HISTORIA TìTULO: Il Trionfo della Padrona 
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HISTORIA

Il Trionfo della Padrona

by MisterFive
Visto: 50 veces Comentarios 0 Date: 15-07-2025 Idioma: Language

Avevo finalmente trovato la mia dimensione. Le mie settimane erano scandite dagli appuntamenti con i miei due amanti, Alessandro e Pippo, due uomini così diversi; eppure, entrambi così funzionali alla mia fame insaziabile. Alessandro, l'amante bisex, era quello da condividere con Matteo; le nostre serate a tre erano un tripudio di dominio, una celebrazione del mio potere sul mio marito cuckold. Pippo, invece, era l'amante più classico, più rude, più diretto. Con lui mi concedevo un piacere più semplice, più viscerale, senza giochi, solo sesso puro, selvaggio, sfrenato. Era la mia valvola di sfogo, il mio rifugio in una sessualità senza fronzoli, ed era sempre pronto a prendermi in ogni modo e ogni volta che volevo.
Il mio mondo si era ristretto al suo piacere. Ogni

C

apposta sul calendario da Giada per segnare gli incontri con i suoi amanti era un promemoria costante della mia sottomissione. E Pippo... Pippo era l'ombra che completava il quadro. Ricordavo ancora la gita al lago con Alessandro dove eravamo stati all’inizio dei nostri incontri. Dopo aver fatto il bagno nudo, egli mi aveva ordinato di praticargli un pompino con ingoio. Il sapore del suo seme nella mia bocca era stato un mix di umiliazione e un perverso piacere che mi aveva fatto tremare. Giada si era goduta i racconti separati di entrambi, il suo sguardo famelico che si nutriva della mia obbedienza. Ero diventato un burattino nelle sue mani, ma in qualche modo, un burattino che imparava a godere delle sue catene.
Coinvolgevo Matteo nel mio ménage con Pippo a modo mio. La sera, mentre mi preparavo per uscire con lui, mi divertivo a sottometterlo. Lo costringevo a guardarmi mentre mi truccavo, i miei movimenti lenti, sensuali, un balletto di provocazione. Gli ordinavo di spazzolarmi i capelli, di allacciare il mio vestito, le sue mani tremanti che sfioravano la mia pelle nuda.

Stasera penso che non metterò le mutandine, Schiavetto,

così il mio Pippo avrà un facile accesso, e tu potrai solo immaginare.

Spesso lo tormentavo prima di uscire

Matteo,

gli dicevo, il mio sguardo fisso nel suo,

devi aspettarmi al mio ritorno. Voglio raccontarti tutto quello che ho fatto. Ogni dettaglio, ogni gemito, ogni spinta.

E poi, giocavo con lui, il mio marito cuckold, descrivendogli le mie avventure, i miei orgasmi, il sapore del seme di Pippo. Le sue reazioni, il suo tormento, erano il mio dessert.
Ogni volta che usciva la stessa tortura. Vederla prepararsi per un altro uomo, sentirla sussurrare provocazioni, la mia mente che immaginava ogni dettaglio, ogni bacio, ogni penetrazione. Poi, il suo ritorno, l'odore di Pippo su di lei, i suoi racconti vividi, le sue risate. Il mio pene ingabbiato pulsava con un'intensità quasi dolorosa, un desiderio inappagabile che mi rendeva completamente suo.
Raggiunsi delle vette di dominazione assolute, sperimentando il mio potere su Matteo in modi sempre più estremi. Una volta, decisi di spingermi oltre.

Matteo,

ordinai, la mia voce fredda e autoritaria,

oggi la nostra casa sarà il mio bordello personale. Tu sarai sotto il letto, con un interfono e una flûte da champagne. Sentirai tutto, mio schiavo. E raccoglierai la tua semina.

Mentre Matteo si infilava sotto il letto, io accolsi Pippo, il mio amante selvaggio. Lo portai in ogni stanza della casa, esplorando ogni angolo con una passione sfrenata. Sul divano del salotto, in cucina, persino sul tavolo da pranzo, ci dedicammo a sessioni di sesso brutale e primordiale, compresi rapporti anali che mi facevano urlare di piacere. I miei gemiti, le mie urla, i suoni della nostra carne che si univa riempivano l'interfono. Sapevo che Matteo ascoltava, ogni respiro, ogni spinta.
Sotto il letto, il respiro affannoso, il mio pene che esplodeva. Le voci di Giada e Pippo riempivano l'interfono, i loro gemiti, i suoni della carne che si univa. Sentivo i loro corpi che si muovevano. La mia mano tremava mentre mi masturbavo in silenzio, raccogliendo il mio seme nella flûte di champagne, un tributo silenzioso alla loro passione sfrenata.
Una volta che Pippo se ne fu andato, con un sorriso soddisfatto sulle labbra, tirai fuori Matteo da sotto il letto. Controllai la flûte: il suo seme era lì, abbondante.

Bravo, mio schiavo,

dissi, la mia voce un elogio beffardo.

Hai prodotto bene. E ora, la tua ricompensa.

Lo portai in bagno, gli ordinai di mettersi nella vasca. Poi, mi alzai sopra di lui e gli concessi una

pioggia dorata

, il mio getto caldo che gli lavava il corpo, un rito di purificazione e di totale sottomissione.
Un'altra sera, tornai a casa dopo un incontro particolarmente intenso con Pippo. Matteo era già in ginocchio ad aspettarmi, il plug anale nel sedere, gli occhi pieni di desiderio e paura.

Mio schiavo,

gli dissi, la mia voce roca di piacere,

Pippo mi ha sfondato la figa stasera. Ogni centimetro del mio corpo è stato posseduto.

Il suo sguardo si accese di un'eccitazione perversa.

Ma ho un premio per la tua obbedienza.

Mi girai, piegandomi leggermente, offrendogli il mio culo.

Prendimi, Matteo. Voglio che tu senta quanto sono stata usata.

Matteo, con un gemito strozzato, mi penetrò. Il suo membro duro e caldo che entrava, lento, poi con foga. Ed io, incredibilmente, per la prima volta nella mia vita, ebbi un orgasmo anale, le mie urla che riempivano la stanza, il suo membro che mi martellava il didietro, facendomi tremare. Era un trionfo, la prova della mia completa, assoluta libertà.
Il dolore e il piacere si mescolavano in un'unica, inebriante sensazione. Ogni penetrazione, ogni spinta a Giada, era una conferma della sua padronanza, e il mio orgasmo, una resa totale.
Il top della situazione fu un giorno in cui, con Matteo ingabbiato e consapevole del suo destino, mi concessi a Pippo al mattino, con una sessione selvaggia e primordiale. Poi, la sera, mentre Matteo era ancora ingabbiato e a bocca asciutta, andai con Alessandro per un incontro più sofisticato, ma altrettanto intenso. Tornai a casa stremata, ma esaltata, il mio corpo ancora vibrante di piacere. Matteo mi aspettava, gli occhi pieni di una disperazione muta, il suo pene prigioniero che pulsava di un desiderio inappagabile.
La vista di lei stanca ma così evidentemente soddisfatta, usata nello stesso giorno dai due uomini, mi lacerava. Ero lì, ingabbiato, a bocca asciutta, condannato a desiderarla e a non poterla avere, a immaginarla tra le braccia di altri, ad assaporare il suo piacere solo attraverso la sua voce.
Mi sentivo ormai onnipotente. Avevo plasmato Matteo a mia immagine e somiglianza, un sottomesso perfetto, un burattino nelle mie mani. La sua sofferenza era la mia linfa vitale, il suo tormento, il mio piacere più grande.
La porta si chiuse alle nostre spalle, un tonfo secco che sigillò il nostro destino. Matteo era inginocchiato ai miei piedi, il suo sguardo rivolto al pavimento, il corpo ingabbiato immobile, la sua essenza completamente arresa al mio volere. Non c'era più traccia del marito di un tempo, solo uno schiavo devoto, plasmato dalle mie mani, piegato ad ogni mio capriccio. La mia sete di piacere e di dominio era stata saziata, ogni anfratto della mia sensualità esplorato e conquistato. Alessandro continuava a essere la mia fiamma costante, Pippo la mia scarica di adrenalina, e Matteo… Matteo era il mio trono, la base inamovibile su cui poggiare la mia corona. La mia risata riempì la stanza, un suono cristallino e trionfante.

Mio schiavo,

sussurrai, accarezzandogli la nuca,

il tuo destino è compiuto. Sei mio, completamente, eternamente mio. E il mio piacere non avrà mai fine.

I suoi occhi si alzarono, un lampo di perversa devozione in essi. Il

richiamo della foresta

era ora un unico, assordante ruggito, la sinfonia della mia vittoria, e Matteo era solo una nota in quella melodia, persa, ma profondamente, irrevocabilmente parte di essa. Non c'era più ritorno, solo l'eterno, perverso piacere del nostro accordo.

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