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Educazione di un giovane cuck: università


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Educazione di un giovane cuck: università

by Stichus2
Gesehen: 1309 Mal Kommentare 6 Date: 07-08-2024 Sprache: Language

La seconda tappa della mia educazione cuck si colloca ai tempi dell’università. A 20 anni avevo alle spalle alcune brevi storie, estive e non; anche il primo anno presso la Facoltà di Lettere aveva portato a discreti risultati: una moretta che giocava a fare l’alternativa pur essendo l’unica figlia di un noto magnate del caffè, una ragazza dai capelli rossi di qualche anno più grande di me che si diceva iniziasse le matricole e una biondina che in realtà frequentava l’ultimo anno delle superiori ma veniva a studiare in Biblioteca da noi.
Avendo una discreta vita sessuale il numero delle seghe era notevolmente diminuito, e di conseguenza anche i pensieri cuck.
Le cose cambiarono all’inizio del secondo anno, quando conobbi Valeria. Avevo sbagliato orario e l’aula era vuota ad eccezione di questa ragazza dai lunghi capelli neri e il volto lentigginoso. L’avevo notata qualche volta in passato, sempre con la testa china sui libri.
Non era brutta, ma semplicemente non ero quel tipo di ragazzo che ti approccia e piano piano ti conquista. Ero semmai quel tipo di ragazzo che viene abbordato davanti a un locale o che fa lo splendido con una battuta al bancone del bar.
Con gli anni non ho mai capito se lei fosse lì per un misunderstanding (spiegazione ufficiale fornitami in seguito) o perché volesse studiare in pace. Fatto sta che mi sedetti accanto a lei e trovai il coraggio per chiederle di uscire.
Nel giro di una settimana eravamo fidanzati e nel giro di dieci giorni avevamo fatto sesso. Devo ammettere che rispetto ad altre ragazze con cui ero stato, Valeria era qualche gradino sotto. Il suo repertorio delle posizioni si limitava a due (pecorina e missionario) e anche nei preliminari era molto sbrigativa. Non che io fossi uno stallone, eh. Ma nella coppia ero quello che prendeva l’iniziativa, forse per la prima volta.
Mi attirava quel suo modo di fare virginale, timido. Arrossiva se usavo il turpiloquio a letto, mi rimproverava se le davo della troietta, si rivestiva le chiedevo cose che non aveva mai fatto e che secondo lei erano da prostituta (tipo il rimming).
Eppure non ero stato il suo primo ragazzo, sul numero esatto in realtà vigeva una certa omertà. Lei sviava l’argomento, mi diceva che non doveva interessarmi, che solo i maschi contano i partner. Da parte mia non forzavo la cosa, temevo infatti che si vergognasse delle poche relazioni avute. Non che io eccellessi, ma potevo vantare un numero che stava su due mani.
Una sera che lei era lezione di musica mi presentai da lei in anticipo. Mi aprì la sua coinquilina; declinai l’invito a cenare con lei e mi fiondai in camera di Valeria.
Erano pochi giorni al mio compleanno e cercavo indizi sul suo regalo (mi aveva promesso qualcosa che nessuna mi aveva mai regalato). Mentre rovistavo fra i suoi cassetti mi colpì un quaderno rosso. C’era un lucchetto, ma sapevo la password. Usava sempre la data di nascita di sua madre: per il pc, per la tessera fotocopie, per la mail.
Sapevo che teneva un diario, ma non sapevo che lo teneva da diversi anni. Sfogliai velocemente pagine di problemi adolescenziali e di paranoie. Arrivai anche alla parte in cui raccontava del mio innamoramento per me. Era tutto molto noioso, salvo che nelle pagine finali, quelle della rubrica, c’era una lista di nomi, divisa in Primo anno e Secondo anno.
Nella colonna primo anno c’erano 7 nomi di ragazzi che frequentavano i nostri anni, nella seconda c’erano due nomi prima del mio.
Fin qui tutto bene, salvo che accanto al nome c’erano delle specifiche che mi fu facile capire a cosa si riferissero. Se accanto al mio nome c’era MEDIO, come accanto a quello di altri; mi colpirono i due ENORME e un GIGANTE, NON ENTRAVA.
Richiusi tutto e alla rabbia seguì una violenta eccitazione che mi portò a svuotarmi lì nella sua stanza.
Valeria entrò che stavo ancora cercando delle salviette, il cazzo penzoloni e gocciolante. Mi limitai a un “Ti posso spiegare”.
Le confessai tutto, e la sua rabbia divenne piano piano imbarazzo. poi di nuovo rabbia.
Le dissi per tranquillizzarla, che non ero arrabbiato e che anzi mi ero masturbato al pensiero di lei con GIGANTE, NON ENTRAVA.
Lei rimase interdetta, mi chiese di andare. Non capiva che perversione fosse la mia.
Il silenzio durava ormai da una settimana…

FINE PRIMA PARTE
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