Un'affollata luna di miele - parte 2
by MirellaMarcoVisto: 1008 volte Commenti 12 Date: 20-08-2024 Lingua:
MIRELLA, MARCO E SEMWE
Marco ne fu rassicurato per davvero?
Mirella amava quelle situazioni e le occasioni casuali e aveva indubbiamente una predilezione per baristi, camerieri e personale di servizio in genere. Forse perché erano maschi basici, forti, diretti, senza pensieri, che sapevano cosa fare di una femmina, senza troppe complicazioni né prima, né soprattutto dopo. Non era forse un cuoco quello di Giverny, che battezzò la loro prima avventura del genere? Erano a pranzo sulla terrace di un affollatissimo bistrot di campagna immersi tra aiuole che avrebbero fatto felice Monet. Si stavano dividendo una bizzarra frittata, ripiena di petto d’oca e funghi, classico riciclaggio da leftover raffinati, quando la loro relazione ebbe la sua seconda e definitiva svolta. Della prima era stato protagonista Attilio, l’ex di Mirella, con la quale lei aveva continuato ad uscire prima all’insaputa, poi con la piena ed eccitata consapevolezza di Marco. Di questa seconda svolta fu protagonista l’autore della frittatona, cento chili per 190 cm di maschio, con la pelle del colore dello zucchero bruciato, i capelli ricci cortissimi e lo sguardo da mascalzone, che si affacciava ogni tanto dalla cucina, per fumare o prendere aria. Era la fine del servizio e sembrava avesse fretta di andarsene.
“Non girarti subito, ma dietro di te c’è un esemplare notevole”.
Marco era trasecolato e colto di sorpresa non aveva capito subito: non se lo aspettava, non lì almeno e in quel momento. Era abituato a questi commenti di Mirella e da tempo erano in cerca di quello giusto per la loro prima “cosa a tre”, ovvero un threesome MMF, “con lei al centro dell’attenzione”, come dicevano un tempo le coppie scambiste. Avevano provato a rispondere ad annunci e metterne loro, ma il materiale in giro era scarso: millantatori, morti di figa, potenziali stupratori, mister “ce l’ho solo io” dalle pretese assurde e quasi sempre inconcludenti. Avevano deciso di affidarsi al caso e la vita reale spesso proponeva “esemplari interessanti”, come li chiamava Mirella. Per qualche motivo, però, erano rimaste solo fantasie, volti e situazioni che si erano portati nel loro letto per eccitarsi, mentre facevano l’amore tra loro, ma nulla di concreto.
Marco seguì le istruzioni di Mirella e non si voltò subito. Fece trascorrere un paio di minuti e si girò solo per chiamare la cameriera alla quale chiese un secondo quartino di pinot nero. Scorse l’uomo sulla porta, ma vide qualcosa di diverso rispetto a Mirella: era un giovane adulto enorme, dall’aspetto brutale, un po’ inquietante, dalla mascella fin troppo perentoria e spalle troppo grandi per poterne contenere l’eventuale violenza.
“Sei sicura?”.
“È un figo della madonna”.
“Ci scoperesti?”.
“Gli farei una sega nei bagni del ristorante, prima di farmi sbattere qui nei boschi. Non senza avergli fatto prima un pompino, in ginocchio e a due mani, come merita un maschio del genere”.
“Wow”, esclamò Marco restando a bocca aperta. Aveva i pensieri attaccati, ma in quell’espressione che non gli era abituale c’erano il suo stupore, la sua paura e la sua umiliazione. E, ovviamente, la sua immediata, fortissima, erezione. Mirella non aveva mai parlato così. Sembrava determinata e Marco sentì che forse quella volta non si sarebbe trattato solo di una fantasia.
Mirella iniziò a puntare il cuoco che non ci mise molto ad accorgersi che quella bionda del tavolo sotto al glicine lo stava fissando. Ricambiò un paio di sguardi, ma non insistette più di tanto. Sapeva che lei sapeva che anche lui l’aveva vista. Ora si trattava di capire chi avrebbe fatto la prima mossa e soprattutto se il cuoco si fosse fatto scoraggiare dalla presenza di Marco.
L’uomo rientrò e riuscì un paio di volte ancora dalla cucina e ogni volta volgeva velocemente lo sguardo verso Mirella, ma senza che nulla accadesse. Fu lei a lanciare l’offensiva.
“Ora vado in bagno e punto verso la cucina, come se mi fossi sbagliata. Gli chiederò dov’è il bagno”.
“Cazzo, Mirella, ma davvero? Cosa vuoi che succeda?”.
“Qualcosa accadrà”.
Si alzò e si diresse verso il cuoco, sculettando più di quanto avesse voluto a causa dei ciottoli del sentiero che, uniti alle zeppe di corda, le rendevano l’equilibrio particolarmente difficoltoso. Era a tre metri dal cuoco, quando questi volse la testa verso l’interno come se fosse stato richiamato e poi verso di lei con un’espressione che sembrava dire: “pardon madame, non ci posso fare niente”.
Mirella fece solo in tempo a chiedere “La toilette, si vous plais?” che il cuoco sparì dalla sua vista. Almeno era riuscita a dirgli dove trovarla. Le operazioni in bagno furono lentissime per dare il tempo al cuoco di raggiungerla o di liberarsi dal suo contrattempo e rincontrarlo magari sulla via del ritorno, ma nessuno la raggiunse. Quando tornò al tavolo notò che la porta della cucina era chiusa.
“Peccato Marco, ci siamo andati vicini. Sono arrapatissima”.
“Che matta sei, ero sicuro che non poteva funzionare”.
“Andiamo a scopare Marco, ho voglia. Facciamolo in macchina in queste campagne”.
“Ma è giorno”.
“Troveremo un posto, so che se ti impegni lo sai trovare”.
Era vero. Per Marco era un punto d’onore soddisfarla quando lei aveva voglia.
Pagarono in fretta alla padrona, che lasciò cadere una frase nella quale la loro coda di paglia avvertì dell’ambiguità o addirittura una provocazione.
“Vi è piaciuta la cucina del cuoco? È bravo a cucinare il nostro cuoco. È quello che deve fare, del resto, non vi pare?”.
Se ce l’aveva con loro aveva trovato un modo raffinato per farlo.
Scesero in macchina verso la Senna percorrendo un viottolo che Marco aveva notato all’andata. Conduceva verso un boschetto in riva al fiume. Nel pomeriggio assolato, reso ancora più acceso dal giallo dei campi, non c’era nessun essere umano in giro. Erano soli nel mare di mais e di girasoli che li circondava.
Marco posteggiò sotto il primo albero, facendo attenzione a non spingere troppo avanti le ruote dell’auto: aveva paura di precipitare dal basso argine o di restare impantanato.
“Speriamo che non ci sparino. È un campo privato”, disse mettendo il freno a mano.
“Scopami e fallo subito. Fallo forte” fu la sola replica di Mirella, che distese il suo sedile e si allargò gli slip viola, aperti esattamente sulla vagina, che avevano acquistato a Pigalle la sera prima insieme ad altri completini sexy.
Marco si guardò in giro per un po’ mentre si accarezzavano vicendevolmente il sesso. Quando si decise a penetrarla erano già quasi al culmine. Fu l'amplesso più intenso e più veloce che avessero mai avuto fino ad allora, nonostante, o forse grazie, al vino e alla situazione decisamente rischiosa. Ma soprattutto grazie al cuoco che aveva portato i loro sensi all’esasperazione.
Restarono abbracciati e ansimanti per lunghissimi secondi, fiaccati dal loro stesso piacere.
A destarli dal torpore fu un’ombra che si allungò nell’abitacolo dell’auto. Marco ebbe un sussulto, ma poi scoppiò a ridere con sollievo.
“Mi sa che di vacche qui nei dintorni ce ne sono almeno due e una è appena venuta a trovare l’altra che sta in macchina”.
“E di corna lunghe almeno quattro”, replicò lei volgendo lo sguardo verso la mucca, che masticando, li squadrava con occhi enormi ed acquosi, come se fosse sorpresa e un po’ infastidita dal comportamento di quei due umani sudati.
Risero ancora insieme e si baciarono a lungo guardandosi di nuovo in giro, prima di rimettersi la macchina sulla strada principale.
Parigi prometteva di essere a soli 70 chilometri e il cielo era di un azzurro radioso nel quale due nuvole bianche galleggiavano.
“Va tutto bene”, sembravano dire.
“Va tutto bene”, pensò Marco, mentre accarezzava il ginocchio di Mirella che si era addormentata di colpo. Sembrava rilassata e del tutto appagata dalla vita. Lui, invece, aveva il pene ancora turgido, come se non avessero fatto l’amore appena 5 minuti prima. Era eccitato, ma in fondo sollevato: ancora un volta tutto era rimasto una fantasia, buona per la magnifica scopata in riva al fiume e per quella ancora migliore, che inevitabilmente si sarebbero fatti più tardi in albergo.
Ma le cose non andarono esattamente così: il giorno dopo tornarono a Giverny e questa volta niente visite a Monet. Si recarono direttamente al bistrot quasi a fine turno. Si accontentarono di un croque monsieur da dividere in due e aspettarono la chiusura. Il cuoco lo videro una sola volta e quando chiesero il conto alla cameriera, questa oltre alla cifra da pagare segnò un’ora e un indirizzo, facendo l’occhiolino. Scoprirono che si trattava di un cottage, a qualche chilometro di distanza, che raggiunsero puntuali 45 minuti dopo.
“Sono Semwe”, “scusa per ieri” e “ci vediamo”, furono le uniche parole del cuoco che li attendeva all’interno. Ne uscirono solo due ore dopo, durante le quali Semwe prese Mirella in tutti i modi, facendola venire decine di volte. Sembravano non volersi fermare, con Marco più spettatore che partecipe.
Il difficile era stato iniziare. Il cuoco se ne stava immobile, mentre Mirella si guardava in giro per la stanza. Sembravano avere in comune solo la bevanda, dell’armagnac di pregio che Semwe aveva versato a tutti e tre generosamente.
“Forse lo intimidisci, esci un attimo” fu l’intuizione di Mirella.
Quando dopo un paio di minuti di assoluto silenzio Marco rientrò vide la fidanzata in ginocchio davanti a quell’uomo al quale stava succhiando, impugnandolo con entrambe le mani, il membro nerissimo e possente. A quella vista Marco ebbe l’impressione che il fiato gli si fosse bloccato: le fantasie diventano realtà sempre a modo loro, che non è mai il modo immaginato. Vedere Mirella, sempre così determinata con lui, così sottomessa con un altro fu uno choc che gli costò l’erezione per il resto dell’incontro. A tradirlo non erano solo la gelosia e l’umiliazione, che si fece ancora più intensa quando lei dal membro passò ad occuparsi dello scroto che letteralmente succhiava come fosse stata un’enorme prugna succosa, ma la sorpresa per l’esplosione di tanti sentimenti contrastanti. Voleva che il gioco finisse lì? Non osò neanche provarci. Rischiava un’umiliazione peggiore: Mirella lo ignorava, totalmente presa da quell’uomo enorme e vigoroso e lo ignorò anche quando provò a titillarle i capezzoli, tanto per far qualcosa anche lui. Finì per starsene su una sedia a guardare e a toccarsi inutilmente, mentre la sua fidanzata emetteva gemiti e gridolini, intervallati da frasi sussurrate che solo il cuoco poteva sentire. L’eccitazione tornò a Marco solo nella loro stanza d’albergo, la sera.
“Fammi entrare dove è passato quel randello”.
“Sono sfatta Marco, mi brucia”.
“Almeno fattela leccare”.
“Falla riposare, amore mio, non hai idea”.
“Sto scoppiando dall’eccitazione, non sono venuto oggi pomeriggio”.
“Ti capisco, ma non ce la faccio. Segati amore, se vuoi, ci sta, lo capisco. O aspetta domani, ti prego”.
E cadde stecchita dal sonno.
Si masturbò accanto a lei, guardandole il sedere e ricordandosi le scene del pomeriggio, la faccia stravolta di lei e la curva della sua schiena quando il cuoco l’aveva messa a quattro zampe.
Venne in meno di un minuto, in maniera torrenziale, liberandosi della tensione erotica e della gelosia.
Era tutto finito.
E invece nel cottage ci tornarono anche il pomeriggio successivo e ci sarebbero tornati ancora, se non fosse che la vacanza era ormai terminata.
Il cuoco Semwe fu il loro primo “terzo” reale e dopo di lui ce ne sarebbero stati molti altri.