STORY TITLE: La Crociera Proibita 
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STORY

La Crociera Proibita

by MisterFive
Viewed: 153 times Comments 0 Date: 09-07-2025 Language: Language

Vent'anni. Un traguardo che per la maggior parte delle coppie significava stabilità, forse un po' di routine, ma per noi, Matteo e io, Giada, era la celebrazione di un amore che si era trasformato, aveva osato, e ora danzava sul filo del proibito. La crociera nel Mediterraneo occidentale, un regalo per i nostri vent'anni di rapporto, non era solo una fuga romantica, ma un banco di prova per il nostro

patto

, un'occasione per esplorare nuovi orizzonti di desiderio e sottomissione. Il nostro rapporto era mutato radicalmente negli ultimi tempi: io ero la Regina indiscussa, Matteo il mio schiavo devoto, e le presenze di Michele, Stefano e l'onnipresente Alessandro, il nostro

bisex versatile

che prometteva nuove avventure, erano ormai parte integrante del nostro mondo. Mentre la nave salpava, sentivo l'eccitazione crescere, il vento sul viso che mi portava profumi di nuove conquiste, e il mio sguardo si posava su Matteo, seduto accanto a me, la sua gabbia di castità un monito silente della sua devozione.
La crociera era un susseguirsi di giorni piacevoli, baciati dal sole e cullati dal mare. Di giorno, ci perdevamo tra le vie delle città portuali, mano nella mano, una coppia apparentemente normale, ma con un segreto che ci incendiava la pelle. Di notte, nell'intimità della nostra cabina, sfogavo su Matteo la mia voglia, il mio desiderio di Dominatrice. La sua sottomissione era totale, ogni mio desiderio un ordine sacro. Mi facevo masturbare da lui, lo facevo leccare, a volte lo frustavo leggermente con il frustino da cavallerizza che mi ero portata, solo per ricordargli il suo posto e per accendere in lui quella perversa scintilla di dolore e piacere che lo mandava in estasi. Le sue labbra si muovevano sul mio corpo con devozione, la sua lingua calda che mi esplorava, mentre io gemevo il suo nome, sapendo di essere la sua Padrona.
Verso metà viaggio, durante una delle cene serali nel lussuoso ristorante della nave, un uomo catturò la mia attenzione. Alto, elegante, con uno sguardo profondo e intrigante. Si chiamava Fabrizio, un architetto di fama internazionale, in viaggio con i soci del suo studio per una vacanza premio dopo aver concluso un importante progetto in Medio Oriente, desideroso di distacco e nuovi stimoli. La conversazione fluì con disinvoltura, i nostri sguardi si incontravano spesso, carichi di una reciproca curiosità. Matteo, seduto al mio fianco, era come sempre il mio schiavo discreto, osservava ogni mio flirt con un misto di gelosia e una maledetta, inconfessabile eccitazione. Gli facevo sfiorare la mia mano sotto il tavolo, solo per stuzzicarlo, per ricordargli chi ero e chi era lui.
Il giorno seguente, lo incontrai al buffet della colazione. Gli sorrisi, un sorriso che prometteva molto.

Buongiorno, Fabrizio,

dissi, la mia voce un velluto seducente.

Dormito bene?

I suoi occhi si illuminarono.

Si grazie, la giornata promette bene,

rispose, la sua voce calda e profonda. Ci trovammo a chiacchierare per quasi un'ora, parlando di viaggi, di arte, di piaceri. Le mie gambe si accavallarono e riaccavallarono sotto il tavolo con una lentezza studiata, esponendo le mie cosce fasciate da una gonna aderente. I suoi occhi non si staccavano. Sentivo la sua tensione crescere.

Sai,

gli dissi, chinandomi leggermente, la mia voce un sussurro complice,

questa nave è grande, ma a volte mi sento un po' sola.

Il suo sguardo si fece più intenso.

Non sei sola, Giada,

rispose, la sua mano che sfiorò la mia sul tavolo, un tocco elettrico.

Sono qui.


La seduzione proseguì in modo sottile ma costante. Ci incontravamo per un caffè, per un drink al bar panoramico, per una passeggiata sul ponte. Ogni volta, i miei gesti erano più audaci, i miei sguardi più profondi. Lo sfioravo

accidentalmente

mentre gli indicavo qualcosa, lasciavo che il mio profumo indugiasse quando gli passavo accanto, le mie labbra si socchiudevano in un sorriso invitante. Parlavamo di tutto e di niente, ma il sottotesto era sempre lo stesso: desiderio. Una sera, mentre ballavamo al suono di musica latina, mi strinsi a lui, il mio corpo che si muoveva contro il suo con una sensualità sfacciata. Sentii il suo sesso indurirsi contro il mio ventre. I suoi occhi mi interrogarono.

Giada,

mi sussurrò Fabrizio, la sua voce roca, mentre il nostro ballo si faceva più intimo, i nostri corpi quasi incollati.

Mi hai stregato fin dal primo momento. Ma... il tuo Matteo? Non è geloso di tutto questo?

La sua mano mi accarezzava la schiena, scendendo pericolosamente verso il mio fondoschiena.
Gli sorrisi, un sorriso enigmatico che era un misto di seduzione e una promessa di qualcosa di molto più profondo.

Matteo è speciale,

risposi, la mia voce bassa, quasi un sibilo.

Il nostro è un amore che ha saputo evolversi, Fabrizio. Abbiamo fatto un patto. Un patto che ci ha resi più forti, più uniti. E anche... più aperti.

Gli presi la mano, portandola sulla mia coscia, la mia pelle calda sotto le sue dita.

La sua presenza non è un ostacolo, Fabrizio. Anzi. La sua... sottomissione... è parte del nostro gioco. È il mio schiavo. E il suo piacere è legato al mio, anche quando il mio piacere viene da altrove.


Fabrizio mi guardò, i suoi occhi spalancati per un istante, il suo corpo che si irrigidì. Era stupito, quasi incredulo, ma sentii immediatamente la sua eccitazione impennarsi, un'onda di adrenalina che lo travolgeva. Il suo membro premeva con più forza contro di me.

Stai... stai parlando sul serio?

sussurrò, la voce rotta da un misto di shock e un desiderio bruciante.

Un patto... di questo tipo?


Annuii, la mia lingua che gli sfiorava l'orecchio.

Serissima. E la sua gelosia... la sua eccitazione... fanno parte dello spettacolo. Lui... lui gode nel vedermi desiderata da altri. Anzi, è il suo dovere di schiavo facilitare il mio piacere.

Mi chinai, le mie labbra che gli sfiorarono il lobo, e sussurrai:

La mia cabina è molto comoda. E la vista sul mare di notte... è spettacolare. Matteo non disturberà. Anzi, la sua assenza, in questo caso, è un suo compito.


Fabrizio deglutì a fatica, la sua mente che elaborava quelle parole, aprendosi a un universo di trasgressione che non aveva mai osato immaginare. I suoi occhi si accesero di una luce famelica, un misto di incredulità e una brama incontenibile.

Allora... cosa stiamo aspettando?

disse, la sua voce ora carica di un'eccitazione febbrile, il suo corpo che mi stringeva con una foga nuova, quasi disperata. Il messaggio era chiaro, l'invito esplicito.
La mattina dopo, mentre Matteo dormiva accanto a me, mi svegliai con un'idea audace che mi fece sorridere. Volevo Fabrizio. E volevo che Matteo fosse parte di quella conquista, in un modo che avrebbe sigillato per sempre la sua sottomissione. Mi voltai verso di lui, accarezzandogli il viso.

Matteo,

sussurrai, la mia voce un filo seducente,

oggi indosserai la tua gabbia di castità. E stasera... Fabrizio verrà nella nostra cabina. Lo sedurrò, e tu... tu aspetterai fuori. Passeggerai per la nave, conterai i passi, e immaginerai tutto. Ogni rumore, ogni immagine che ti creerai nella mente, sarà il tuo tormento e il tuo piacere.

Matteo aprì gli occhi, un lampo di terrore e una perversa anticipazione che gli infiammava lo sguardo. Annuì, la sua devozione totale.
La sera, ingabbiai Matteo, serrando la piccola chiave al collo, un simbolo visibile della sua prigionia e del mio potere. Gli stampai un bacio sulle labbra.

Bravo, mio schiavo,

sussurrai.

Ora va'. E sii paziente. La tua Regina avrà il suo divertimento.

Matteo uscì, il suo passo pesante, la sua mente già in preda alle immagini che sapeva lo avrebbero tormentato. Io lo osservai, un sorriso di trionfo sulle labbra. Poi mi preparai.
Quando Fabrizio bussò alla porta, ero già vestita solo con un leggero accappatoio di seta che lasciava intravedere le mie curve. I suoi occhi si illuminarono. Lo invitai ad entrare. L'atmosfera nella cabina si fece densa, carica di attesa.

Matteo è uscito per una passeggiata,

dissi, la mia voce vellutata.

Abbiamo la cabina tutta per noi.

Fabrizio mi afferrò, le sue labbra che si posarono con foga sulle mie, un bacio che mi tolse il respiro. Sentii le sue mani scivolare sul mio corpo, accarezzandomi la pelle sotto la seta. La mia vagina pulsava, desiderosa del suo tocco.
Mi spinse sul letto, i suoi occhi che mi divoravano. Il mio accappatoio si aprì, rivelando i miei seni pieni e turgidi, i capezzoli duri e invitanti. Lui non perse tempo. La sua bocca si avventò su uno di essi, succhiando con avidità, mentre l'altra mano si intrufolava tra le mie gambe, trovando la mia clitoride già gonfia e pulsante. Gemetti, la testa che mi ricadeva all'indietro, i brividi che mi percorrevano il corpo.

Oh, sì... Fabrizio... ancora...


Nel frattempo, Matteo camminava per i corridoi della nave, il suo corpo in fiamme. Ogni risata che sentiva, ogni porta che si chiudeva, era una pugnalata al cuore e una fiammata di eccitazione. Si fermò davanti alla nostra cabina, appoggiò l'orecchio alla porta, cercando di catturare ogni suono, ogni gemito. Il suo membro pulsava nella gabbia, dolorosamente teso. Sapeva che io ero lì, con un altro uomo, e il pensiero lo mandava in delirio.
Dentro la cabina, Fabrizio mi stava penetrando con foga, il suo membro grosso e caldo che mi riempiva completamente. Gemevo, le mie gambe avvinghiate ai suoi fianchi, il mio corpo che si inarcava ad ogni sua spinta. Sentivo il piacere crescere, un'onda inarrestabile.

Fabrizio!

urlai, il mio orgasmo che esplose, un grido liberatorio che risuonò nella cabina. E lui, con un ultimo spasmo, venne dentro di me, un getto caldo e denso che mi fece tremare. Fabrizio mi baciò, il suo respiro affannoso sul mio viso.

Sei incredibile, Giada. Una vera dea.


Passò un tempo indefinito. Matteo tornò in cabina solo quando fu sicuro che Fabrizio se n'era andato. Lo misi seduto sul letto, il suo viso tirato, gli occhi ardenti di desiderio, la gabbia di castità che gli stringeva i fianchi. Ero esausta, ma il mio dovere di Padrona non era ancora finito. Mi avvicinai, gli sorrisi, un sorriso che era un misto di indulgenza e una nuova, quasi crudele, sensualità.

Ciao, mio schiavo,

sussurrai, le mie dita che gli accarezzavano il viso.

Sei stato bravo. La tua padrona è molto soddisfatta.

Gli tolsi la gabbia di castità, liberando il suo membro che balzò fuori, teso e dolorante. Lo presi in mano, le mie dita che lo accarezzavano lentamente, mentre gli raccontavo ogni singolo dettaglio del mio incontro con Fabrizio: i suoi baci, le sue carezze, la sua foga, il modo in cui mi aveva riempito, il mio orgasmo. Ogni mia frase era una spinta, una carezza, un tocco sul suo pene che continuava a crescere e a pulsare sotto la mia mano. Matteo gemeva, ansimando, il suo corpo che si contraeva in spasmi di piacere man mano che la mia narrazione si faceva più vivida, più audace. Alla fine, mentre descrivevo il momento in cui Fabrizio era venuto dentro di me, il suo corpo si contorse e venne nella mia mano, un getto potente e liberatorio, il culmine del suo tormento e della sua eccitazione. Ero io, la sua Padrona, a dargli il piacere, a controllarlo, anche quando l'oggetto del desiderio era un altro. Pulii via il suo seme con un fazzoletto, con un gesto di profonda familiarità e possesso.

Come premio per la tua obbedienza, mio schiavo,

dissi, la mia voce bassa e seducente,

oggi ti concedo un privilegio. Puoi leccare il mio sesso, gustare il sapore di Fabrizio sulla mia pelle. È un dono della tua Regina.

Matteo, con gli occhi spalancati e un misto di gratitudine e brama, si chinò tra le mie gambe, le sue labbra che si posarono sulla mia vulva, assaporando il mio sapore, mescolato a quello di Fabrizio. Era il sigillo sulla mia libertà, e sulla sua sottomissione.
La crociera giunse al termine, ma il

richiamo della foresta

era più vivo che mai. Il nostro ritorno a casa era atteso, perché Alessandro era già pronto ad accogliermi. Avevo già acquistato un bellissimo vestito portoghese, seducente e provocante, per festeggiare il mio ritorno con lui, per inaugurare nuove, inesplorate avventure. Il mio desiderio era insaziabile, e Alessandro, con la sua versatilità, era il complice perfetto per le mie esplorazioni. Matteo, il mio schiavo, era pronto a tutto, la sua devozione senza limiti. Il nostro viaggio era appena iniziato.

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