RACCONTO TITOLO: Gli inquilini del piano di sopra 
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Gli inquilini del piano di sopra


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Gli inquilini del piano di sopra

by ilmassaggiatore
Visto: 1914 volte Commenti 9 Date: 10-07-2019 Lingua: Language

Abito in un Residence di circa 200 appartamentini, la maggior parte dell’anno quasi vuoto.
I “fissi” saremo si e no una 30na sparsi, il resto solo estivi.
Una mattina di maggio, molto presto, fui destato da rumori provenienti al piano di sopra.
Ladri? Pensai (ogni tanto ci provavano), consapevole di essere solo in quell’ala del residence, no, i ladri non alzano le tapparelle.
Ormai sveglio, tanto vale alzarsi. Mentre mi facevo il caffè continuavo a sentire movimenti al piano di sopra, sorridendo pensai che in queste costruzioni, non puoi neanche scoreggiare che il vicino non senta anche la puzza.
Facendo la doccia, sentivo che spostavano anche qualche mobile, mi convinsi che lo avevano sicuramente affittato e che avrei dovuto rivedere le mie abitudini, tipo volume della TV e dello stereo, scopamiche “urlatrici”, addio pacchia, le regole condominiali, vanno rispettate.
Mi vestii ed uscii per i miei giri di cazzeggio (cominciavo a godermi la vita da pensionato), colazione al bar del viale, poi market, poi parco in cerca di inquadrature per qualche scatto originale e via cazzeggiando.
Due posti macchina più in là del mio, notai una Golf blu con targa RO, ora non è che sia un razzista, ma i Ciauciesckiani non mi sono mai stati simpatici e li ho sempre tenuti a debita distanza, come tutti gli oltrecortina. Mi ritrovai a riflettere sul fatto che ormai erano Europei anche loro e ci dovevamo abituare, scrutai il cielo e decisi che quel giorno sarei uscito in moto.
Al mio ritorno, li incrociai nel parcheggio coperto, salutai e risposero, poi in italiano abbastanza comprensibile mi chiesero informazioni su un market e dove potevano trovare un ortofrutta ed una ferramenta.
Glieli indicai aggiungendo che il market era fornito anche come ortofrutta. Poi tesi loro la mano e mi presentai: “Io sono Paolo, abito sotto di voi” aggiungendo solo mentalmente “Cercate di non fare troppo casino”.
Lei arrossì, poi tese la mano “Scusi, ha ragione, io sono Norah, lui Lukas”, anche lui porse la mano e mi sembrò di aver stretto un pezzo di carta vetrata. “Bene” pensai, “a giudicare dalle mani, questo lavora”.
Norah, sempre fissandomi negli occhi, aggiunse: “Scusi se abbiamo disturbato questa mattina, staremo più attenti”, “Nessun disturbo, fate come foste a casa vostra, ma ricordatevi che non siete soli”, mi sarei subito morso la lingua, ma ormai l’avevo detto.
Cercai di rimediare, “Anzi, fatemi tranquillamente sapere se il volume del mio TV è da abbassare, purtroppo le case d’oggi, queste sono” e scoppiammo a ridere tutti e tre e ci salutammo.
Questa volta evitai la mano di Lukas con una manata sulla spalla, invece la mano di Norah la trattenni, volutamente, quella frazione di secondo più del necessario, fissandola anche io negli occhioni neri, mentre le dicevo: “Visto che siete nuovi del posto, non fatevi scrupoli di chiedere qualunque notizia vi serva”.
Mentre preparavo il pranzo, valutavo mentalmente i nuovi vicini. Lui, Lukas, sulla quarantina circa, alto poco meno di me, ma più robusto, brizzolato e molto stempiato. Lei, Norah (imparai molto dopo come si scrivevano i nomi), alta quanto lui, ma sui tacchi, con tutte le sue curvette al posto giusto ed una quarta piena, il geco tatuato sul polpaccio destro mi aveva dato l’occasione per ammirarle le gambe ben tornite, caviglie da ballerina su un tacco non esagerato, molto vicino al 10. Capelli lunghi sin sotto le spalle e come gli occhi, nero carbone. Insomma una botta gliela avrei data senza farmi pregare troppo. Appresi col tempo l’età e ci avevo preso, lui sulla 40na e lei poco più che trentenne.
Le giornate scorsero più o meno, nella routine, sia per me che per loro.
Il lunedì pomeriggio arrivava la mia amica parrucchiera, approfittando del giorno libero per farsi ripassare in ogni dove, alla faccia del marito impotente. Per coprire i gemiti, accendevo contemporaneamente TV e stereo…
Il mercoledì sera, pizzata e dopo pizzata con Bea, milfona, funzionaria della questura che si fermava tutta la notte e la mattina tornava direttamente in ufficio, regolarmente, con il culo in fiamme.
I venerdì sera/notte, li dedicavo alla Prof. Agnese, vedova 45nne, affamata più di cazzo e sborra che di pane.
I WE, riposo, tranne quando la squadra del cuore del tabaccaio era in trasferta poiché la moglie veniva in trasferta da me, “e come veniva e quanto veniva… e quanto urlava quando veniva!!!”.
Al piano di sopra, la routine era molto più tranquilla. Udivo Norah sfaccendare per casa sino a verso le 10, camminava sempre scalza, sentivo spesso i talloni sul pavimento.
10/10:30 metteva le scarpe ed udivo i tacchetti giù per le scale, usciva a fare la spesa, rientrava verso le 12. Pomeriggio accendeva la TV, a volte riuscivo a capire anche su che programma, si rimetteva in movimento verso le 18, Lukas rientrava alle 19 circa.
La mattina andava al lavoro presto, usciva prima delle 7, lavorava in un salottificio a circa un’ora di strada, pranzava in mensa perché la pausa pranzo, di due ore non gli bastava per venire a casa e tornare.
Spesso mi soffermavo a guardare dal balcone Norah quando usciva, avevo già deciso che sarebbe arrivato il giorno che l’avrei “bucata”, mi ingrifafa troppo, quel suo incedere sui tacchi, a gambe leggermente divaricate ed il culo alto, indietro arcuando la schiena, mi metteva sempre in tiro. Per non parlare del suo modo di guardarmi dritto negli occhi, senza mai abbassare lo sguardo mentre le labbra carnose accennavano un sorriso.
Cominciai a farle la posta, facevo in modo di incrociarla fuori dal residence, per riservatezza, lungo il viale, all’uscita del market, in piazza, insomma un tampinamento blando, ma costante.
Entrammo in confidenza, spesso lungo le corsie del market, alla gelateria del viale, al parco, cominciammo a conoscerci a fondo e spesso parlevamo senza tante inibizioni, soprattutto lei.
Un giorno decisi che volevo sentire la consistenza di quella quarta di seno, con la scusa che voleva fare un giro in moto le dissi: “Domani metti scarpe basse e jeans che ti faccio salire”, così fu, l’indomani, mentre lei con nochalance mi strofinava con i polpastrelli, i capezzoli da sopra la polo, facendo schizzare in alto Mister Trivella, ne approfittai per carezzarle il collo e le guance allacciandole il casco.
Una volta salita in sella portai la mano destra indietro tra le sue gambe aperte, le afferrai la patata palpandola e le dissi: “Questa attaccamela al culo e stringi bene le gambe come se avessi li in mezzo qualcosa di duro”, poi le presi le mani e la feci avvinghiare a me, portandole la destra sopra Trivella, ne saggiò a lungo la consistenza e “Mmmhh, già mi piace la moto, mi piaci tu italiano porcello, già mia fica allagata, cola come miele” e li mi si intostò come marmo.
Dopo qualche giorno, sul finire di giugno seduti davanti due coppe di gelato, mi raccontava di se.
Si era sposata appena diciottenne con il primo che le era capitato, solo per scapparsene da casa, per fortuna Lukas era risultato un bravo ragazzo, gran lavoratore senza grilli per la testa che stravedeva per lei, ma… Ma a suo dire, non molto prestante.
“Cosa intendi non molto prestante?” le chiesi, “Se no stuzzico io, no mi cerca, con scusa che mattina fa presto e sera dorme presto…”, “Insomma, come dite italiani, fotte? Fotte solo sabato sera, e fa pure presto, cazzo, io donna, fatta di carne e sangue bolle!!!”. Mi cadde la mascella ed il cucchiaino del gelato, mi chinai a raccoglierlo e lei socchiuse ancor più le gambe, facendomi rimediare una testata sotto il tavolino.
Quando riemersi degluttendo, fissandomi sempre fisso con quegli occhi di carbone, “Sai, sento come fai miagolare tue amiche in tuo letto a tutte le ore di giorno e di notte, Lukas no fa miagolare me, resto sempre con voglia e quando tu fotte tue amiche io, sopra in mio letto con Lukas che dorme, tocco e masturbo me”.
“Altro giorno, su moto, hai fatto godere solo sfiorando me, sentito tuo cazzo duro come ferro io piaccio a te, bagnata tutta come scrofa a calore, voglio fare corni Lukas con te, voglio miagolare anche io come tue amiche”, “Mercoledì notte, sento lei che urla culo, culo, culo, a te piace? Dici prendi, prendi vacca”, “Ma lei non fa male?”
Avevo il cazzo più duro del marmo, gli avrei piantato la lingua in quelle labbra carnose, ma eravamo seduti al tavolino della gelateria del viale.
Mi limitai a posare la mia mano sulla sua e carezzarle il polso con il polpastrello del pollice, mentre lei mi carezzava l’interno polpaccio con il suo.
“Andiamo a casa Norah, altrimenti ti sbatto qui in gelateria”.
Ovviamente, in moto arrivai prima di lei, giusto il tempo di una sciacquata che sentii il suo tacchettare per le scale, aprii in accappatoio, appena fu dentro mi si aggrappò al collo strusciandosi il pube sull’obelisco che non tardò ad uscire dall’accappatoio, intanto con le lingue annodate la slacciai la gonna jeans lasciandola scivolare per terra mentre la scalciava per aria, le sbottonai la camicetta e mi riempii le mani a coppa, eravamo ancora in apnea che sollevò la gamba destra dietro di me, sul mio gluteo, afferrò il cazzo e cominciò a strusciarselo tra le labbrone.
Ripresi fiato, le misi le mani nella testa tra i capelli e sfiorandole il lobo sinistro le sussurrai, “Vieni, voglio farti godere come meriti, come una Regina, la Regina delle puttane, te lo meriti”, finii di spogliarla, quel po’ che restava, lasciandola nuda sui tacchi, mi beai della sua andatura puttanesca a gambe larghe, mentre la pilotavo verso il letto. Ve la adagiai a cosce aperte e mi fiondai sulla sua peluria nera (che nera! Come cantava Dalla), la carezzavo contropelo dischiudendole le labbra con la lingua, mentre cominciava a contorcersi come una serpe, leccavo lentamente per tutta la lunghezza ed arrivato al bottoncino, già duro, lo succhiai sino a sentirla, più che miagolare, sembrava un muggito, venne subito allagandosi di umori, le feci scivolare dentro un dito, quasi me lo stritolò con le contrazioni, “Sìiiiiiii, fammi godere come le tue troie, anche io troiaaa tua troiaaa, siiii vengoooooo”. Sbrodolò sino a bagnare il letto, intanto ero entrato con il secondo dito e cercavo il punto G, lo trovai e cominciai a stuzzicarlo mentre la leccavo per il lungo ed il largo sul clitoride, sollevava il bacino ansimando sempre più velocemente, sino a quando zampillò a più riprese.
La lasciai calmare disteso al suo fianco continuavo a carezzarla e limonarla, le leccavo il collo scendendo sino al seno, indugiavo sui capezzoli dritti come chiodi mentre la mani a coppa le carezzavano le tette dure come pietra.
Sollevava il pube come ad offrirmelo, ed io lo accettai, ripresi più che a leccarla, a scoparla con la lingua, “Siiiii mi piace, mi piace dai dai dai che vengo ancoraaa, Lukas no mi lecca mai, no piace, mmmhmmm fai impazzire me Paulo, Paulo, Paulo veeeeeeengoooo ancora come troiaaaaaa”, con il bacino, sembrava ballasse la rumba sul mio letto, per non perdere la presa la afferrai per le natiche, la lavorai di lingua e dita sino a che non zampillò un'altra volta, dopo mi sollevai e le affondai la lingua in bocca mentre lei si aggrappò a trivella stritolandolo. “Adesso capisco perché tue amiche urlano sempre, bello bello troppo bello, mai provato così, Lukas non immagina neanche, povero cornuto, dimmi fai sempre corni insieme me, dimmi si Paulo”, mi venne sopra, carezzando i miei capezzoli con i suoi mentre si strisciava la figa sul cazzo lavandomelo con i suoi umori, “Fotti me adesso, fammi donna, fammi sentire tuo palo che riempie me sino pancia, fotti tua troia rumena toro taliano” a fior di labbra mentre mi limonava, “Fammi urlare”.
Con le lingue ancora annodate, la capovolsi, stesa a gambe larghe mi ci posi in mezzo alla missionaria e cominciai a strusciarle la cappella tra le labbrone, “Siiiiiii, così, sento dura, fotti, fottimiii”, mi soffermai sul buco e gliela feci sentire, premetti quel tanto che le scivolasse dentro e mi fermai, la sentivo stretta anche se ben lubrificata, aveva gli occhi quasi due fessure, soffiava come un mantice, lo estrassi, afferrai un profilattico e… me lo strappò di mano buttandolo via, “Che fai? Io conosciuto solo Lukas che sano come pesce, se tu no hai problemi fotti me come natura vuole”, non credetti alle mie orecchie, glielo riproposi lucidadolo nuovamente tra le sue labbrone, spinsi ed entrai con la cappella, “Siiii sento dura, belo belo, fottimi tutta”, spinsi ancora sino a metà fermandomi di nuovo, sgranò gli occhi, “Siiiiiiiii ti sento grosso, duro, mi riempi, godo godo godo godoooooo, haaahhhmmhhh”, sbavava letteralmente, le colava la saliva dal bordo bocca, arretrai un po’ e spinsi, giù tutto dentro sino a sentire che le toccavo l’utero, rispalancò gli occhi, accavallo le gambe al mio bacino ed urlò “Haaaaahòooouuuuwwwwmmmmhhh sìiiiii mmmmmmhhh, goooodoooo”, “hàaaauuuuuu, huu huu, siiiiiiiiiiii, vengoooooooo”, ormai steso su di lei, cominciai a muovermi lentamente per tutta la lunghezza, sentivo il calore della sua venuta avvolgermi tutto, cercai di prendere il ritmo delle sue contrazioni, Norah apriva e chiudeva la bocca con gli occhi girati all’indietro, ma non si udiva nessun suono, solo soffi, “fffrff, fffrff, ffffrff”, a parte, “Ciafff, ciafff, ciafff ciaff…” della mie palle che le sbattevano sulle natiche fradicie dei suoi umori.
Mi fermai un attimo, tra un ansimo e l’altro, sempre con le gambe per aria annodate sulla mia schiena, socchiuse gli occhi e mi bisbigliò all’orecchio, “Sono morta? Sono in paradiso? Sono piena, mi stai sfondando anche la pancia, ti sento dentro, duro duro, senti ti do i bacini?” e si contraeva volontariamente, “Si ti sento, troia, mi stai facendo una pompa con la figa, se non smetti ti vengo dentro e ti farcisco come un bignè”, “Cosa è bignè? Se è come sento, è sicuramente buono”, le piantai la lingua in gola sino alle tonsille e ricambiò, mentre le scivolavo lentamente dentro e fuori, mandandola in brodo di giuggiole. Ad occhi socchiusi, “Sai una cosa Paulo?”, “Cosa?”, mentre continuavo a limarle la figa fradicia, “Se Lukas non mi cerca, lo lascio tranquillo in pace, adesso ci sei tu che mi fai sentire donna, e fai sentire troia, voglio essere tua troia anche io, mi vuoi, dimmi sì, che prendi anche Norah con tue troie?”. Mi sfilai da lei, mentre mi guardava smarrita, temendo di aver detto qualcosa di male, mi misi in piedi sul letto tranquillizzandola, “Certo che ti prendo tra le mie troie piccolina, non solo, ma farò di te la mia regina delle troie, ti farò uscire la troiaggine anche dalle orecchie, ma devi dimostrarmi quanto sei troia”.
Stavo scoppiando, dovevo venire, la misi in ginocchio sul letto e glielo piantai in gola, cominciando a scoparla in bocca, “Insalivalo e respira con il naso troia Regina, fammi vedere quello che vali”, soffiava dal naso fissandomi dritto negli occhi con quella sua aria di sfida, uno sguardo che interpretai come un “Faccio tutto quello che vuoi”, la presi per le orecchie e cominciai a darle il ritmo, quando la sentivo ansimare troppo, mi fermavo facendole riprendere fiato, “Perdona, tuo grosso cazzone no entra tutto, non sono brava, Lukas non mi ha insegnato, voglio imparare presto, farò tutto quello che mi chiedi, ora ti appartengo”, glielo ricacciai in bocca, “Succhia, svuotami le palle, sino all’ultima goccia”, ero troppo carico, la pompai in bocca altri cinque minuti ed esplosi tutto il piacere accumulato nel pomeriggio, ne perse solo poche gocce, ingoiò tutto e si leccò pure le labbra.
Si, pomeriggio, ridendo e godendo si erano fatte quasi le 18, ci alzammo, solo allora mi accorsi che aveva ancora le scarpe ai piedi ed il suo ancheggiare a gambe larghe, mentre ci dirigevamo in bagno per una doccia veloce, me lo fece intostare di nuovo di brutto. Cazzo, aveva una carica erotica non indifferente Norah, al posto di Lukas l’avrei scopata in continuazione.
Lei se ne accorse, sgranò gli occhi, lo afferrò e mi tirò dentro il box, “Sei pronto un'altra volta toro taliano, se penso che Lukas ci mette una settimana a riprendersi, davvero non gliela faccio più vedere, la userai solo tu”, carezzandosi la patata bollente. Le infilai due dita e le estrassi che grondavano miele, platealmente le leccai e succhiai, poi infilandole la lingua in bocca le feci sentire il suo sapore, mentre mi diceva, “Sei porco, il porco che mi serve per essere troia”, la girai, piegandola, le feci poggiare mani e testa al muro, con le gambe divaricate per quanto largo il box, cominciai a carezzarla con “l’amico” dal clitoride sino al buchetto del culo lubrificandole il solco delle natiche, ogni tanto glielo intingevo nella patata infuocata e continuavo a servirglielo tra le natiche soffermandomi sempre più deciso sul buchetto, notai che si irrigidiva e non forzai, in compenso, tenendola ben salda per i fianchi le sprofondai nella fighetta stretta, con un solo affondo sino alla radice delle palle, si dimenò un paio di volte muggendo come una vacca “mmmmmhhuuuum, siiiii, mmmmmhhm venggoooooo!”, mollai i fianchi, mi impossessai dei capezzoli durissimi, dapprima sfiorandoli con i polpastrelli, poi li strizzai, gemette e dovetti sorreggerla poiché le cedevano le gambe in continuazione. Mi fermai per farla riprendere, tenendola ben salda, impalata, la carezzavo sui fianchi e sulle natiche, la sentivo venire ancora, non smetteva di contrarsi, “cosa mi faiii? Sto venendo in continuazione, sento la mia sbora che mi cola lungo le gambe, mi fai impazzzziireeee”. Mi insalivai il pollice e glielo premetti nel buchino, “uuuuumh noo, no ho paura”, “tranquilla e rilassati”, entrai solo la prima falange e mi fermai, pur continuando a pomparla lentamente per tutta la lunghezza dell’asta. “stai serena, rilassati e goditi il cazzo per ora, la tua verginità, voglio coglierla, con calma e dovrà piacerti, sarai tu stessa ad offrirmela, quando sarai pronta, vedrai che ti piacerà, al punto che me lo richiederai”. Le diedi altre due stantufate lente lente, a farle misurare la lunghezza della nerchia, facendola mugolare ancora, poi uscii ed aprii l’acqua della doccia, “Rivestiti che fra un po’ arriva il tuo Lukas”, “No, non è mio Lucas. Adesso è Lukas, il mio cornuto e tu sei mio toro”, uscì dalla doccia ed entrò nel mio accappatoio, asciugata infilò le scarpe e cominciò a recuperare i suoi vestiti sparsi per la casa.
Quando toccò alla gonna, non piegò le ginocchia, con le gambe divaricate e ben tese, piegò la schiena, offrendomi la visione di un Opera d’Arte, mi guardò maliziosamente, “Vado bene? Sono abbastanza troia per te?”, mi alzai, mi posi innanzi a lei con mister Trivella che le pressava il pube, le mani sulle natiche e le passai la lingua tra le labbra, poi mi insalivai il medio e glielo sprofondai nel culo sditalinandoglielo, mentre le mordicchiavo il labbro inferiore, si dimenò un po’, poi mugolando “mmmmhmm, bello mi piace, ma il tuo cazzone è molto più grosso…”, “ti piacerà, ti piacerà, vedrai che più ne avrai più ne vorrai…”, mentre finiva di rivestirsi, “come tua amica troia che urla in culo, in culo, culo?”, “esatto piccola, a quel punto sarai veramente la mia vacca personale e frequenterò solo te”.
Le palpai il culo e le aprii la porta. Mi deliziai della visione del suo culo che saliva le scale e rientrai in casa.
Quando sentii chiudere il suo portoncino, arrivò Lukas.
Fffhìiùuuu, giusto in tempo.
Un paio di mattine dopo, ero al computer, assorto a controllare la posta, sorseggiando il secondo caffè del mattino, sentivo Norah zampettare al piano di sopra che sfaccendava in casa, la immaginavo nuda con il suo incedere che tanto mi faceva ingrifare, anzi mi drizzò proprio mentre cancellavo un sacco di posta spazzatura.
Avevo un CD di blues in sottofondo, quando ad un certo punto, “Patatrackete, booom”, un frastuono metallico, un tonfo e Norah che urla. Poi la sento piangere e lamentarsi. In un baleno, afferro le mie chiavi e mi precipito di sopra, solo quando arrivo dietro la sua porta realizzo che sono in mutande, ma chissssenefrega! La sento che continua a lamentarsi e piangere, le do la voce: “Norah, che succede, come staiii???”, “Caduta di scala, pulivo lampadario, fa male gamba, rotta hihihi”, “Cazzo, riesci ad aprirmi?”, “Nooo, appena muovo fa troppo male hihi hi”, “OK, stai calma, adesso chiamo ambulanza andiamo in ospedale”. Avevo lasciato il telefono giù, “Norah, cerca di stare ferma e calma, vado a telefonare”, scendo di corsa a casa, afferro il cell. e chiamo il 118, mentre parlo con l’operatore, la sento parlare nella sua lingua piangendo, realizzo che ha chiamato Lukas, esco sul balconcino e la sento meglio, aspetto che finisca e la chiamo, “Norah, ma hai i vetri aperti?”, “Si Paulo finestra è aperta, ho tanto male hihi hi”, infilo i jeans e riesco sul balconcino, afferro la mia scala, salgo in cima e sento che alzando il braccio riesco a toccare la sua ringhiera, sposto la scala verso il muro d’angolo ed aiutandomi con i piedi sulla grondaia riesco ad arrivare al suo parapetto, scavalcare è un attimo, sono sul suo balcone, ma la porta è chiusa, scavalco la finestra e sono dentro. Cavolo, la trovo seduta per terra con una gamba infilata nella scala e l’altra sopra, completamente nuda, sopra la caviglia, sulla tibia, che comincia a gonfiarsi, un ematoma già bello nero, lei piange e si lamenta. “Stai serena ho già chiamato il 118 stanno arrivando”, “Ma sono nudaaa”, “Dai ti prendo qualcosa, dove?”, “Appena entri in camera, appesa c’è scamiciato azzurro, prendi quelo.”, glielo lancio, apro il freezer e prendo la cubettiera del ghiaccio, ci sono anche due accumulatori della borsa frigo, prendo anche quelli con un asciuga mani e mi inginocchio vicino a lei, molto lentamente riesco a sfilarle la scala dalla gamba, non senza sue urla di dolore, poi le porgo il pacco freddo, “Tieni poggiatelo tu dove senti male” solo allora la bacio, asciugandole le lacrime con le labbra. “Quanto male Paulo, è sicuramente rotta”.
“Ho sentito parlavi in rumeno, hai avvertito Lukas?”, “Si, chiede permesso e viene”, “Richiamalo e digli di venire direttamente in ospedale”, mentre chiama arrivano i ragazzi del 118, per fortuna ce l’abbiamo a 15 km, l’autista e due ragazze, che la immobilizzano e mettono ghiaccio secco, mentre la portano giù con la sedia a bretelle, provvedo a chiuderle casa. Passo da me ed infilo una polo. Non mi fanno salire in ambulanza. Seguo in moto, anzi ultimo tratto precedo al Pronto Soccorso.
Entro con lei, mi stringe la mano e piange. La visitano e la spediscono in Radiografia, era immaginabile, la seguo, dopo arriva anche l’ortopedico, c’è una frattura tibia e perone, per fortuna composta, l’Ortopedico si pronuncia: “ci sono due possibili vie da seguire, una, gliela rimetto a posto, ingessiamo, va a casa e dopo 40 gg può riprendere a fare i primi passi, due operiamo, mettiamo placche e viti, resta qui tre giorni e dopo 30 gg può riprendere a fare i primi passi, la signora lavora?”, “no, no problemi per lavoro, solo casa”, “francamente le consiglio la prima soluzione, sente un po’ di dolore mentre la mettiamo a posto e si leva il pensiero, mentre l’intervento o meglio il post intervento è più doloroso, per una decina di giorni di differenza, non lo farei, a lei la scelta”.
Norah mi guardò come per chiedere aiuto, poi: “tu cosa dici Paulo, quello che tu dici faccio”, cazzo bel peso pensai, “Ascolta, stai già soffrendo, un altro po’ di dolore e non ci pensi più, anziché tagliare, bucare le ossa con le viti, secondo me ha detto bene il medico, sentirai male più a lungo con l’intervento”, rivolta all’Ortopedico: “Va bene, metta a posto, ma lui sta con me”, “Bene, andiamo in sala gessi”, arrivati la stesero sul lettino, lei mi stava stritolando la mano, il medico riguardò le radiografie, se le appese al muro vicino il lettino, l’infermiere si pose dietro la testa di Norah, le face allargare le braccia e l’afferrò sotto le ascelle, il medico ai piedi del lettino le allineò le gambe, poi prese il piede dalla pianta e dal tallone, fissò l’infermiere, tirò un po’ a se il piede e lo ruotò leggermente, rilasciando in posizione, Norah cacciò un urlo e si mise a piangere di nuovo. “Perfetto, possiamo ingessare, prendi anche il ginocchio, fra 15 giorni controlliamo e facciamo un gambaletto sotto il ginocchio” e se ne andò.
Solo allora sentii il dolore alla mano, Norah mi aveva piantato le unghie sul dorso della mano. La guardai e mi chinai a sfiorarle le labbra con le mie, incurante dell’infermiere che non si accorse di nulla impegnato come era con le bende. Norah, con i lacrimoni che le rigavano le guance, sussurrò “Ti piacerà troia con gamba di legno?”, mi chinai a sfiorargli l’orecchio, “L’importante che non abbia figa e culo di legno, vedrai che ti farò sbrodolare lo stesso”, finalmente sorrise. Mi girò la mano e riempì il dorso di bacini, un’occhiata maliziosa all’infermiere e me la leccò.
Uscimmo dalla sala gessi sulla sedia a rotelle, Lukas stava aspettando li nel corridoio, gliela consegnai e tornai al PS dove mi diedero le dimissioni, con le ricette degli antidolorifici e per la calciparina.
Li raggiunsi nel piazzale del PS, Norah non potendo piegare la gamba destra, la infilammo per traverso sul sedile posteriore, io la tiravo per le spalle e Lukas le accompagnava le gambe. Notai un suo sguardo di disappunto verso Norah. Riportò dentro la sedia e ci raggiunse in macchina, partimmo, gli davo le indicazioni per passare dalla farmacia, intanto battibeccavano in Rumeno tra di loro, ogni tanto percepivo un “Paulo” e la cosa mi dava fastidio, glielo dissi, “Lukas, se mi stai coinvolgendo in qualche modo nei vostri discorsi, mi fai il favore che mi fai capire di che parlate”, Norah: “Si scusa hai ragione, si è accorto che sotto non ho niente, è geloso che mi hai visto nuda e mi hai aiutato a vestirmi”.
“Ehhèeeeeche sarà mai Lukas, è stato un incidente, poi che ti devo dire, ha tutto normale, è come tutte le altre donne che ho visto nude, mica è la prima. Mi sarei meravigliato se ce l’avesse avuta quadrata”. “Pensa che se non ci fossi stato l’avresti trovata questa sera rientrando a casa ed avrebbe sofferto tutto il giorno. Dovresti essere contento per come sono andate le cose e di avere un vicino disponibile a prendersi cura di lei anche nei prossimi giorni, quando sei al lavoro, o vuoi prenderti 40 giorni di ferie”.
Rimuginò un po’, poi “Si hai ragione, scusa Paolo, scusa Norah, di certo non l’avete fatto apposta”. “Dai parcheggia che siamo arrivati alla Farmacia” e gli consegnai le due ricette, scese ed entrò. Norah: “Altro che corni! Paulo gli facciamo quanto cesta di lumachi”, le posai la mano sul ginocchio sinistro e comincia a carezzarla risalendo l’interno coscia sino a carezzarle la patatina con il dorso della mano, “Anzi no cesta, facciamo allevamento di lumachi. Scemo”.
Giunti a casa, lo feci parcheggiare vicino l’ascensore, e lo spedii di sopra a prendere una sedia ed aspettarci a loro piano, saltellando con non poco dolore Norah arrivò all’ascensore, appena dentro mi piantò la lingua in bocca portando la mia mano sulla figa calda, “Voglio fotti subito me a sua faccia”, “Dai stai calma adesso, abbiamo altro cui pensare, bisogna organizzarsi per gestire questa situazione”. Giunti al piano la sedemmo sulla sedia e la portammo in casa.
Piazzata sul divano, dissi a Lukas: “Tu, se vuoi, puoi tornartene al lavoro, adesso le preparo un boccone e poi vediamo come organizzarci per i prossimi 40 giorni”, Norah: “Si Lukas, vai già perso mattinata, almeno lavori pomeriggio, resta Paulo, prende cura di me, vero Paulo?”, “Si Lukas, vai tranquillo, penso io a lei, qualunque cosa ha bisogno”.
Mentre si avviava verso la porta, mi tirò in disparte sul pianerottolo, mi mise una mano sulla spalla e… congelai, “Norah ha bisogno di cure adesso, ma anche di cazzo, tanto cazzo, io do poco causa lavoro, dai tu posto mio, capito che tu piaci a Norah”.
Restai li imbambolato a guardarlo scendere per le scale, fatta la prima rampa, si girò “o lei non piace a te?”, “stai tranquillo, vai a lavorare adesso, non ci pensare, ci vediamo questa sera”.
Rientrai, le misi un cuscino sotto la gamba e la baciai, mi afferrò dietro la nuca e mi violentò le labbra con la sua lingua, poi: “Paulo fottimi, a più che puoi, sono tua troia, solo tua”, “Stai buona adesso per un paio di giorni, vedrai che avremo tempo, tanto tempo per farti diventare la mia troia personale, adesso vado giù un attimo a sistemare il casino che ho lasciato questa mattina, poi ti preparo da mangiare e torno su, fai la brava intanto, se hai bisogno urgente batti sul pavimento”. Presi le sue chiavi e scesi.
erano le 15 quando tornai su con un insalatona di pomodoro, mais, cipolline e tonno.
“Ti ho preparato qualcosa da mangiare”. La trovai sul divano, stravaccata con la gamba ingessata sul tavolino e l’altra sul bracciolo del divano, intenta a sgrillettarsi i capezzoli e la passera. “anche io ti ho preparato qualcosa da mangiare, o leccare, come preferisci”, mi inginocchiai tra le sue gambe, la carezzai contro pelo mentre le mordicchiai entrambi i capezzoli subito induriti, poi scesi a darle una sliguata sul clitoride mentre con due dita la penetrai sino ad andare a sentire la pallina spugnosa, a quel punto, leccandomi l’orecchio destro, “lo senti come mi hai già fatto sbrodolare?”, “si, come una scrofa, la mia scrofa preferita”, avevo iniziato a stantufarle la figa con medio ed anulare raccogliendo i suoi abbondanti umori, ben lubrificato, con l’indice andai a stuzzicarle il culo, non si ritirò, “adesso ti metto una suppostina” e l’indice era già dentro sino alla seconda falange, intanto me limonavo, succhiandole la lingua, “porco, vuoi fare culo?”, “non ancora, prima te lo preparo, perché voglio che ti piaccia quando te lo aprirò”, “siii, voglio urlare come tua amica troia culo sfondato, voglio godere con culo pure io, per farti contento”, continuavo a lavorarle le tette ed i capezzoli con una mano e con l’altra passai a due dita nel culo, ruotandole e infilzandola, lentamente cominciava a rilassarsi ed aprirsi, ogni tanto le davo la lingua da succhiare, la carezzavo nell’interno coscia, le strizzavo la figa ed il clitoride, cominciò a tremare contorcendosi, “mi fai morire di godimento, che maiale seiiiiiiii, hàaaa, haaaa”, in mezzo le gambe era un lago, mi alzai e glielo piazzai in bocca, lo afferrò subito con due mani e cominciò a succhiare peggio di un idrovora, poi mi poggiò una mano sul culo e cominciò a dare il ritmo, se lo faceva arrivare sin dove poteva, poi lo estraeva e lo leccava su e giù lungo tutta l’asta, “leccami anche la palle”, “si tua troia lecca, succhia anche”, più stringeva il cazzo più si induriva, inginocchiai di nuovo tra le sue gambe spalancate e glielo strusciai tra le labbra un paio di volte lucidandolo, poi la penetrai con la sola cappella, socchiuse gli occhi, si passò la lingua tra le labbra, “riempimi, riempimi tutta, sfondamiiii, siiii, fammi sentire piena di te, riempimi di sborra”, spinsi sin dove arrivavo, poi la presi da dietro la schiena e la tirai sino al bordo divano, diedi un altro affondo e la sentivo in punta che toccavo l’utero, “ùàaaahhhh si, si, siiiiii così lo sento tutto sino nella panciaaaa, godo godogodooo, dimmelo dimmelo che sono la tua troia, puttana, scrofaaaaa, fottimi sempreee”, iniziò a tremare come in preda alle convulsioni, mi stava stritolando il cazzo con le contrazioni, non finivano più, sbavava come una lumaca, non so mai quanti succhiotti mi lascò sul collo mentre le strizzavo le tette, con i polpastrelli dei pollici stuzzicavo i capezzoli, diminuii il ritmo del pompaggio sino a lento lento, poi uscii, aveva la figa a forma di O maiuscolo e le colava tutto il suo miele, la risistemai sul divano e ripresi a scoparla in bocca, sino a che capii che stavo esplodendo, lei lo capì e si preparò ad ingoiare, invece lo estrassi e con due mani come fosse un idrante, la inondai in ogni dove, occhi, naso bocca, mento capelli, tette pancia, era ridotta una maschera di sborra, cominciò a raccogliere con la lingua quella che gli colava dal viso ed a spalmarsi il resto su tutto il corpo.
“Grazie mio signore per piacere che dai, fai di me che vuoi, sono tua, tua putta sborratoio, tuo cazzo mi fa impazzire, Lukas uomo inutile, solo bravo marito lavoratore, ma femmina come me vuole anche cazo, tuo cazo grosso”.
L’aiutai a ripulirsi e la costrinsi a mangiare un boccone.
“Devo fare piscia”, o cazzo a questo non ci avevamo pensato, la presi in braccio con il gesso che penzolava e la portai sul water, poi la passai sul bidet, la porca ci provò, voleva glielo facessi io, “no cara, io sono bravo a sporcarti, non a pulirti, poi ti sei rotta una gamba mica un braccio, dai lavati e non masturbarti porca”, “haha scusa ci ho provato, ti desidero ancora”, “ancora???, mi hai appena vuotato!”, “no è colpa mia, sei tu che mi arrapi, con tuo cazo duro”
Tornammo a fatica e dolorosamente per lei, al divano, dove restammo sino alla sera al ritorno di Lukas, masturbandoci blandamente a vicenda, di tanto in tanto.
Nel frattempo feci un giro di telefonate tra gli amici/che e rimediai un paio di stampelle, sarei andato a recuperarle con calma, visto per una 15na di giorni non doveva caricare il piede.
Arrivò Lukas, ci trovò seduti composti sul divano davanti la TV. Gli spiegai due volte, le pillole che doveva prendere Norah, “La puntura gliela faccio io domani mattina”, “Meno male io non so fare”, “Io si, è una stupidagine, queste vanno sotto cute, non sentirai niente Norah, un pizzico appena”, Norah: “Ho anche supposte?”, la fulminai con lo sguardo, “No, niente supposte, solo pillole e punturina”.
Norah decise che lei avrebbe dormito sul divano, perché voleva guardare la TV.
Li salutai e mentre me ne stavo andando Lukas, “Domani, quando vado via, lascio mie chiavi in tua buca lettere?”, Norah: “No Lukas, Paulo prendi mio mazzo chiavi, dove vado io?” Li salutai ed uscii per rientrare in casa mia.
Da sotto, in serata, li sentii parlare a lungo, in rumeno, ed ogni tanto percepivo “Paulo”, la cosa mi infastidiva, ma decisi di non mettere il dito (oddio, nel culo di Norah, si, lo avrei messo senz’altro).
La mattina dopo alle 8 ero già di sopra, le preparai il caffè e la colazione, dopo con una spugna ed una bacinella, l’aiutai a lavarsi, non senza difficoltà, poiché aveva già voglia di porcheggiare di prima mattina. Stesi un lenzuolo sul divano, volle restare nuda, “Così mi sento più porca, nuda davanti mio signore, uomo, maschio Taliano”.
Mentre preparavo la calciparina le faccio: “Ieri sera da giù vi sentivo parlare, ogni tanto mi arrivava Paulo, avete parlato di me?”, “Si, Paulo, detto Lukas di non rompere cazzo, io con Paulo faccio quello che voglio, lui deve smettere gelosia, sai cosa risposto?”, “No, ma non oso immaginare”, “Detto che se tu fotti me, lui no dispiace, contento che faccio corni con Paulo, lui basta sabato”, meravigliato “Noooo?!”, “e tu sai cosa dico te, che lui no vede me neanche sabato, faccio solo con te”.
La feci stendere sul divano e mi sedetti sul bordo con la siringhetta pronta, lei si carezzò il pube con le dita tra la folta peluria, “piace mia fica pelosa? Bela vero?”, “si, ma gli daremo una leggera sfoltita”, “cosa vuole dire?”, “faremo qualche ritocco, vedrai al momento giusto, adesso stai ferma”, afferrai un lembo di cute sulla pancia e le feci l’iniezione, “Bravo, no sentito male, solo pizzicore”, “adesso fai la brava, che io devo uscire a fare un po’ di spesa, se hai bisogno chiamami o messaggiami”, li mi resi conto che non ci eravamo ancora scambiati i numeri di telefono, presi il suo e glielo porsi, poi gli diedi il numero, lo memorizzò sotto: “Mio Signore”, mi inorgoglì non poco, le feci vedere come memorizzai lei: “Regina di Troie”, allargò le braccia e “Vieni qua dalla tua troiona”, mi violentò la bocca con la lingua.
Presi le sue chiavi ed uscii. Alle 11 ero alla cassa del market e sento mi arriva una notifica WhatsApp, arrivo in macchina e guardo. Un selfie della figa lucida di umori, “Sbrigati, ho fame, quando arrivi?”, “che porca che sei”, “no porca, troia, la tua Mio Signore”. Chiusi e misi in moto la macchina.
Passarono in fretta quelle due settimane, i giorni trascorrevano senza annoiarci, e godendo, ormai le sditalinavo più il culo che la figa e lei diventava brava nello spompinarmi, ingoiava sempre più cazzo, ma non ancora tutto.
Arrivò il giorno che la portai al controllo ortopedico, il primario si disse soddisfatto del lavoro fatto, si complimentò con lei per la scelta fatta, nessuna cicatrice avrebbe deturpato il suo geco tatuato e presto si sarebbe stato solo un ricordo. Le fecero un gambaletto con supporto ed avrebbe potuto cominciare (con moderazione) a caricare il piede.
Quando uscimmo era raggiante, adesso si poteva sedere in macchina davanti.
Una fantastica limonata molto osè nel parcheggio dell’ospedale me lo confermò.
Non tornammo subito a casa, passai da una mia amica estetista. “cosa facciamo qui?”, “Scendi, vieni è arrivato il momento della sfoltita”, la portai in braccio sino al lettino. Erika l’estetista chiese, “cosa facciamo?”, mentre toglievo la gonna e gli slip di Norah, “Tu cosa consigli?”, Erika la studiò un po’, la carezzò di pelo e contro pelo, arretrò per guardarla meglio, poi sentenziò, “Non si usa più, ma ci vedrei una bella Brasiliana, che dici tu?” rivolta a me, mi spostai anche io ai piedi del lettino fronte figa di Norah, per scherzo feci l’inquadratura tipo regista, poi “Si, penso che per cominciare vada bene”, Norah ci guardò entrambi poi, “Hei belli tipi, la figa è la mia, cosa cazzo è la Brasiliana?”, Erika andò in un cassetto, estrasse delle foto e gliele porse, Norah se le guardò per un po’, piegò la testa poi mi fissò, “si mi piace, ma anche se no mi piacesse, se piace a te facciamo”, Erika mentre infilava i guanti sottovoce mi fa “l’hai già schiavizzata”, “no, ha fatto tutto da sola, non ci ho messo niente di mio”, “tsè dillo a chi non ti conosce, 19 cm di roba gliela hai messa di sicuro”
Le piacque talmente che Norah non volle rimettere gli slip sotto la gonna, in macchina stette tutto il tempo a gambe larghe carezzandosela, “che bello Paulo, come è liscia, bello carezzarsi”, “aspetta che arriviamo a casa ti faccio sentire che bello leccartela”, “porco mi sto già bagnando, corri a casa”, “non ancora, dobbiamo fare un paio di fermate ancora”.
Mi fermai su una trasversale della via dove era un sexy shop, in modo che non vedesse, Mentre la slinguavo, “Aspetta in macchina, torno subito”. Appena entrato arriva notifica WA, apro, selfie di figa depilata con due dita dentro, sotto scritto SBRIGATI. Presi un butplug con swaroski, un vasetto di lubrificante ed altre due cazzatelle, il culo day di Norah era arrivato.
In macchina, “cosa hai comprato?”, “un gioiello”, “per meeee? Fai vedere”, “no tesoro, prima di vedere, dovrai sentire”, “gioiello che si sente? È musica?”, “Dai Norah, è una sorpresa, ti piacerà”.
(continua)

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