Il Gioco di Martina e Luca - Incontro 1
by BullMasterVr
Una mail mi raggiunse in una sera d’autunno, mentre scorrevo la posta sul laptop. L’oggetto recitava: “Richiesta di incontro, Padrone Eros.” Era Martina, 29 anni, che scriveva con una timidezza palpabile: “Gentile Padrone Eros, sono Martina. Francesca, una sua conoscenza, ci ha parlato di lei. Io e il mio compagno Luca, 35 anni, vorremmo proporle un’esperienza di sottomissione e cuckolding. Sono un po’ intimorita, ma desiderosa di conoscerla. Possiamo incontrarci per un caffè?” La sua scrittura tradiva un desiderio trattenuto, e la menzione di Francesca, una delle mie sweet, mi confermò che sapevano a chi si stavano rivolgendo. Risposi con poche righe, fissando un incontro per il giorno successivo in un bar discreto del centro.
Entrai nel locale con passo deciso, trovandoli subito a un tavolino d’angolo. Martina era una visione: capelli castani raccolti in una coda ordinata, occhi verdi che sfuggivano ai miei per timidezza, un maglioncino crema che accennava alle sue curve e una gonna al ginocchio che suggeriva eleganza e desiderio. Luca, al suo fianco, era curato, attraente, ma con un’aria di tensione che tradiva il suo ruolo. Non mi presentai con parole superflue; il mio sguardo e il mio portamento parlavano per me. “Martina, Luca,” dissi, sedendomi con calma, la voce ferma, bassa, che non ammetteva esitazioni. Loro annuirono, percependo subito l’autorità che emanavo. Martina arrossì, abbassando lo sguardo. Luca strinse la mia mano, il suo “Piacere, Padrone Eros” appena udibile.
Ordinammo tre caffè. “Parlate,” dissi, appoggiandomi allo schienale, il tono che non lasciava spazio a giri di parole. Martina esitò, giocherellando con la tazza, le guance rosse. “Voglio… essere la sua troietta,” sussurrò, la voce tremante ma sincera. “E Luca… vuole essere il nostro maggiordomo sottomesso. Gli piace essere umiliato, guardarmi mentre mi arrendo a lei.” Luca annuì, il volto teso. “È così,” confermò, la voce incerta. Non risposi subito, lasciando che il silenzio pesasse, che sentissero il mio controllo. Sapevano chi ero, e la mia presenza lo ribadiva senza bisogno di parole.
Decisi di testare Martina, per vedere quanto fosse pronta a piegarsi. “Martina,” dissi, il tono calmo ma inflessibile, “dammi la tua mano.” Lei esitò un istante, gli occhi che saettavano verso Luca, poi posò la mano sul tavolo, le dita tremanti. La presi, il mio tocco deciso, il pollice che accarezzava il dorso con una lentezza deliberata, un gesto che era al contempo intimo e dominante. Sentii il suo respiro accelerare, un piccolo fremito che tradiva la sua resa. “Brava,” dissi, la voce bassa, un comando mascherato da lode. “Tienila qui, qualunque cosa faccia.” Lei obbedì, il corpo teso, mentre le mie dita scivolavano lungo l’interno del polso, sfiorando la pelle sensibile con una precisione che la fece rabbrividire. Era un tocco sottile, ma carico di autorità, un assaggio del controllo che avrei esercitato su di lei.
“Luca,” dissi, senza distogliere lo sguardo da Martina, “ti piace vedere la tua donna così, già pronta a obbedirmi?” Lui deglutì, il volto arrossato. “Sì, Padrone Eros,” mormorò, la voce spezzata. Martina abbassò gli occhi, ma non ritirò la mano, il suo corpo che rispondeva al mio tocco come se fosse già mio. Continuai, lasciando che le mie dita tracciassero cerchi lenti sul suo palmo, un gesto che era una promessa di ciò che sarebbe venuto. “Martina, sei pronta a darti a me, davanti a lui?” chiesi, la voce che tagliava l’aria come una lama. Lei annuì, un sussurro timido: “Sì, Padrone Eros.” La sua obbedienza, fragile ma assoluta, era esattamente ciò che volevo.
Finimmo il caffè. Mi alzai, il mio sguardo che li inchiodava entrambi. “Martina, avvicinati.” Lei si alzò, il corpo vicino al mio, il suo profumo dolce che non intaccava la mia compostezza. Le presi il mento, sollevandole il viso con un gesto deciso. “Guardami,” ordinai. I suoi occhi verdi, timidi ma desiderosi, incontrarono i miei. La baciai, un bacio lento, profondo, possessivo, la mia lingua che reclamava la sua bocca mentre lei si abbandonava, un gemito soffocato che sfuggiva dalle sue labbra. Luca, a un metro da noi, era immobile, il volto in fiamme, il suo ruolo già chiaro. Mi staccai, lasciandola tremante. “Ci vediamo la settimana prossima, da voi,” dissi, il tono che non ammetteva repliche. “Preparatevi.” Martina annuì, gli occhi lucidi. Luca mormorò un “Sì, Padrone,” e io uscii, il loro desiderio che bruciava nell’aria.
Una settimana dopo
La loro casa era un appartamento moderno, con grandi finestre che lasciavano filtrare la luce della sera. Martina mi accolse sulla porta, un vestito rosso aderente che esaltava ogni curva, ma il suo sguardo timido tradiva ancora quella dolce insicurezza. “Padrone Eros,” disse, con un piccolo inchino, la voce un sussurro. Luca, dietro di lei, indossava una camicia bianca e pantaloni neri, già nel ruolo del maggiordomo. “Preparaci da bere, Luca,” ordinai, entrando con passo sicuro. Lui annuì, sparendo in cucina senza una parola.
Martina mi guidò in salotto, il suo passo incerto ma seducente. “Siediti,” le dissi, indicando il divano con un gesto secco. Lei obbedì, accavallando le gambe, il corpo teso sotto il mio sguardo. Luca tornò con due bicchieri di vino, posandoli sul tavolo. “Inginocchiati lì,” ordinai, indicando il pavimento accanto al divano. Lui obbedì, il volto già rosso, percependo il peso della mia autorità. “Martina, togliti il vestito. Ora.” Lei esitò, le mani tremanti, poi lasciò scivolare l’abito a terra, rivelando un completo di lingerie rossa: reggiseno di pizzo, mutandine minuscole, giarrettiere che incorniciavano le sue cosce. La guardai, lasciando che il mio silenzio la avvolgesse, il mio sguardo che la reclamava senza bisogno di parole. “Perfetta,” dissi infine, accarezzandole il fianco con un tocco deciso. “Non è vero, Luca? La tua donna è una troietta fatta per me.”
Luca annuì, la voce rotta. “Sì, Padrone Eros.” Martina arrossì, ma un piccolo sorriso timido le sfiorò le labbra. “Luca,” dissi, il tono tagliente, “guardala. È già mia, e tu sei solo un maggiordomo che osserva.” Lui abbassò lo sguardo, il corpo teso, mentre Martina cercava la mia mano, un gesto istintivo di sottomissione che accolsi con un cenno di approvazione.
“Martina, in ginocchio davanti a me,” ordinai, la voce un comando puro. Lei si inginocchiò tra le mie gambe, gli occhi fissi nei miei, timidi ma pieni di desiderio. Le accarezzai i capelli, poi le presi il mento con fermezza. “Dimmi quanto vuoi essere mia.” Lei deglutì, la voce un sussurro tremante. “Padrone Eros, voglio essere la sua troietta… voglio che mi prenda, che mi usi, davanti a lui.” Le sue parole, pronunciate con quella timidezza che la rendeva irresistibile, fecero irrigidire Luca, che non osava alzare lo sguardo.
“Togliti il reggiseno,” ordinai, inflessibile. Lei obbedì all’istante, le mani tremanti mentre slacciava il pizzo, rivelando seni perfetti. Le pizzicai un capezzolo, con precisione, abbastanza forte da strapparle un gemito. “Brava,” dissi, accarezzandole il collo con un’unghia, un tocco che la fece rabbrividire. “Ora le mutandine.” Lei esitò, il volto rosso, poi le fece scivolare via, restando nuda tranne che per le giarrettiere. “Luca, guarda la tua donna,” dissi, il tono crudele. “Non è mai stata così pronta per te, vero?” Lui scosse la testa, mormorando un “No, Padrone.” Martina abbassò gli occhi, ma il suo corpo tremava di desiderio sotto il mio controllo.
La spinsi sul divano, facendola sdraiare con le gambe aperte. “Luca, avvicinati. Vedi ogni dettaglio,” ordinai. Lui si inginocchiò accanto, il respiro corto. Le mie mani esplorarono il corpo di Martina, trovandola già bagnata, il suo corpo che rispondeva a ogni mio tocco come se fosse programmato per me. “Sei mia,” dissi, mentre le mie dita scivolavano dentro di lei, lente, deliberate, strappandole gemiti che erano pura sottomissione. “Di’ a Luca quanto ti piace,” ordinai, la voce che non ammetteva esitazioni. Lei voltò la testa verso di lui, la voce tremante. “Luca… non mi sono mai sentita così… solo il Padrone Eros sa come possedermi.” Le sue parole, timide ma cariche di piacere, erano un’umiliazione perfetta per Luca, che tremava, il volto rigato di vergogna e desiderio.
Mi alzai, slacciandomi la cintura, il suono della fibbia che tagliava il silenzio. “Preparati, Martina,” dissi, il tono un ordine assoluto. Lei si inginocchiò di nuovo, il corpo che tremava di attesa, pronta a obbedire. La presi, con forza, possessivo, ogni spinta un sigillo del mio controllo. I suoi gemiti si trasformarono in grida di piacere, il suo corpo che si arrendeva completamente, ogni movimento un atto di obbedienza totale. Luca guardava, il suo ruolo di cornuto cementato, il desiderio che lo consumava nonostante l’umiliazione.
Quando finimmo, Martina era un fascio di piacere, il corpo tremante, gli occhi lucidi di adorazione. “Grazie, Padrone Eros,” sussurrò, la voce rotta. Luca, ancora inginocchiato, non disse nulla, ma il suo sguardo parlava per lui. “Pulite tutto,” ordinai, alzandomi con calma. “Ci rivedremo presto. E, Luca, la prossima volta potresti dover fare di più che guardare.” Martina sorrise timidamente, accarezzandogli la testa. “Sì, Padrone,” dissero all’unisono, mentre uscivo, il loro desiderio che alimentava la promessa di incontri futuri.