Il Richiamo della Padrona
by ilmattiniero
Era passata neanche un’ora da quando io e mia moglie avevamo lasciato l’appartamento. Il weekend pasquale era finito, e anche se breve, ci aveva lasciato addosso quella piacevole stanchezza fatta di notti agitate e lenzuola spettinate.
Ero alla guida, lei sonnecchiava accanto a me, quando ricevetti un messaggio. “Ciao, scusa… avresti dimenticato una cosa importante qui. Se puoi, torna un attimo.” Era la padrona di casa.
Il messaggio era firmato con un nome semplice e rivolto a me ma ricordo nitidamente che la sua voce – quando ci aveva accolti – era tutt’altro che semplice. Profonda, calda, ferma.
Dissi a mia moglie che si trattava solo della carta di credito e che ci avrei messo cinque minuti. La lasciai in centro, dicendo che l’avrei raggiunta subito e di iniziare pure la curiosare fra i negozi. Quando arrivai, la porta era già aperta.
Lei era lì, appoggiata al telaio. Camicetta bianca, sbottonata appena più del necessario. Niente reggiseno. Una gonna morbida, senza calze. Piedi nudi.
«Hai dimenticato qualcosa…» disse.
Mi guardava con quegli occhi che non chiedevano spiegazioni.
Entrai. L’appartamento era silenzioso, ma non spento. Era pieno di un’energia diversa, quasi elettrica.
«Eppure credevo di aver preso tutto. Dove sarebbe?» chiesi, con voce roca.
Lei fece un passo avanti, mi si avvicinò. Il profumo era lo stesso che avevo sentito quando ci aveva consegnato le chiavi, ma ora sembrava più intenso. Più carnale. Mi prese la mano e la guidò verso la stanza. Sul letto, niente oggetti dimenticati. Solo lenzuola disfatte, ancora tiepide.
Si voltò verso di me.
«Ho sentito… quello che facevate, stanotte. Le pareti sono sottili. Non le hai fatto mancare niente, vero?»
Le sue dita intanto slacciavano la camicetta. Il seno le uscì libero, pieno, tondo. Non cercava approvazione. Comandava il desiderio.
«Fammi vedere se sei così bravo anche senza di lei.»
Mi baciò con decisione. La sua lingua era calda, sicura, e la sua mano era già sulla mia cintura. Me la sbottonò, mi abbassò i pantaloni, senza smettere di guardarmi.
Si inginocchiò. La bocca si aprì lenta, mi prese tutto, con esperienza. Sapeva come muoversi. Ogni gesto, ogni sguardo, era calcolato per farmi perdere il controllo. Ma non volevo restare a guardare.
La sollevai e la spinsi sul letto, la sua schiena affondò nel nostro disordine. Le alzai la gonna, niente slip. Era bagnata e pronta.
Entrai in lei con un solo colpo, profondo. Lei gemette, ma non piano. Voleva che la sentissi. Voleva sentire tutto.
Le presi i fianchi, spingendo forte, mentre le sue unghie mi graffiavano la schiena. Ogni colpo era un affondo in quella carne matura, accogliente, peccaminosa. Una padrona vera.La girai, la presi da dietro mentre lei si aggrappava al cuscino, spingendomi dentro con foga.
«Sì… così… fammelo come l’hai fatto a lei… no, meglio… voglio sentirti venire dentro… adesso.»
E io venni. Forte. Dentro di lei. Senza paura, senza esitazione.
Restammo immobili per qualche secondo, sudati, nudi, respirando ancora l’eco del nostro piacere.
Poi si alzò, si sistemò i capelli e disse con un sorriso:
«Ora sì che hai preso tutto quello che avevi dimenticato.»