STORY TITLE: Il Gioco 
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STORY

Il Gioco

by Bubi_xham
Viewed: 13 times Comments 0 Date: 03-08-2025 Language: Language

Luca non era geloso. Era peggio.
Era eccitato.
Dall’idea, dal sospetto, dalla possibilità che sua moglie si comportasse come quello che in fondo era: una puttana meravigliosa e viziosa, e che il mondo potesse accorgersene. Anzi, che la potessero usare. Fisicamente. Con cattiveria.
Giadina era una piccola mamma col corpo da pornostar.
Bassa, curva, fianchi larghi, tette piene e dritte, capezzoli scuri e sempre tesi, culo da cavalcata selvaggia, da mani sporche. E quel dettaglio che lo ammazzava ogni giorno: la bocca fatta per succhiare cazzi, larga, molle, umida. E la usava. Con lui. Con una fame vera.
Ma lui voleva che la usasse anche con altri.
Voleva che quella bocca la riempisse qualcun altro, che quei fianchi li schiaffeggiasse un estraneo, che lei si lasciasse aprire le cosce senza pietà, senza amore, solo per farsi inculare come piaceva a lei: a quattro zampe, sottomessa e sorridente.
Così parlò con Stefano .
“Prova a fottertela,” disse. “Se ci riesci, registrami l’audio. Niente video. Niente prove vere. Solo… fammi sentire.”
Stefano rise. “Solo audio. Nessuna certezza. Ti farà impazzire.”
“È quello che voglio.”

Passarono giorni.
Poi una notte, ricevette il primo file.
Otto minuti.
All’inizio solo respiri. Poi il rumore lento e bagnato di un cazzo che entra. Poi una voce. Femminile. Bassa, roca, bagnata fino al midollo.
“Dio… sei enorme…”
Luca si bloccò. Il cuore esplose.
Era lei?
Quella voce… quel tono… era Giadina. O qualcosa di simile.
Poi un gemito gutturale. Uno di quelli che lei faceva solo quando la prendeva da dietro, con due dita dentro e il cazzo fino in fondo.
Il suono della pelle che schiaffeggia carne. Un respiro spezzato.
“Mi spacchi la fica… continua… sì…”
Il letto che sbatte. Un urlo.
Luca si venne senza neanche toccarsi.
A mani nude, tremando, mentre la voce sussurrava:
“Lo sapevi che sono una troia, vero?”

“Era lei?” chiese a Stefano , il giorno dopo.
“Chi lo sa,” disse lui. “Tu la conosci meglio di me.”
Bastardo.
Ma il tarlo era dentro.

Il secondo audio era una bomba.
Sedici minuti.
La donna gemeva come un animale in calore. Si sentiva chiaramente il suono del cazzo che entrava ed usciva da una fica allagata. Slap, slap, slap, senza tregua.
Poi:
“Fottimi come una zoccola. Non fermarti…”
Il tono era diabolico.
E al minuto 10, la sua voce si rompe in un urlo lungo e violento, mentre dice:
“Scopami il culo! Dio! Sì! Così!”
Luca immaginava Giadina a quattro zampe, con la faccia schiacciata sul materasso, il trucco sbavato, il culo aperto da Stefano .
Quel buco stretto, piccolo, dove lei non si faceva toccare quasi mai, usato senza pietà.
Magari con uno schiaffo dietro, o con un dito in gola.
Gli tremavano le gambe mentre si masturbava con la furia di un dannato.

Poi arrivò il terzo audio.
Il peggiore.
Il più bello.
Il più devastante.
Diciotto minuti.
Lei lo cavalca. Si sente tutto: le cosce che sbattono, le mani che stringono, i respiri strozzati.
La donna urla, grida, ride.
Ride.
La risata di Giadina.
Cristo, era quella. Luca l’avrebbe riconosciuta ovunque.
E poi…
“Ti piace la mia figa Stefano ? È stretta, eh? Anche se ci sei già entrato stamattina…”
Luca si piega. Urla. Si strappa quasi i capelli.
La voce era la sua. Doveva esserlo. Ma… e se non fosse?
Poi la frase che lo finisce:
“Mi farai sborrare davanti a mio marito?”
Fine.
Lui si sborra come un cane.
Stefano , muto. Nessuna conferma.
Giadina lo guarda, la sera, con un sorriso. Si infila in bagno, si spoglia, e si masturba sotto la doccia. Lui la spia. Si tocca mentre la guarda.
Lei gode da sola.
Per chi?

L’ultimo audio arriva tre giorni dopo.
Tre minuti.
Nessun gemito. Nessun ritmo. Solo una voce. Bassa. Distrutta. Piena. Satura di cazzo e veleno.
“Lo sai Luca… forse l’ho fatto.
Forse ho aperto le gambe per Stefano .
Forse mi sono fatta riempire la bocca.
Magari mi ha chiavato sul tavolo della cucina mentre tu eri in riunione.
O magari non è successo un cazzo.
Magari ho solo finto.
Ma tu… tu non saprai mai la verità.
E io godo a vederti così. A farti vivere con il cazzo duro e la mente in pezzi.
Perché sei un marito da troia. E io, beh… sono la tua troia.
O forse no.”
Un respiro.
Poi:
“Luca… non lo saprai mai.”

Lui riascolta l’audio cento volte.
Si masturba fino a farsi male.
Immagina Giadina presa da ogni parte, con la faccia piena di sborra, il culo rosso di schiaffi, la voce spezzata a forza di urlare.
Magari a godere mentre Stefano le piscia in bocca.
Magari a farsi legare e farsi fottere come un oggetto.
Magari a godere per davvero.
O forse è tutto finto. Tutto nella sua testa.
Non importa.
Perché Luca è perso.
Il dubbio è la sua droga.
La troia è sua.
O forse no.
Ed è proprio questo il punto.

Luca pensava di aver toccato il fondo.
E invece aveva solo grattato la superficie.
Da quando erano iniziati gli audio, la sua vita sessuale si era trasformata in un incubo dolcissimo. Non dormiva più. Non viveva più. Ascoltava. Immaginava. Si faceva del male. E godeva.
Giadina era diventata qualcosa che non capiva più: sempre più bella, sempre più sfacciata, sempre più troia.
Lo guardava mentre si cambiava. Si chinava con il culo scoperto sotto i vestiti.
Lo provocava con frasi come:
“Se tu sapessi dove ho messo la bocca oggi…”
Poi rideva.
E lo lasciava con il cazzo duro, a vivere nel limbo che lei stessa aveva creato.
Ma la bomba vera arrivò un pomerig Stefano , quando Stefano lo chiamò.
“Vieni a casa tua tra mezz’ora.
Ti lascio un regalo.”

Luca trovò una chiavetta USB sulla scrivania.
Sapeva già cosa conteneva.
Lo sapeva. Eppure, tremava.
Un solo file.
Titolo: “Teatro”
Durata: 24 minuti.
Premette play. E impazzì.
All’inizio solo voci.
Giadina. Stefano .
Lei ride. Lui le sussurra. Lei geme piano. Lui la zittisce.
Poi lei dice:
“Dici che mio marito sta ascoltando, Stefano ?”
“Di sicuro. È il suo porno preferito, no?”
“Che bravo cornuto che è.
Mi lascia scopare e si accontenta di indovinare…”
Risate.
Poi un suono: uno schiaffo. Sulla carne nuda.
Lei geme.
“Dimmelo,” dice Stefano . “Cosa sei?”
“Una troia. La tua troia.”
“Di chi sei?”
“Non sono più sua. Sono tua. O forse no. Chissà.”
Luca si masturba furiosamente.
Le immagini gli esplodono nella mente: Giadina nuda, in ginocchio, il cazzo di Stefano in gola, quegli occhi da cagna felice.
Forse è vero.
Forse è tutto finto.
Ma cazzo, lo distrugge.

A metà audio, Giadina parla direttamente. Come se fosse con lui.
Ma non lo è.
“Amore… lo stai ascoltando, vero?
Ti sto scopando l’anima con la voce.
Ti immagini la mia bocca, eh? Sai come la apro bene…
O forse no.
Forse oggi ho solo fatto ginnastica.
O magari ho fatto pompini a due uomini.
Non saprai mai cosa c’è tra le mie gambe.
Sai solo che non è più solo tuo.”
Poi un urlo. Secco.
Lei gode.
Forse.
O finge.
Ma il suono è reale. Troppo reale.

Nei giorni successivi, Giadina non ne parla.
Non dice niente. Ma il modo in cui si muove è cambiato.
Cammina nuda in casa con disinvoltura.
A volte si avvicina a Luca e sussurra:
“Lo senti ancora l’odore?”
“Quale odore?”
“Del cazzo che forse mi sono presa.”
Luca si viene addosso solo a sentirla.

Poi arriva il secondo file.
Stefano glielo manda con un messaggio:
“Stavolta è in diretta. Ma potresti sbagliarti.”
Il file parte.
Si sentono respiri.
Un letto.
Una voce: “Te lo prendi tutto adesso, zoccola.”
Poi lei:
“Mettimelo fino in fondo, sì… sì… fammi sborrare con le gambe aperte come piace a te…”
È Giadina?
La voce è simile. Il ritmo è quello.
Il gemito al minuto 7:24 è IDENTICO al suo.
Ma nessuno lo conferma.
Luca si siede sul pavimento. Le mutande abbassate. Il cuore a mille.
Sta per venire. Ma aspetta. Vuole sentire tutto.
Al minuto 14 sente qualcosa che lo uccide:
“Forse tuo marito è dietro la porta.
Forse ci ascolta davvero.
Forse mi sto facendo riempire davanti a lui.”

Dopo quell’audio, Giadina lo guarda sempre dritto negli occhi quando si infila i vestiti.
Una volta si mette un paio di mutandine bianche davanti a lui. Le tira su. Poi gliele abbassa piano.
“Vedi queste?”
“Sì.”
“Le ho cambiate tre volte oggi. Sai perché?”
“Perché?”
“Sai perché.”
E se ne va.
Senza dire altro.

L’ultimo audio non è nemmeno un file.
È una chiamata.
Stefano lo chiama. Luca risponde.
E sente solo una voce: Giadina che gode. Forte. Troppo forte.
Poi un fruscio. Poi la sua risata. Poi la voce spezzata:
“Sei lì, amore?
Ti piace sentirlo?
Sai dove sono adesso?
Sono dove non potrai mai entrare.”
Luca scoppia.
Si sborra urlando.
Si lascia cadere sul letto.
Ride. Piange. Gode.
E capisce una cosa.
Non vuole sapere la verità.
La verità è troppo poco.
Il dubbio, invece, lo tiene vivo.

Giadina, intanto, è nella stanza accanto.
Forse nuda.
Forse vestita.
Forse sudata.
Forse scopata.
Forse no.
Ma quella voce…
quella voce lo scava.
Lo apre.
E lo tiene in ginocchio.
Perché è la voce della troia che non sarà mai solo sua.
O forse lo è.
E non cambierebbe nulla.
Luca ormai viveva a cazzo duro.
Non nel senso fisico — anche se quello non gli mancava mai — ma in stato permanente di allerta sessuale, tensione mentale, autodistruzione erotica.
Era diventato un animale del sospetto. Ogni suono, ogni frase di Giadina, ogni risata sembrava avere un doppio fondo.
Non sapeva più se Giadina fosse davvero la troia che sentiva negli audio, o solo una donna perfetta nel fingere.
Ma non importava più.
Il dubbio era meglio della verità.
Più umiliante. Più puro. Più suo.

Poi Stefano scrisse:
“Stasera ascolta. Ti presento il mio amico.”
Un nuovo file.
Titolo:

Tre Bocche, Nessuna Certezza


Durata: 33 minuti.
Luca mise le cuffie. Al buio. Col cazzo già duro.
All’inizio, solo voci.
Maschili. Due.
Stefano e un altro, sconosciuto.
“Questa è quella famosa?”
“Sì,” risponde Stefano . “La moglie del nostro amico.”
Poi, la voce femminile.
Lei. O quella che potrebbe essere lei.
“Siete due? Mmm… mi piacciono le sorprese.”
Risate.
Poi urla. Poi ansimi.
Poi il suono della doppia penetrazione. O almeno, così sembra: due ritmi, due respiri maschili, una donna che grida come in estasi animale.
“Cazzo, mi spaccate…”
“Sopporti, zoccola.”
“Sì… sì… fatemi male…”
Al minuto 14, si sente:
“Tuo marito ci sta ascoltando, vero?”
“Sì,” sussurra lei. “Luca… mi sentiii?”
Poi lo schiaffo. Uno forte.
Poi la frase che gli strappa il cervello:
“Sto prendendo due cazzi. Forse.
E tu non saprai mai dove sono.
Magari in casa tua.
Magari nella tua testa.”

Luca si piega in due.
Ha il cazzo in fiamme. Le vene sul collo tese. Il cuore come un tamburo.
Si immagina tutto:
Giadina tenuta per i capelli da Stefano , l’altro che la prende da dietro. Lei che urla, con le cosce spalancate e lo sperma che cola ovunque.
Oppure nulla di tutto ciò.
Forse è una puttana pagata da Stefano .
Forse è tutto un copione.
Ma poi sente:
il braccialetto. Quel tintinnio.
Quel cazzo di braccialetto.
E sa.
O crede di sapere.
E si sborra addosso senza neanche toccarsi.

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