STORY TITLE: L'Anello mancante 
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STORY

L'Anello mancante

by MisterFive
Viewed: 93 times Comments 0 Date: 12-07-2025 Language: Language

Dopo la notte del mio compleanno, qualcosa in me era cambiato. Il

richiamo della foresta

aveva preso un volto, un nome: Alessandro. Non era solo sesso, non era solo il brivido del proibito. C'era un'emozione nuova che mi legava a lui, qualcosa di più profondo di una semplice attrazione fisica. Sentivo il mio corpo vibrare al solo pensiero del suo tocco, e la mia mente era spesso popolata dalle immagini delle nostre notti insieme, il suo membro grosso e caldo che mi riempiva, i suoi gemiti che si fondevano con i miei. Matteo, il mio schiavo, lo aveva percepito. I suoi occhi, un tempo accesi di perversa devozione, ora portavano un'ombra di malcelato disagio. Le sue reazioni erano più tese, i suoi sospiri più pesanti quando pronunciavo il nome di Alessandro. Era come se il suo cuore di marito, per quanto sottomesso, si ribellasse all'idea che la sua Regina potesse provare sentimenti per un altro. Io, Giada, mi trovavo combattuta. Da un lato, avevo promesso a Matteo che il suo ruolo sarebbe stato quello di marito anche se servo, della mia libertà totale e incondizionata. Dall'altro, il suo dolore, seppur controllato, mi toccava. Vedevo la sua lotta interiore, il conflitto tra il suo ruolo di schiavo e il suo amore possessivo di marito. Ma il mio desiderio di avere un amante, un

anello mancante

nella mia vita, un compagno di avventure erotiche che risuonasse con la mia anima più profonda, era troppo forte per essere ignorato. Dovevo trovare il modo di fargli accettare questa nuova realtà, di piegarlo a essa, una volta per tutte, trasformando la sua resistenza in un nuovo, perverso, piacere per me.
Dopo un breve periodo di silenzio carico di tensione, in cui il mio sguardo su Matteo era più freddo del solito e i miei ordini più secchi, presi una decisione. Matteo avrebbe accettato la situazione, punto. Non era una negoziazione, ma una verità da imporre. Lo rassicurai, con una voce che era un misto di affetto distaccato e ferma autorità. Una sera, mentre ero seduta sul divano, le mie gambe incrociate, il mio vestito di seta che accarezzava le mie cosce, e lui era in ginocchio ai miei piedi, il suo sguardo rivolto verso l'alto, pieno di aspettativa e timore.

Matteo,

gli dissi, la mia voce un ordine secco, ma con una punta di dolcezza che lo teneva incollato alle mie parole,

Tu sei e sarai sempre mio marito. Il padre dei miei figli. Il pilastro della mia casa. La tua posizione è innegabile. Nessuno può toglierti questo.

La sua espressione si addolcì leggermente, una scintilla di speranza nei suoi occhi, come se credesse che stessi per concedergli una tregua, un ritorno alla vecchia, rassicurante, normalità.
Ma non era finita.

Però,

continuai, la mia voce che si fece di colpo più dura, più imperiosa, un sibilo che gli fece rabbrividire l'anima,

la tua sottomissione è assoluta. La mia felicità viene prima di tutto. E se questa felicità include la presenza e l'amore di Alessandro, tu la accetterai. Senza riserve, senza lamenti, senza un singolo gemito di disappunto. La tua gelosia è un lusso che non puoi più permetterti, uno spreco di energia che ti sarà negato.

La scintilla nei suoi occhi si spense, sostituita da un timore reverenziale, una rassegnazione che mi riempì di trionfo. Cominciai ad ingabbiarlo sempre più spesso, il metallo freddo che gli imprigionava il pene, stringendolo in una morsa che lo faceva pulsare dolorosamente, un monito costante del suo stato di proprietà. E alternavo le punizioni con i

premi

, in un ciclo perverso che lo teneva sempre sul filo del rasoio: la frusta, leggera ma decisa, che sibilava nell'aria e lasciava strisce rosse sulla sua pelle, ma anche il

premio

: il mio sesso, la mia vulva gonfia e pulsante di desiderio, che per pochi istanti gli concedevo di leccare, la sua lingua che sfiorava il mio clitoride e le mie labbra umide, per poi ritrarla bruscamente, lasciandolo affamato, agonizzante di desiderio, con il sapore del mio eccitamento sulle labbra e il suo pene prigioniero che pulsava nella gabbia. Era un gioco crudele, un'altalena di tormento e piacere negato, ma era incredibilmente efficace. Ogni frustata, ogni privazione, ogni breve e fugace assaggio del mio piacere, lo spingeva più a fondo nella sua sottomissione, rendendolo più desideroso di compiacermi, qualunque fosse il prezzo, qualunque fosse l'umiliazione. La sua mente e il suo corpo si stavano plasmando alla mia volontà, come creta nelle mani dello scultore.
La resa di Matteo arrivò dopo una sessione particolarmente intensa, in cui le mie parole taglienti si erano incise nella sua mente più profondamente di qualsiasi frustata, e il suo pene ingabbiato aveva pulsato fino al limite del dolore. Gli occhi lucidi, il corpo tremante, supplicò, la voce quasi un sussurro.

Basta, Giada. Ho capito. Accetto. Tutto. Fai di me quello che vuoi. Sono tuo. Solo tuo.

Era il suono che desideravo, la melodia della sua completa capitolazione. Non volevo rinunciare ad Alessandro, l'uomo che mi stava aprendo nuove dimensioni di piacere e sentimento, ma non volevo nemmeno rinunciare a Matteo. Erano due facce della stessa, perversa, moneta del mio dominio.

Ottimo, mio schiavo,

dissi, la mia voce un ringhio soddisfatto, un tocco di trionfo che risuonava nella stanza.

Ora, per sigillare questa tua capitolazione, farai un piccolo rito.

Lo costrinsi a masturbarsi, il suo membro teso e vibrante, tirando e spingendo la sua carne fino a che non venne, un getto bianco e denso che raccolsi con cura in una flûte da champagne, scintillante sotto la luce.

Bevi,

ordinai, il mio tono privo di esitazione.

Bevi il tuo seme, Matteo. È il simbolo della tua obbedienza, il sapore amaro e salato della tua accettazione incondizionata. Bevi, e sappi che questo è il tuo posto.

Lui obbedì senza esitazione, gli occhi fissi nei miei, bevendo ogni goccia del suo liquido, il suo volto si contorse in un misto di disgusto e una perversa, profonda soddisfazione, mentre la sua mente si arrendeva definitivamente.
Qualche giorno dopo, decisi di metterlo alla prova definitiva, di consolidare la sua sottomissione in modo inequivocabile. Invitai Alessandro a casa, per una sessione prolungata di sesso, sapendo che sarebbe durata ore. Prima del suo arrivo, preparai Matteo. Gli inserii un plug anale nel culo, un corpo estraneo lucido e freddo che gli avrebbe ricordato costantemente la sua disponibilità, la sua apertura a ogni mio capriccio. Poi lo portai in cantina, un luogo che ora sarebbe diventato il suo purgatorio. Lo legai saldamente agli scaffali, con corde spesse che gli bloccavano i polsi, in una posizione che gli permettesse di vedere l'uscita, ma non di agire, un testimone impotente. Davanti a lui, appesi un cartello con una scritta chiara e inequivocabile, scritta con inchiostro rosso vivo:

Goditi la stanza mentre io faccio godere il mio uomo.


Goditi la stanza, Matteo,

gli dissi, la mia voce gelida, senza un'ombra di pietà.

E goditi il pensiero di ciò che accadrà di sopra. Il mio piacere è il tuo piacere. Anche se non puoi parteciparvi direttamente, il tuo corpo sarà comunque coinvolto, la tua mente sarà torturata dal mio godimento.

Gli tolsi l'orologio dal polso, il suo ultimo legame con la realtà del tempo.

Non devi più pensare al tempo, mio schiavo. Non devi sapere quanto a lungo io starò con Alessandro, quanto profondamente mi prenderà, quante volte mi farà venire. Il tempo non ti appartiene più. Solo io decido il tuo tempo, la tua attesa, la tua agonia.

Matteo mi guardò, gli occhi pieni di orrore e accettazione, un'ombra di lacrime che gli velava lo sguardo. Si rese conto che la situazione era senza ritorno. Non c'era più via di fuga. Era completamente mio, corpo e anima, destinato a servire la mia volontà.
Giada ed Alessandro si dedicarono al sesso senza fretta, sul letto matrimoniale, il letto che condividevo anche con Matteo, ora trasformato nel palcoscenico del mio piacere esclusivo. Ridevamo, gemevamo, i nostri corpi nudi che si univano con una foga inarrestabile. Alessandro era magnifico, ogni spinta profonda e sensuale, il suo membro caldo e grosso che mi riempiva completamente, facendomi inarcare la schiena, le mie unghie che si conficcavano delicatamente nella sua pelle. Lo prendevo in ogni posizione immaginabile: a cavalcioni su di lui, mentre mi tirava i fianchi, poi sdraiata sulla schiena, le mie gambe che gli si avvinghiavano attorno al busto, e ancora a quattro zampe, sentendo il suo corpo che mi seguiva con ritmo instancabile. I miei orgasmi erano esplosioni potenti e ripetute che risuonavano nella casa, e sapevo che ogni mio grido di piacere, ogni gemito, ogni risata, era un tormento squisito per Matteo, legato in cantina, costretto ad immaginare ogni eco, ogni vibrazione, la sua immaginazione che gli dipingeva scene sempre più vivide e dolorose. Erano ore, ore di piacere sfrenato, il nostro amore fisico che si consumava liberamente, senza freni, senza rimorsi, mentre Matteo si torturava con le mie grida di piacere.
Alla fine, quando Alessandro se ne fu andato, soddisfatto e sorridente, il suo corpo ancora rilassato dalla foga appena vissuta, scesi in cantina. Matteo era lì, legato, il suo corpo teso e contratto, gli occhi gonfi ma lucidi, il plug anale ancora al suo posto, una macchia scura e lucida tra le sue natiche. Il suo sguardo mi seguì mentre mi avvicinavo, pieno di una mescolanza di spossatezza, disperazione e una perversa, profonda attesa. Lo slegai lentamente, le mie dita che gli sfioravano la pelle irritata dalle corde, godendo del suo sussulto ad ogni tocco. Lo presi per mano e lo condussi su, in casa, nella nostra camera da letto, sul letto dove poco prima avevo giaciuto con Alessandro.
Mi sdraiai nuda, il mio corpo ancora caldo e umido, la mia vulva ancora gonfia e sensibile, i miei capelli sparsi sul cuscino come un'aura di trionfo.

Vieni qui, mio schiavo,

sussurrai, aprendo le mie gambe con un gesto invitante e imperioso, esponendo il mio sesso turgido.

Vieni a pulire la tua Regina. Voglio che tu senta ogni goccia del mio piacere.

Matteo obbedì senza esitazione. Ancora ingabbiato, e con il plug anale che gli sporgeva dal sedere, si chinò tra le mie gambe. La sua lingua calda e umida si posò sulla mia vulva, assaporando il mio sapore, ancora intriso del seme di Alessandro. Gemetti, mentre lui leccava con devozione, pulendo ogni traccia, ogni residuo del piacere che avevo appena provato. Il suo naso si strusciava contro il mio clitoride, la sua lingua lo accarezzava, gli permisi solo di pulire, di servire, di assaporare il mio piacere e la sua umiliazione.
Finalmente, per suggellare il mio trionfo e la sua completa sottomissione, gli tolsi la gabbia. Il suo pene balzò fuori, rosso e dolorante, e lo presi in mano, sentendo il suo sangue pulsare sotto le mie dita.

Ora,

dissi, la mia voce imperiosa, scandendo ogni parola come una sentenza,

ora puoi venire, mio schiavo. Ma vieni per me. Solo per la tua Regina. Vieni mentre ti ricordo ogni istante di questa sera. Il mio gemito, il sapore di Alessandro nella mia bocca, la sua foga, il suo membro che mi riempiva. E tu, mio schiavo, eri lì, legato, impotente, a sognare il mio piacere. Eri lì, ad immaginare ogni mio grido, ogni mio orgasmo. E il tuo pene ingabbiato pulsava, mentre io mi inarcavo sotto un altro uomo.

Gli masturbai il pene con foga, i miei occhi fissi nei suoi, vedendo la sua resistenza crollare, la sua mente arrendersi completamente. Matteo gemette, un suono profondo di resa, e venne nella mia mano, un getto potente, liberatorio, che lo lasciò svuotato e tremante, il corpo scosso da spasmi. Era la sua definitiva capitolazione, il suo piacere fuso con la sua totale e completa sottomissione alla mia volontà.
Si aprì una nuova fase nella nostra vita. Io, Giada, avevo l'amante che desideravo, un uomo che mi riempiva non solo il corpo ma anche il cuore in modi inaspettati, un

anello mancante

che mi completava. E Matteo, il mio schiavo, era totalmente e irrimediabilmente sottomesso, il suo amore per me ora intriso di una perversa devozione che accettava ogni mia scelta, ogni mio desiderio, ogni umiliazione. Il suo destino era il mio piacere. E il nostro viaggio nel

richiamo della foresta

era appena cominciato, senza limiti, senza confini, con Alessandro al mio fianco e Matteo ai miei piedi, entrambi parte del mio regno.

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