Le confessioni di Valeria - 1
by Viandante772Visto: 1352 volte Commenti 4 Date: 27-08-2024 Lingua:
Casa...marito...figli...
Quel mondo di progetti e di responsabilità era lontano ed effimero. Ne avvertivo appena la presenza, indistinta e offuscata come la costa all’imbrunire vista da un veliero in navigazione verso l’orizzonte.
L’unica cosa di cui mi importava, era quel grosso cazzo che mi riempiva e mi toglieva il fiato…
Mi piacevano quelle nuove sensazioni, mi facevano sentire viva come non mai.
Non è tanto la mancanza di qualcosa nella propria vita, ma un’aggiunta che rende il tutto più splendente ed intenso.
Il nuovo ambiente di lavoro, i colleghi con cui stringere amicizie che poco a poco si trasformano in più o meno velati flirt...
Mi sentivo apprezzata, vedevo i sorrisi e gli sguardi di soppiatto (ma spesso neanche tanto!) e tutto questo mi rendeva ancora più desiderosa di compiacere: ogni mattina curavo il mio aspetto con particolare attenzione, e quando arrivavo in ufficio cercavo di avere una parola gentile ed un sorriso per tutti.
Le pause caffè con Andrea, diretto seppur galante, con i suoi apprezzamenti lusinghieri e le non troppo celate proposte di incontri più approfonditi; le consulenze lavorative di Roberto, attento e paziente di fronte ad ogni mio dubbio... ma soprattutto le pause sigaretta con Giorgio, estroverso e spiritoso.
Giorgio mi ha colpita da subito, accogliendomi con calore quasi fossimo amici da tempo. Non era proprio il mio tipo dal punto di vista fisico, con quella testa rasata, la barbetta incolta e il fisico massiccio. Però il suo carattere coinvolgente ti conquistava subito, e poi... il gonfiore che risaltava dai jeans attillati che era solito vestire, devo ammettere che era quasi ipnotico.
Mi chiedevo se fosse tutta “sostanza”, o magari se ci fosse il trucco... in ogni caso il pensiero si è poco a poco insinuato nella mia testa.
E’ sull’onda di questo entusiasmo che, dopo varie peripezie, sono riuscita ad organizzare con loro e con altri nostri colleghi una serata aperitivo sul fiume.
Il caldo dell’estate era ormai alle porte, e la temperatura mite e l’atmosfera quasi di vacanza richiamava voglia di spensieratezza e anche un po’ di trasgressione.
Gli uomini facevano a gara per mostrarsi galanti, offrendo giri di chupito uno dietro l’altro. E a noi donne andava più che bene!
Soprattutto Laura sembrava gradire quell’atmosfera e quelle attenzioni, lei, la “vamp” dell’ufficio, si trovava a perfetto agio al centro dell’attenzione. Come al solito era vestita in modo provocante, con un vestitino a fiori nero che svolazzava intorno alle sue gambe abbronzate e conteneva a stento la sua quinta di reggiseno.
Lei non è di certo una bellezza, e si vede che i 40 li ha già superati da qualche tempo, ma il trucco pesante, i lunghi e vaporosi capelli corvini e il corpo ostentato attirano gli uomini come il miele... e poi con lei mi diverto, e mi aiuta a lasciarmi andare assecondandola nel fare le sciocche.
Anch’io avevo optato per la gonna, ma quella corta di jeans con sopra una canottierina blu semplice e ai piedi sandali alti e aperti.
La sera procedeva bene, e il livello alcolico cresceva. Ad un certo punto mi sono ritrovata a ballare in mezzo al dehor trasformato in pista insieme a Laura, con gli altri intorno a noi che seguivano a tempo. Per un attimo mi sono imbarazzata di essere al centro dell’attenzione con un pubblico che mi osservava, così, d’istinto, ho preso per mano Andrea e l’ho attirato verso di me cominciando a ballare con lui.
Mi girava un po’ la testa, lo ammetto, vedevo tutto intorno a me come attraverso un velo ondeggiante.
Sentivo il calore del corpo di Andrea che mi ballava di fronte, con lo sguardo fisso sul solco dei miei seni stretti nel reggiseno.
Avrei voluto liberarli, sentirmi libera e in pace con me stessa e con il mio corpo.
Laura nel frattempo ballava in mezzo a un altro nostro collega e a Giorgio. Che porca, ad ogni movimento le sue enormi tette rischiavano si saltare fuori in tutto il loro splendore, e gli uomini intorno a lei non sembravano aspettare altro.
Si muoveva in modo esageratamente sensuale, abbracciando prima uno, poi l’altro, rigirandosi e sfiorando i loro pacchi con il sedere abbondante.
Vedendo lo sguardo d’intesa di Giorgio con l’altro ragazzo, una fitta di gelosia mi ha riscosso dal torpore.
Ero di certo meglio io di Laura ... e non solo per i dieci anni di meno!
Con naturalezza mi sono avvicinata a loro, fingendo di voler ballare e scherzare più che altro con Laura, invece mi sono messa di mezzo a lei e Giorgio, riuscendo poco a poco a voltarmi verso di lui e ad attirare la sua attenzione.
Non mi è costata nessuna fatica, appena mi ha avuto nel suo raggio d’azione, si è attaccato a me con una calamita.
Ridevamo e ballavamo, e l’euforia del momento unita all’alcol mi trasportava fuori dalla realtà.
Ad un certo punto la stanchezza ed il giramento di testa sono diventati eccessivi, avevo bisogno di riposarmi e prendere fiato.
Barcollando mi sono allontanata verso il fresco del fiume, e Giorgio, vedendomi andar via, mi si è avvicinato dicendo che se non mi controllava sarei potuta cadere nell’acqua.
In effetti facevo fatica a controllare i movimenti, e lui con naturalezza mi ha afferrata per la vita conducendomi verso una panchina di pietra in una piccola piazzola rivolta verso il fiume ma riparata sugli altri lati da una siepe.
La musica mi ronzava nelle orecchie e il mondo ondeggiava liquido intorno a me, chiudere gli occhi e lasciarmi sostenere da lui era un piacere.
Il braccio che mi cingeva la via era gonfio e muscoloso, lui mi parlava a raffica raccontandomi nonsoché, ma i miei pensieri erano rapiti da una straordinaria consapevolezza delle sensazioni tattili del mio corpo: la stretta intorno alla vita, il calore dei nostri due corpi, il battito accelerato del mio cuore, ma soprattutto un piacevole e diffuso languore che da dietro l’ombelico si diffondeva tra le cosce, serpeggiando poi tra le gambe fino a solleticarmi la zona del perineo, costringendomi a contrarre i muscoli per resistere alle scosse di piccoli brividi di piacere.
Ad un certo punto la mia mano ha cominciato a muoversi da sola, risalendo la sua schiena e tracciando i contorni pronunciati dei muscoli con un tocco leggero e quasi noncurante.
Lui ha continuato a ridere e scherzare, ed io ho risposto sorniona ai suoi sorrisi... probabilmente con le palpebre socchiuse ed espressione non molto lucida!
Mentre superavamo la siepe la mano di lui è scesa dal fianco a cercare la curva del mio sedere. Nessun palpeggiamento o altro, continuava a guidarmi e a sorreggermi, ma la presa era più bassa, e l’interno del suo braccio premeva in diagonale sul mio culo.
Un’ondata di eccitazione per quel segno di confidenza e quasi possesso mi ha fatto sciogliere in un brivido di piacere rischiando di farmi cedere le gambe.
Ho chiuso gli occhi appoggiando la testa alla sua spalla con un profondo sospiro di resa...
Avevo fatto un passo oltre un limite ben preciso. Ero in un angolo buio a appartato di un parco con uomo che non era mio marito, eppure la mia figa era fradicia e volevo solo dare soddisfazione al mio corpo senza pensare alle conseguenze.
Ad un certo punto ho alzato la testa, guidata dal soffio caldo del suo alito, e con le mie labbra ho cercato le sue. Lui senza esitare ha colto l’occasione, girandomi e stringendomi contro il suo corpo mentre la sua lingua si faceva strada nella mia bocca con bramosia.
Mi sentivo sciogliere, avevo infranto un muro che per anni avevo eretto con meticolosa determinazione,
andando contro ad istinti e dubbi.
Era come se avessi aperto una breccia in un diga troppo piena, e ora il flusso diventava inarrestabile e travolgente.
Le sue mani mi percorrevano la schiena, scendendo a palparmi con decisione il sedere fino a trovare la pelle nuda delle cosce oltre l’orlo della gonna. Io intanto premevo il bacino contro di lui, cercando di sentire al meglio il rigonfiamento sotto i jeans.
Mugolavo e gemevo mentre la mia lingua si intrecciava con la sua e le sue mani alzavano la gonna per poi cercare di infilarsi oltre la sottile linea del perizoma... mi piaceva, volevo di più, volevo scoprire quel cazzo sconosciuto e sentirlo affondare nella mia figa.
Sei bellissima, mi ecciti da morire... le sue parole sussurrate con voce roca mi procuravano altri brividi di piacere, incoraggiandomi a lasciare andare ogni freno e far mio tutto il godimento possibile che quella situazione mi poteva dare.
Senza dire una parola mi sono seduta sulla panchina, afferrandolo per la cintura ed avvicinandolo a me.
Lui però si è scostato, facendo un passo indietro e guardandomi con sfida. Con attenzione e cautela si è sbottonato i pantaloni, portando alla luce il sottile e teso cotone nero delle mutande.
I contorni del suo cazzo erano ben visibili sotto gli slip, rivelando un bella curva che si allungava alla mia destra.
Mentre passava il palmo aperto su quel rigonfiamento, mi scorrevano davanti agli occhi decine di immagini di me riversa nelle più strane posizioni mentre venivo scopata con foga.
Con delicatezza si è infilato le dita sotto l’elastico, scoprendo poco a poco quella carne morbida e calda.
Non appena liberata, quella grossa asta si è tesa verso di me mostrando tutta la sua bellezza.
Come il suo possessore, quel cazzo era tozzo e largo, con grosse vene pronunciate che ne percorrevano la lunghezza. L’ho stretto alla base con la mano, senza che il pollice riuscisse a toccare le altre dita, per poi attirarlo verso la mia bocca come se fosse un manico fatto apposta per quello scopo.
Dio che bello, pensavo mentre cercavo di avvolgere con tutta la bocca quella cappella enorme.
Avrei potuto succhiare quel cazzo per tutta la notte.
Succhiavo, leccavo il bordo della cappella per poi seguire la linea contorta delle vene fino alla base, spalancando poi la bocca per afferrare quelle palle gonfie cercando di metterle tutte in bocca.
Basta, voglio scoparti! Solo la sua voce supplichevole mi ha distolta da quel mondo.
Mi sono alzata asciugandomi la saliva che mi colava dal mento.
Ero stordita, frastornata. Guardavo quell’uomo con il cazzo gonfio che si sedeva di fronte a me, togliendomi in fretta le mutandine e abbassandomi le spalline di canottiera e reggiseno per scoprire i mei capezzoli.
Vieni, siediti qui.
Mi ha girata, in modo che gli dessi la schiena, poi mi ha fatta scendere su quel cazzo.
Sentivo la punta grossa premere sulle labbra lucide della mia figa, sfregando su e giù un po’ di volte prima di trovare l’apertura.
Ho sentito quella cappella stupenda allagarmi l’entrata, e trattenendo il respiro mi sono lasciata andare sentendo la mia figa riempirsi come non mai.
Siamo rimasti così per qualche attimo, con le sue mani che mi strizzavano i capezzoli e la mia figa fradicia che avvolgeva a stento tutto il suo cazzo.
Ogni minimo movimento fece esplodere lampi di godimento straordinariamente intensi e poco per volta la voglia di sentire sempre di più diventava irresistibile, finché i leggeri ondeggiamenti del mio bacino si sono trasformati in una cavalcata forsennata.
Godo, godo, godo...
Le mie parole uscivano incontrollate mentre contorcevo mi contorcevo su quel cazzo duro e gonfio cercando di farlo sentire dalla mia figa nel miglior modo possibile.
Le sue mani mi premevano e allargavano le natiche, ed ad un certo punto un pollice si è avvicinato all’ano massaggiandolo ritmicamente e spalmando gli abbondanti umori che colavano dopo ogni colpo.
Quando il suo dito è affondato lentamente dentro il mio culo, i miei movimenti sono diventati frenetici, e l’orgasmo è finalmente esploso facendomi vibrare fino alle punte dei piedi e facendomi perdere per qualche istante ogni tipo di controllo su me stessa...
Ma lui non si è fermato...
Con un movimento fluido si è sfilato dalla mia figa sconquassata dalle contrazioni, e con un gesto rapido mi ha alzata e poi riabbassata puntando il suo cazzo sul mio ano pulsante
La mia protesta istintiva è stata soffocata dalla pressione di quel corpo estraneo che dilatava il mio sfintere fino al limite, e dal senso di calore e di piacere profondo che, come una scossa elettrica, mi risaliva lungo la spina dorsale fino a procurare un’esplosione di brividi sulla nuca e sul collo.
Lo sapevo che eri una porca, lo sapevo che ti piace godere... mi sussurrava con voce roca queste parole nell’orecchio, mentre afferrandomi da dietro le ginocchia mi faceva adagiare all’indietro sul suo petto.
Dio, se passa qualcuno...
Le mie proteste erano solo un sussurro tra i sospiri e i gemiti.
Ero completamente esposta, la schiena adagiata sul suo petto e le gambe aperte e ripiegate, mentre lui mi muoveva lentamente avanti e indietro, entrando a fondo dentro di me e facendomi sentire distintamente la cappella che premeva sulla parete anteriore della mi figa.
Avrei voluto godere, di nuovo, e la mia mano è scesa a martoriare il clitoride gonfio ed arrossato. Ma lui ormai era al limite, lo percepivo dalla durezza e dalle dimensioni, che quasi mi aprivano in due, ed infatti all’improvviso un suo gemito profondo ha accompagnato le contrazioni ritmiche e i lunghi e caldi fiotti che andavano a riempirmi, finché entrambi stremati ci siamo rilassati seppur stretti in quella strana posizione.
Dopo un attimo, senza tante cerimonie, mi sono alzata, in pratica nuda nel riverbero della poca luce filtrante dagli alberi fitti.
Mentre sentivo lui rivestirsi dietro di me, ho chiuso gli occhi godendomi l’aria fresca del fiume sulla mia pelle nuda e sudata... e stupendomi quando, passando la mano da dietro tra la gambe per accarezzare la mia carne martoriata e sensibile, le mie due dita unite sprofondarono come niente fosse nel mio buchino dolorante e fradicio di sperma, strappandomi le ultime e profonde ondate di piacere.
Solo un pensiero lucido è riuscito a farsi strada tra la nebbia del dopo orgasmo e dell’alcool...
Ne voglio ancora, ne voglio di più.