oretta per raccontarvene almeno uno.
Preparatevi a leggere una storia che, in alcune parti, vi sembrerà incredibile, ma vi garantisco che i fatti si svolsero esattamente come li descriverò.
Era un giorno d’estate ed eravamo molto giovani … lei 16 anni, io qualcuno di più!
Di solito andavamo in giro in moto, ma quel pomeriggio avevo voglia di qualcosa di diverso. Al telefono le proposi di prendere l’autobus per il centro di Torino e le indicai esattamente cosa dovesse indossare: maglietta bianca semitrasparente e mini con gli anelli (lei sapeva cosa intendevo), bianca, molto corta. Non occorreva ricordarle il divieto di indossare reggiseno, né slip.
Ovviamente conoscevo perfettamente il suo guardaroba, quindi sapevo esattamente cosa volevo!
Al telefono lei accennò una minima perplessità: ”Ma sull’autobus con quella gonna … sono praticamente nuda”. La mia risposta non le lasciò altro spazio:” Infatti. Lo so.”
Andai a prenderla sotto casa e attesi qualche minuto e, solo al pensiero di vederla arrivare vestita come le avevo chiesto, avevo già il cazzo duro. La maglia lasciava trasparire le sue meravigliose tette da sedicenne e i suoi capezzoli turgidi, la mini invece merita una descrizione più dettagliata: erano due rettangoli di stoffa a coprire culo e figa, tenuti insieme da grossi anelloni di plastica, che lasciavano una striscia di una decina di centimetri di pelle nuda sui fianchi e lungo la coscia, togliendo qualsiasi dubbio sull’assenza di slip. Per finire, la stoffa aveva la capacità di salire ad ogni passo con una velocità tale, che ogni cinque metri si ritrovava con il culo scoperto. Comunque, se aveste ancora dubbi, pubblico una foto risalente più o meno a quel periodo o pochi anni dopo (ormai non ricordo più), in cui la indossa al bar. Per inciso: nonostante siano passati oltre 30 anni, quella gonna esiste tuttora e, in alcune occasioni, la indossa ancora!
La attendevo sul marciapiede, quando la vidi uscire dal portone e percorrere il vialetto, che attraversava il giardino, per arrivare sulla strada. Una delle cose che già allora mi facevano impazzire era la disinvoltura con cui usciva di casa mezza nuda, incurante dei vicini e di cosa potessero pensare. Ricordo che quel giorno incrociò il portinaio che le disse “ciao” e poi non le scollò gli occhi di dosso, finché non ci allontanammo.
Ridendo le dissi che il portinaio se la stava mangiando con gli occhi e lei mi rispose: ”Per forza: sono nuda!”
Ci incamminammo verso la fermata, distante una decina di minuti a piedi. Durante la passeggiata le chiedevo di andare un po’ più avanti, perché volevo godermi lo spettacolo della gonna che saliva ed il culo che rimaneva scoperto. Lei conosceva perfettamente la regola: se la gonna saliva doveva attendere che io le dessi il permesso di ricomporsi, ma, fino ad allora, doveva restare con il culo scoperto e, a volte, anche la figa. Questa regola la eccitava parecchio: a lei piaceva scoprirsi, ma sapere di essere costretta a farlo e non potersi coprire, se non chiedendo il permesso la faceva impazzire.
Giungemmo alla fermata del 63, in Corso Unione Sovietica, direzione centro città. Erano già in attesa cinque o sei persone, di cui non ricordo assolutamente nulla. Restammo in piedi alcuni minuti; io la guardavo con quella maglietta che non era esattamente come quella “fina” del brano di Baglioni, nel senso che, più che immaginarsi tutto, si vedeva proprio tutto! La mini copriva appena culo e figa.
In quel momento non facevo caso se le altre persone la guardassero, ma suppongo di sì. Ripassammo la lezione: le dissi che, una volta saliti, doveva dirigersi verso il fondo e sedersi nei sedili di coda, davanti al corridoio, facendo finta di essere da sola: non era ora di punta, quindi ci sarebbe stato sicuramente posto. Io mi sarei fermato più distante, perché volevo godermi la scena: doveva star seduta,gambe leggermente scostate, ma senza esagerare e lasciarsi guardare la figa, fino a quando non le avessi fatto cenno di alzarsi, per scendere. Di lì a poco arrivò il bus: salimmo per primi. Per la precisione feci salire lei per prima, davanti a me.
Già al primo gradino aveva il culo scoperto e, da sotto, io, come tutti quelli che attendevano per salire, poterono ammirare anche la sua figa. Sul bus c’erano alcune persone sedute ed altre in piedi, nonostante ci fosse posto per tutti. Lei, ubbidiente, si diresse verso il fondo, con la mini che lasciava intravvedere l’attaccatura delle cosce ai glutei. Ovviamente gli occhi erano tutti, uomini e donne, su di lei, suppongo con opposti sentimenti!
Nonostante gli anni trascorsi, ricordo ancora come fosse ieri, istante per istante, quell’esperienza così intensa. Lei giunse davanti al sedile, si voltò e si accomodò. Si sedette in modo naturale, esattamente secondo le mie disposizioni. Nonostante la sua compostezza, la mini così corta non poteva che salire ulteriormente e le gambe leggermente scostate lasciavano in vista i peli della sua figa, già allora molto curata, anche se ancora non la teneva rasata come oggi.
La mia posizione mi permetteva di vedere lei, anche se un po’ distante, ma soprattutto potevo osservare tutti gli altri che, ormai, avevano gli occhi fissi su di lei. Lei a tratti cercava il mio sguardo, poi si guardava intorno e si rendeva conto di essere al centro dell’attenzione. Mi avvicinai di qualche passo, per poterla ammirare meglio e cogliere nei particolari quanto avesse la figa in mostra. Quella visione mi stava letteralmente facendo impazzire e lei lo notò, sia dal mio sguardo, ma anche dai miei pantaloncini estivi: avevo il cazzo che stava per scoppiare.
Sapevo bene quanto quella situazione la facesse eccitare, ma ancora non avevo sperimentato quanto lei potesse perdere il controllo. Ci stavamo guardando negli occhi ed era come se stessimo scopando. Ero a quattro o cinque metri: vedevo i suoi capezzoli duri come il marmo e le cosce che lentamente si erano aperte un po’ di più. D’un tratto iniziò ad accarezzarsi un ginocchio. Io la guardavo eccitato, ma allo stesso tempo impietrito da quella situazione così folle. Guardavo la sua mano muoversi, le dita leggermente flesse, unghie appoggiate sul ginocchio, quasi ad alleviare un leggero prurito. Le sue cosce completamente scoperte fino all’inguine si notavano anche a distanza, ma per chi era vicino lo spettacolo era da infarto.
Poi la mano si distese e scivolò lentamente verso l’interno della coscia, trasformandosi in una lenta carezza. Mentre la mano risaliva, le gambe si aprivano sempre di più, mostrando sempre più scoperta la figa e la strisciolina di peli neri che coprivano appena la vagina. Continuò ad accarezzarsi l’interno della coscia, per interminabili lunghi secondi. Risalì fino ai peli, che iniziò ad accarezzarsi dolcemente, a prenderli tra le dita, tirarli leggermente, quasi a volerli ordinare. Io stavo letteralmente impazzendo: avrei voluto tirarmi fuori il cazzo e masturbarmi, ma dovetti limitarmi a toccarmi attraverso le morbide tasche dei pantaloncini.
Questo movimento non le sfuggì e così crollò l’ultima barriera che ancora la tratteneva: per quanto la cosa possa sembrarvi impossibile, allargò ulteriormente le cosce e quella mano che fino al momento prima indugiava in mezzo ai peli, affondò tra le labbra della figa. A quel punto io esplosi e mi sborrai nei pantaloncini. Lei se ne accorse, notò la chiazza di bagnato e perse totalmente il controllo. Iniziò a toccarsi freneticamente. La mano, prima titubante, prese a muoversi sempre più ritmata, con le dita che ormai la penetravano. I suoi occhi, a tratti persi nel vuoto, cercavano i miei. L’espressione del volto era ormai stravolta dall’eccitazione. L’altra mano infilata sotto la maglietta aveva raggiunto il seno e stringeva il capezzolo tra le dita, senza però scoprirlo.
Intanto quasi tutti gli altri passeggeri le erano intorno. Più a distanza, una signora indispettita parlottava sottovoce con il marito: percepivo il tono secco, ma non riuscivo a comprendere le parole. Non tutti si erano accorti che fossimo insieme e che quello fosse un gioco erotico, originale per quanto pericoloso! Sicuramente qualcuno avrà pensato che fosse pazza.
Di fatto, il brusio sull’autobus e il movimento intorno a lei era diventato piuttosto evidente. Ormai giunta al culmine dell’orgasmo, credo non si avvedesse più di nulla, ma era tempo di intervenire. Mi feci largo tra le persone proprio nel momento in cui lei riaprì gli occhi e tornò in se stessa. La presi per un braccio e la trascinai via. Sul sedile lasciò un lago! Ci avvicinammo in fretta alla porta di discesa, sperando che arrivasse in fretta la fermata. Avevamo tutti gli occhi addosso, ma nessuno osò dire nulla. L’autobus rallentò, le porte si aprirono e noi ci fiondammo fuori. Temevamo che qualcuno ci seguisse, invece fummo i soli a scendere.
Mentre l’autobus si allontanava riconoscemmo distintamente le facce di chi, a bordo, aveva assistito allo spettacolo ed ancora guardava nella nostra direzione. Ci incamminammo, anche se il centro di Torino era ancora lontano. La parte posteriore della sua gonna, rimasta a contatto con il sedile, era completamente bagnata e trasparente. La guardai alcuni istanti, poi l’afferrai, la strinsi a me e limonammo a lungo, mentre le accarezzavo le cosce bagnate e la figa ancora calda.
Ricordo che le dissi:”Che gran puttana che sei” e lei mi rispose:”E a te piace”.
Ed in fondo sono le stesse parole che ci diciamo ancora oggi, quando, nel vano tentativo di comportarci in modo più prudente, come la saggezza dell’età dovrebbe consigliare, ci ritroviamo a vivere situazioni al limite, senza trovare la forza di resistere alla tentazione!!!

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